Ticino, 15 marzo 2022

Breganzona, "Io, picchiata ed umiliata: chiedo si faccia giustizia"

*Articolo dal Mattino della Domenica

Un parco in zona Via Vergiò a Breganzona. Tante casette attorno, tanta gente che, di giorno e alla sera, si ritrova per parlare e discutere con i famigliari, gli amici o semplici conoscenti. Aggregazione: avete mai sentito questa parola? Se ne abusa, spesso e volentieri. Perchè di aggregazione e amicizia, in quel parco di Via Vergiò a Breganzona proprio non se ne vede. Anzi. La storia che vi raccontiamo oggi, incredibile e allucinante come diciamo nel titolo, è una storia di violenza, umiliazione e di scarsa, per non dire nulla, umanità. E sul banco degli imputati ci finiscono madri indegne di tal nome, energumeni da quattro soldi, una polizia insensibile e indifferente; una giustizia che non fa il suo mestiere. La vittima è una donna di 75 anni. Una vita difficile: un marito che è stato spesso lontano, senza figli e con i parenti lontani, nel Sud Italia. Tanta solitudine, tanta tristezza, soprattutto ora che è diventata vedova. È lei la protagonista del racconto settimanale che il Mattino della Domenica vi propone ormai da mesi e che mette ancora una volta a nudo le carenze di un Cantone che dovrebbe essere un modello di convivenza e pace, ma che ultimamente sembra non garantire più la sicurezza e la pace ai suoi cittadini. Quante volte abbiamo pubblicato su queste colonne le denunce di persone vittime della violenza e mai risarcite (almeno moralmente) dalla giustizia? “Quel verde prato di Breganzona dovrebbe essere una specie di paradiso per gli abitanti del posto. Ma negli ultimi anni per me si è trasformato in un inferno. Non ho più pace, non riesco a dormire di notte. E il tutto perché sono stata vittima di un atto di una violenza inaudita e perché il seguito è stato ancora peggio” ci dice Angie.
 

Ma cosa è successo a questa signora di origini calabro-brasiliane? “Qualche tempo fa mi sono recata al parco, che si trova vicino a casa mia, per portare a passeggio il cane. Nella zona gira gente poco raccomandabile: se qualche anno fa si poteva vivere in pace, ora la situazione è radicalmente cambiata. Ci sono schiamazzi e rumori a ogni ora del giorno e della notte, gira gente strana e si formano dei piccoli clan diciamo così “etnici”. In questo contesto non è facile stare ed ho provato a reclamare: ho semplicemente chiesto alle persone di stare tranquille e di non fare casino. È stato sufficiente per scatenare i più bassi istinti umani", afferma la nostra interlocutrice.
 

E cioè? “Quel giorno una ragazzina mi si è avvicinata e ha cominciato a prendermi in giro. Ho capito subito che era stata mandata lì da qualcuno per provocarmi. Le mie proteste davano fastidio.

Ad un certo punto lei ha cominciato a gridare: mi sta picchiando, mi sta picchiando... Ho cercato di calmarla. Ho notato che lei mi lanciava delle occhiate ironiche, come se mi stesse prendendo in giro. Poi all'improvviso è arrivato un signore alto quasi due metri ed ha cominciato ad insultarmi.

 

Io gli ho risposto garbatamente di lasciarmi in pace, aggiungendo che quella ragazza si stava inventando tutto. Non è stato sufficiente: ha cominciato a darmi pugni e schiaffi e mi ha colpito alla nuca. Sono finita per terra e ho perso parzialmente conoscenza. Per fortuna una signora che ha presenziato alla scena ha chiamato la polizia e l’ambulanza”.
 

Quindi? “Col passare dei minuti ho ripreso conoscenza. Giusto il tempo di raccontare la vicenda agli agenti. Quest'ultimi, fra il mio stupore generale, hanno cominciato a prendermi in giro, chiedendomi se avessi bevuto. Allora non ci ho più visto e ho cominciato a urlare. Poi sono andata in ospedale e in seguito, quando mi sono ripresa, mi sono recata in polizia a sporgere denuncia. Nel frattempo avevo scoperto che quella ragazzina era stata mandata lì a provocarmi da una mamma che non mi sopportava per via delle mie proteste”.
 

La storia prende però una brutta piega. “Sì, perché l’unica testimone dell’aggressione si è tirata indietro e la polizia ha scritto nel verbale che il mio stato d’animo non mi permetteva di essere lucida e di spiegare bene i fatti. Una brutta mazzata! Oltretutto qualche settimana dopo ho dovuto recarmi in ospedale per un’ operazione alla schiena. La polizia anziché proteggermi e assicurare alla giustizia colui che mi aveva picchiata, mi aveva fatto passare per pazza”.
 

Ma nemmeno la sua denuncia penale ha avuto il seguito desiderato. “ Il procuratore (una donna!) ha infatti archiviato il caso, perché a suo dire non c’erano elementi sufficienti per aprire una procedura. Alla fine, oltre alle botte, sono stata pure presa in giro. Sono delusa ed amareggiata, ma non mollo: questa storia non deve finire così” chiude con toni amareggiati Angie.
 

Finale: che cosa deve fare un cittadino che viene aggredito o perseguitato per avere giustizia? E che cosa aspetta la polizia per garantire sicurezza ai suoi concittadini? Che ci scappi il morto? Ma non solo: la giustizia faccia giustizia, sino in fondo. Altrimenti il bel giardino diventerà una giungla. A proposito: l’aggressore gira libero come se nulla fosse successo.


*Edizione del 13 marzo


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