Favoriti e sorprese: nel girone del Brasile è inserita anche la nazionale rossocrociata. Che non sfigura affatto. Anzi: costringe i padroni di casa al pareggio (2-2) a Sao Paulo nella fase eliminatoria. Fra i convocati ci sono anche quattro giocatori che militano in squadre ticinesi: Lusenti e Soldini (Bellinzona), Neury (Locarno) e Corrodi (Lugano). La sconfitta contro la Jugoslavia (3-0) e la vittoria sul Messico (2-1) ci condannano mentre i brasiliani vanno avanti. Accedono al gironcino finale con Svezia, Uruguay e Spagna. Inutile dire che sono i grandi favoriti. Ademir, Zizinho, Jair e Juvenal sono autentici fuoriclasse, lo stesso Barbosa, portiere del Vasco da Gama, è considerato uno dei più forti di tutto il continente sudamericano.
Maracanazo: a Rio e in Brasile tutto è pronto per celebrare il primo titolo mondiale. Ne sono convinti e sicuri anche i dirigenti federali locali che fanno stampare le magliette con la scritta Campioni. Un giornale di Rio esce addirittura con una edizione speciale il giorno della finale con la scritta: Abbiamo già vinto. Gli uruguagi non sono naturalmente d’accordo e con una prova tutta grinta, muscoli e sagacia tattica ribaltano i pronostici. La partita viene decisa da Alcides Ghiggia, come Roque Maspoli nipote di emgranti ticinesi, che sorprende Barbosa a dieci minuti dalla fine. Quest’ ultimo si aspetta un cross invece di una conclusione a rete. Da quel momento Moacir viene considerato il principale responsabile di quella tremenda disfatta denominata Maracanazo. In Brasile è una tragedia: diverse persone si suicidano, altre finiscono in depressione, altre ancora scatenano la loro frustrazione con atti vandalici.
Carcere: “In Brasile la pena massima per un malfattore è di 30 anni. Ma io sto pagandone più di quaranta per un crimine mai commesso”: sono parole pronunciate anni dopo dal portiere brasiliano, che viene emarginato dalla società e persino dal calcio che conta. Cade pure in depressione e soltanto grazie alle cure e all’amore della sua famiglia e in particolare della figlia Tereza esce piano piano dal terribile incubo. Morirà di infarto nel 2000 senza aver visto la peggior vergogna del calcio brasiliano: il Mineirazo. È l’ 8 luglio del 2014, 64 anni dopo il primo mondiale disputato in Brasile. Siamo alle semifinali: tutta la nazione sogna il sesto titolo iridato, anche per cancellare l’onta del 1950.
Vergogna: il Brasile di Felipao Scolari, colui che aveva dichiarato di provare ammirazione per il sanguinario dittatore cileno Pinochet, viene seppellito sotto una valanga di reti dalla Germania (7-1). La squadra di Löw, che diventerà campione del mondo proprio in quell’ anno, ad un certo punto decide di mollare la presa per non umiliare troppo i gialloverdi. È il Mineirazo, che di colpo cancella il Maracanazo e restituisce finalmente dignità e onore a quei giocatori che nel 1950 erano stati sconfitti dagli uruguaiani. Anche Moacir Barbosa.
Innocente: il giorno dopo la grande vergogna, Tereza Moacir consegna alla stampa queste parole:“Sono brasiliana e desideravo che il Brasile vincesse, ma adesso vedo le cose sotto un altro aspetto: da ieri notte molta gente sta dicendo che mio padre Moacir era innocente. E’ stata ‘lavata’ la sua anima, perché lui una vergogna del genere non l’ha mai vissuta. Nel 1950 il Brasile aveva vinto con tutti, poi perse con l’Uruguay quando sarebbe bastato un pareggio. Ma non fu certo una vergogna e un’umiliazione come quella di Belo Horizone”. E concluse così: “Adesso non prendetevela con Julio Cesar”.
JACK PRAN