Il Consiglio di Stato intende rinnovare la prestazione ponte covid cantonale. Questa prestazione è stata operativa dal 1° marzo al 31 dicembre del 2021, con una revisione in corso d’opera entrata in vigore (retroattivamente) in maggio, che ne ha allargato i criteri d’accesso (la prima versione comportava troppe decisioni negative).
La rendita andava richiesta mensilmente al comune di domicilio. L’ammontare massimo era di 2000 Fr al mese per il primo componente dell’economia domestica, e 800 Fr per ogni ulteriore membro.
Nel 2021 i Comuni hanno ricevuto 2221 domande, delle quali 1457 sono state evase con esito positivo (66%). Questa percentuale varia evidentemente da comune a comune. A Lugano, ad esempio, sono state presentate 630 domande. Quelle accolte sono il 53%. Il contributo totale a livello cantonale è stato di quasi 2.3 milioni di Fr.
Le prestazioni erano destinate ai lavoratori indipendenti ed ai salariati che non potevano beneficiare delle indennità previste dalla legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (LADI). L’obiettivo era evitare che troppe persone chiedessero l’assistenza, magari per un breve periodo.
L’assalto non c’è stato
I criteri d’accesso alla rendita ponte erano semplificati e largheggianti rispetto a quelli delle altre prestazioni sociali. Ciò implica una distorsione in un sistema estremamente complesso, col rischio di generare delle iniquità. E significa pure creare un importante lavoro amministrativo ai comuni, chiamati ad evadere le richieste ed anche a far fronte ad eventuali ricorsi contro decisioni negative.
Tutta l’operazione si giustificava con l’urgenza. Le chiusure decretate dal Consiglio federale hanno infatti messo da un giorno all’altro tante persone nell’impossibilità di lavorare, e quindi di guadagnarsi la pagnotta.
Le cifre dimostrano tuttavia che non si è verificato un assalto alla diligenza. Il numero delle richieste è stato tutto sommato contenuto rispetto a quello dei potenziali beneficiari. Anche nei momenti in cui erano in vigore ampie restrizioni all’attività economica, con interi settori in lockdown. Il che è probabilmente merito degli aiuti straordinari decisi dalla Confederazione.
Tempistica non coerente
Come detto, la prestazione ponte covid è giunta a scadenza il 31 dicembre. Il Consiglio di Stato chiede ora al Gran Consiglio di rinnovarla per almeno altri 6 mesi, con effetto retroattivo al 1° gennaio 2022. La durata dovrebbe essere prorogabile, previa valutazione periodica della situazione, fino a dicembre 2023. Questa proposta solleva una serie di interrogativi.
Tanto per cominciare sulla tempistica. Il Gran Consiglio non potrà in ogni caso approvare la prestazione prima della prossima seduta,