*Articolo dal Mattino della Domenica. Di Mauro Botti
Nel 2020 le cliniche pediatriche svizzere hanno curato per maltrattamenti 1’590 bambini, ossia l’ 1.5 % in più dell’anno precedente. I casi registrati rappresentano solo la punta dell’iceberg: molti casi di violenza su minori non finiscono in una clinica pediatrica perché non vengono né scoperti né rilevati. Perché in Svizzera la protezione non funziona? Ne parliamo con Gian Michele Zeolla (nella foto), direttore dell’ASPI (Fondazione della Svizzera italiana per Aiuto Sostegno Protezione Infanzia).
La rete s’intensifica
Tanto si è fatto, molto ancora si vuole fare. Dunque non ci si ferma qui: “Assolutamente no, dobbiamo investire ancora molte più risorse, visto anche i risultati degli studi più recenti dell’OMS e della Società internazionale di prevenzione degli abusi sui bambini. Questi ultimi ci mostrano che possiamo ridurre di molto la percentuale degli abusi. La rappresentante dell’Onu in questo campo ha parlato di violenza zero come obiettivo. Abbiamo tutti gli strumenti per farlo, il problema spesso è che mancano i finanziamenti”. Non a caso “abbiamo terminato la scorsa settimana un volantino che verrà distribuito a oltre 2'500 enti o pediartri per riuscire a capire al meglio le problematiche e avere un riconoscimento precoce di un’eventuale violenza”.
L’educazione è privata, la violenza no
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ratificata dalla Svizzera nel 1997, obbliga gli Stati parti a proteggere per legge i minori da ogni forma di violenza fisica o psicologica. Ciononostante in Svizzera manca una legge chiara che garantisca il diritto a un’educazione non violenta. Come dimostrano i Paesi limitrofi, una legge ha un effetto dissuasivo, soprattutto per gli adulti che considerano necessaria la violenza nell’educazione. È tuttavia utile anche nei casi in cui i genitori ricorrono alla violenza quando si sentono sotto pressione e hanno bisogno di sostegno.
“Le società che rifiutano la violenza come pratica educativa offrono aiuti prima. Le campagne di prevenzione sull’educazione non violenta che prevedono offerte di sostegno destinate ai genitori, come quelle proposte da anni da Protezione dell’infanzia Svizzera, dovrebbero essere uno dei compiti fondamentali della Svizzera ufficiale”, sostiene Zeolla.
Riconoscere in anticipo gli abusi
La statistica rileva solo i bambini sui quali la violenza ha lasciato tracce così profonde da richiedere cure ospedaliere.
“I ricoveri sono però preceduti da un lungo percorso di sofferenza. Un miglior riconoscimento precoce delle minacce al benessere dei minori da parte dei gruppi di professionisti che lavorano con e per i bambini consentirebbe di individuare più vittime e di intervenire più rapidamente”, precisa Zeolla. La formazione e il perfezionamento professionale degli specialisti devono concentrarsi maggiormente sul riconoscimento precoce delle minacce al benessere dei minori e sulla gestione dei casi sospetti. “Inoltre, le istituzioni che lavorano con bambini devono implementare processi definiti in modo chiaro per gestire le (presunte) minacce al benessere dei minori. Protezione dell’infanzia Svizzera ha pubblicato una serie di guide per il riconoscimento precoce da sottoporre agli specialisti”.
La violenza sessuale sui bambini non deve essere un tabù
La maggior parte degli abusi sessuali sui minori
30 anni a favore dei più giovani
Con oltre 101'000 persone formate attraverso le nostre attività di prevenzione della violenza - di cui 76'307 bambini e 25'124 adulti –, 32 collaboratori all’attivo e tre programmi di prevenzione della violenza regolarmente portati nelle scuole della Svizzera italiana, che coinvolgono ogni anno migliaia di bambini, genitori e docenti, ASPI è sicuramente divenuta un punto di riferimento per tutto ciò che concerne la prevenzione primaria, il buon trattamento e i diritti dei bambini.
“Raccontare 30 anni di storia non è semplice, tuttavia ciò che oggi ci rende più soddisfatti della strada fino a qui percorsa, è la solida presa di coscienza da parte di tutta la società dell’esistenza concreta e purtroppo ancora molto diffusa della violenza sui minori, anche in Svizzera. Tre decenni dopo, gran parte delle tematiche sono le stesse di allora, a cui se ne sono aggiunte di nuove (come a esempio il cyberbullismo e più in generale l’abuso attraverso le tecnologie digitali), eppure molti passi sono stati fatti nella giusta direzione, ultimo dei quali – che ci motiva particolarmente – è il SÌ del Consiglio nazionale all’inclusione del diritto all’educazione non violenta nel Codice Civile: un punto fondamentale nell’ottica dell’attuazione di questo importante assunto della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo”, afferma Zeolla Inoltre, ASPI non è sola: si muove in un contesto nazionale e internazionale di lotta alla violenza e segue concretamente le strategie in auge dei più importanti enti mondiali (OMS, ONU, ISPCAN, EndViolenceAgainstChildren, per citarne alcuni). Oltre a ciò, grazie al nostro comitato scientifico formato da personalità di spicco a livello internazionale, cerchiamo costantemente di migliorare il nostro operato poggiandoci su basi scientifiche solide. Ciò che trent’anni fa era una debole voce fuori dal coro, oggi è invece una realtà ben strutturata, sostenuta ed ascoltata. Nell’ultimo anno, la fondazione si è preparata per affrontare al meglio il futuro: da un lato, infatti, vi è stato il passaggio di testimone nella direzione da Myriam Caranzano-Maitre a Gian Michele Zeolla, dall’altro si sono gettate le basi per aggiornare profondamente alcuni progetti in essere e crearne di nuovi. Infine, è stata avviata l’organizzazione del terzo congresso internazionale ASPI, che avrà luogo presso il Palazzo dei Congressi di Lugano, dal 23 al 25 maggio 2022.
*Edizione del 24 ottobre 2021