Ticino, 18 gennaio 2021

I 30 anni della Lega dei Ticinesi

La Lega dei Ticinesi, proprio oggi, taglia il traguardo dei 30 anni di vita. Il 17 gennaio del 1991 viene infatti ufficializzato Movimento con la nomina di Giuliano Bignasca quale Presidente a vita. Pochi mesi dopo, in aprile, il neonato lascia a bocca aperta, di stucco, senza fiato i grandi vecchi ottenendo alle elezioni cantonali il 12,8% dei consensi popolari. I suoi rappresentati possono sedere in Gran Consiglio. Comincia così la lunga cavalcata della Ticinesi. Ma com’è stato possibile tutto questo? Chi può raccontarci, ci siamo chiesti, qualche aneddoto particolare e che aria tirava in quel Ticino di inizi anni ’90? Abbiamo trovato Claudio Mésoniat, giornalista oltre 40 anni, già direttore del Giornale del Popolo. Come solo lui sa fare ci illustra, con la sua penna arguta, come era percepito il fenomeno Lega in quegli anni. Comincia così la sua riflessione, ricordando un amico.

Il progetto

Un’amicizia non finisce mai, può solo crescere. Per ora è, diciamo, ferma, congelata nel ricordo che, quando me lo chiedono, rinnovo volentieri per metterlo un po’ più a fuoco, ma aspetto con grande curiosità di ritrovare questo amico là dove l’amicizia potrà diventare vera del tutto e svolgersi nella continua scoperta, senza fine, della novità dell’altro. Quella con Nano Bignasca era nata (inizio anni 90) da una circostanza terra terra, quando con tre amici pieni di iniziativa ma tutti spiantati si voleva ristrutturare un baretto a Molino Nuovo e si cercava un imprenditore edile col quale si potesse tirare sul prezzo nella certezza che non ci fossero poi sorpassi di spesa.

L’incontro

Ci fu indicato Bignasca, che aveva l’ufficio a pochi passi dal nostro locale e che godeva fama di garantire prezzi “chiavi in mano”. E così fu, litigio dopo litigio, superando tutti gli ostacoli e le “sorprese” edilizie e giungendo in porto senza scostarsi dalla cifra pattuita, che avevamo raccolto a fatica. Imparai due cose di Bignasca: primo, che con lui bisognava saper litigare alzando la voce a livelli di decibel inauditi, e in questo ero ben dotato anch’io; secondo, che l’uomo era generoso, al di là di una prima scorza da imprenditore d’assalto. Ne nacquero poi almeno un paio di cose interessanti.

Università, avevano visto giusto

La prima fu la rimessa in stato di abitabilità di una catapecchia in cui furono ospitati alcuni ragazzi in difficoltà che diedero inizio a una lunga esperienza
di recupero di giovani dalla tossicodipendenza. Chi conosceva bene il Nano strabuzzava gli occhi quando scopriva in che cosa ci stesse aiutando, sia pure senza grande entusiasmo. Fatto sta che l’impresa, fortemente voluta in particolare da Didi Enderlin, giunse in porto grazie ai restauri che, questa volta, furono in gran parte regalati da Bignasca. La seconda fu l’università. Appena aperto il “Mattino”, Bignasca incominciò subito a tuonare che, fallito il progetto CUSI, una vera “università di base” s’aveva da fare in Ticino. A quel nostro gruppetto di amici sembrava un sogno da mitomani, ma quando a noi si unì Giorgio Salvadè, sbarcato frattanto in politica come municipale a Lugano, le cose cambiarono. Lui prese sul serio l’idea fissa di Bignasca, perché quanto a generosità, coraggio e folle chiaroveggenza poteva gareggiare con lui.

Sulle barricate della propria dignità

Chi farà la storia di questa “impresa del secolo” di un Ticino inopinatamente balzato sulle barricate della propria dignità culturale di “Terza Svizzera”, non potrà non riconoscere che a questi due “strani” politici dobbiamo di essere diventati un bel giorno del 1995 Cantone universitario. Sarebbe sorta, bensì, l’Accademia di Botta, ma il progetto delle due facoltà luganesi, subito fatto proprio da Giorgio Giudici e poi accorpato da Giuseppe Buffi alla facoltà di architettura, non avrebbe mai visto la luce.

Lega e Mattino, legati a doppio filo

Ma nel frattempo era nata la Lega, e della Lega bisognerà pur dire qualcosa. Anche perché se non fosse nata credo proprio che l’utopia universitaria sarebbe rimasta in eterno, come la tela di Penelope, un progetto tessuto di giorno da una fazione e disfatto la notte dalla fazione avversa, come avveniva da un secolo e mezzo. La Lega di Bignasca, nella sua fase nascente e di crescita esponenziale, riuscì, tramite il “Mattino”, a rendere insperabilmente popolare il progetto universitario levandogli l’aura di balocco elitario per “intellettuali” e puntando (era il chiodo di Bignasca) sulla sua potenziale carica di molla economica per tutto il Cantone. Un sondaggio indicò che la popolazione ticinese si era infatti largamente convinta che fosse giunto il momento di tentare il passo, scoraggiando – incredibili dictu – ogni velleità referendaria.

Claudo M
ésionat / MDD

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