Sport, 09 novembre 2020

HCL, parla Sannitz: “Dopo il brutto incidente lavoro duro per rientrare”

Fermo da diverse settimane Raffaele Sannitz parla del presente e... del futuro

LUGANO - Raffaele Sannitz scalpita e lo possiamo capire. Il 6 settembre scorso è stato vittima di un incidente stradale nella galleria San Fedele di Roveredo (Grigioni). Un frontale provocato da una vettura che era andata in contromano. L’incidente poteva avere conseguenze ben più gravi ed invece il bianconero se l’è cavata con una lussazione ad una spalla, mentre la sua compagna ha subìto lieve ferite. Raffaele è stato perciò costretto a “fermarsi” ed ha iniziato un delicato lavoro di riabilitazione che dovrebbe terminare fra un mese circa. Una brutta botta, anche se lui sta lavorando sodo per poter rientrare nei ranghi. Il giocatore momò è uno dei giocatori più rappresentativi del club, tra l’altro è l’ultimo rimasto (con Chiesa) della squadra che ha vinto il titolo svizzero del 2006, dei “fenomeni” Nummelin, Peltonen e Metropolit.

Con Sannitz abbiamo voluto fare il punto della situazione parlando del presente ed anche del suo futuro, visto che il suo contratto scade alla fine di questo campionato. 

Raffaele: partiamo dal suo incidente avvenuto nella galleria di Roveredo.
Stavamo viaggiando verso nord tranquillamente quando, all’improvviso ci siamo trovati sulla nostra corsia una vettura che andava in contromano. Francamente non sapevo cosa fare, tutto è accaduto velocemente. L’uscita dell’airbag ci ha in un certo senso salvato, anche se ho rimediato una brutta lussazione di una spalla. La mia compagna ha rimediato qualche livido ma nient’altro. Ma ci è andata bene: pensando alla dinamica del fatto possiamo ringraziare la dea bendata. 

Raffaele sta lavorando sodo per tornare in pista. A che punto siamo con la riabilitazione? 
Sto seguendo un programma di lavoro molto pesante, anche a livello fisioterapico. Da tre settimane sono comunque tornato sul ghiaccio, anche se la mia preparazione prosegue separatamente ed è seguita dal preparatore atletico. Per ora evito ancora i contatti fisici, quando comincerò a farli, allora potrò vedere finalmente la luce in fondo al tunnel. La spalla sta migliorando e questo mi rende molto fiducioso. 

Le hanno detto quando potrà riprendere la competizione? 
No, per ora si continua a lavorare poi si vedrà con l’equipe medica. È prematuro dirlo. È importante vedere come reagisce la spalla quando è sotto pressione. C’è anche la fascia muscolare che deve ritrovare la sua efficacia. Il campionato, pur essendo solo alle prime battute, è già parecchio “monco”, con partite rinviate e con una classifica, almeno per ora, difficilmente interpretabile. È un torneo davvero difficile da organizzare, anche perché ci sono incontri – come quello che avremmo dovuto giocare martedì contro il Ginevra a Lugano – annullati e rinviati all’ultimo momento. Questo Covid 19 sta davvero condizionando tutto e tutti. Ti prepari per tutta la settimana e poi vedi tutto sfumare, non è certamente una bella sensazione. 

Parliamo di questo Lugano: che ne pensa della squadra? 
A mio avviso è un collettivo competitivo, con delle ottime individualità. Una squadra sicuramente in grado di recitare una parte importante in questo campionato. 

Il Lugano ha delle possibilità di lottare per il titolo? 
Io dico di sì. La squadra appare completa in ogni reparto, ha le linee tutte pericolose, un collettivo che quando esprime il massimo delle sue potenzialità è difficile da battere. Il torneo appare molto equilibrato, anche se difficilmente interpretabile vista la pandemia. Ci sono varie compagini che possono giocarsela alla pari, sono però sicuro che anche il
Lugano abbia le carte in regole per essere protagonista sino alla fine.

Anche quest’anno si sta discutendo sugli stranieri. Arcobello e Carr hanno già fatto faville, Boedker per ora fa fatica.
Non è proprio così! Un giocatore non lo si può giudicare soltanto per i gol ma anche per l’apporto che riesce a dare alla squadra, sia quando essa gioca in inferiorità numerica che quando giostra con un uomo in più. Lui sta lavorando bene e a tutta pista, ha esperienza da vendere e la mette a disposizione ogni volta che scende in pista. 

Nell’ultima stagione sono mancate le reti dei giocatori provenienti dall’estero. E ciò ha contribuito a rendere difficile il campionato del Lugano. 
Da un lato i tifosi possono avere ragione, ma non dimentichiamo che è tutta la squadra bianconera che deve mostrare compattezza ed equilibri offensivi e difensivi.

Alla fine di questa stagione le scade il contratto, per il futuro ne ha già parlato con il club per il rinnovo? 
Per ora no, anche perché quest’anno devo giocare ancora una partita ufficiale, avendo disputato solo cinque amichevoli. Oltretutto devo ancora recuperare dall’infortunio. Non credo sia ancora giunto il momento di parlarne. Per adesso guardo al presente. 

Nel caso in cui non rinnovasse il contratto, ha già pensato ad un piano B? 
No, come detto prima penso soltanto al presente e a fare bene una volta che sarò rientrato nei ranghi. Spero presto.

Una volta attaccati i pattini al chiodo, potrebbe magari entrare nello staff bianconero o magari nel movimento giovanile come hanno fatto altri ex giocatori. 
Potrebbe essere un’idea quella di restare comunque nel mondo dell’hockey.  So esattamente come vanno certe dinamiche, ci penso ma per ora voglio solo giocare… 

Insieme a Chiesa, che però non era titolare, lei è l’ultimo giocatore rimasto in rosa del Lugano che ha vinto il campionato nel 2006. Tanti anni fa… 
Ogni tanto ci penso a quel successo, una stagione eccezionale per un Lugano che era veramente fortissimo. 

Ha ancora dei contatti con i vari Peltonen, Nummelin o Metropolit? 
Solo con Peltonen, almeno sino a quando era allenatore del Losanna e cioè sino alla stagione scorsa. Il coronavirus sta letteralmente mettendo sottosopra il mondo. Sembra quasi un incubo, una situazione che non avremmo mai immaginato di vivere e che ora siamo costretti a combattere con tutte le nostre forze. Possiamo sconfiggerlo soltanto se tutti rispetteranno i protocolli e le regole emanate dalla Confederazione, in primis rispettare le distanze sociali e tenere la mascherina sul volto. 

Giocare a porte chiuse per uno sport come l’hockey che vive sull’entusiasmo dei tifosi, è psicologicamente difficile per i giocatori. 
Non c’è dubbio, perché il calore dei tifosi porta tante emozioni, senza i fans è davvero brutto trovare grandi stimoli.

Un sogno che coltiva?
Ne ho già esauditi alcuni, altri vorrei concretizzarli, ma non mi esprimo oltre, vediamo come si sviluppa la sta gione. 

Infine, una nostra curiosità: qual è stato il giocatore straniero che più l’ha impressionata durante la sua carriera? 
Direi Peltonen, un vero trascinatore, giocatore carismatico e tecnicamente completo. Capace di fare la differenza nei momenti più importanti della partita. Mi ha insegnato tante cose quando ho avuto la fortuna di giocare al suo fianco.

G.M

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