Ticino, 30 settembre 2020

Pompe funebri: con il Covid-19 affari d’oro solo per pochi

*Articolo dal Mattino della Domenica. Di Mauro Giacometti

La denuncia di alcuni imprenditori:«Discriminati durante l’epidemia» - Criticata anche la scelta della cellula di crisi, poi rientrata, di concentrare i defunti a Carasso - E c’è l’annosa questione delle mance in ospedali e case anziani per suggerire ai parenti il nome dell’amico becchino.

Con il Covid-19 anche per il “caro estinto” non è andato tutto per il verso giusto. E non parliamo di problemi legati alla salute pubblica, ai tanti lutti patiti in breve tempo o al divieto di assembramenti e dunque allo stop dei funerali. Ma di concorrenza sleale, lotta senza quartiere tra le pompe funebri per aggiudicarsi le esequie durante l’emergenza. Almeno secondo una testimonianza anonima (il nome è noto alla redazione) che abbiamo raccolto:«Ci sono stati 350 morti in Ticino in pochi mesi, la mia azienda ha eseguito tre forse quattro servizi funerari. E anche altri miei colleghi non sono andati oltre. In compenso ci sono state imprese che hanno fatto man bassa, trenta o quaranta servizi ciascuna. Evidentemente alcuni più di altri hanno trovato una corsia preferenziale quando si moriva di Covid», sottolinea con amarezza il nostro interlocutore.
 

Discriminazione in corsia

Sotto accusa, ma non è una novità legata alla pandemia, c’è soprattutto il personale sanitario o le centraliniste di ospedali e cliniche, piuttosto che le assistenti nelle case anziani o a domicilio che, sostiene sempre il nostro interlocutore, spesso e volentieri“suggeriscono” ai parenti del defunto - in una situazione psicologica particolarmente fragile – una piuttosto che un’altra impresa funebre. « Io in genere mi limito a regalare il panettone a Natale o qualche scatola di cioccolatini alle centraliniste - ci dice l’impresario funebre di cui abbiamo raccolto lo sfogo -. Ma so che altri colleghi investono molto di più nel “marketing” con il personale sanitario, figuriamoci con la confusione che c’è stata durante il periodo Covid». Quella che appare come una discriminazione, una sorta di “guida pilotata” per dare una sepoltura (o una cremazione) al congiunto che ha appena lasciato la vita terrena, è la denuncia di una delle cinquanta imprese di pompe funebri autorizzate ad operare nella Svizzera italiana. Ma non è la sola. Altri suoi colleghi, sempre con la premessa dell’anonimato, si sono sentiti “tagliati fuori” dalla gestione dell’emergenza epidemica e del picco di decessi che ha provocato.
 

«Chi ha le prove le porti»

«Ho sentito anch’io queste voci e lamentele da parte di alcuni colleghi – dice Emiliano Delmenico, co-titolare con il fratello Gianmaria del Centro funerario di Lugano e prossimo presidente di quella che potrebbe diventare l’associazione mantello delle pompe funebri della Svizzera italiana –.Ma nessuno mi ha portato elementi concreti, dunque per quanto mi riguarda si tratta di chiacchiere da bettola. D’altra parte in Ticino è noto che il 90% dei parenti di un defunto sa già a chi rivolgersi e, nel momento del bisogno, interpella l’azienda che conosce e che generalmente opera nella sua regione. E voglio sottolineare che il Covid non ha cambiato questa consuetudine. Piuttosto, all’inizio dell’emergenza, qualche problema l’abbiamo avuto dalla mancanza di direttive e dall’eccessivo rigore dei protocolli di sicurezza. Come consulente esterno

ho fatto parte dello Stato maggiore di condotta che ha gestito l’epidemia ed effettivamente all’inizio sono state emanate delle disposizioni un po’ esagerate per quanto riguarda i decessi. Vedendo quei camion pieni di bare a Bergamo forse ci si è un po’ spaventati… », rileva Delmenico.
 

Concentrazione delle salme
 

Una di queste misure, tra le più contestate da alcuni imprenditori del settore, è stata quella di concentrare i morti da Covid in un'unica struttura, la Casa funeraria di Bellinzona, a Carasso. Con la conseguenza che le altre aziende venivano “messe alla porta” quando venivano interpellate dai parenti dei defunti. «Nessuno è stato escluso e sfido chiunque a dimostrare il contrario. In effetti c’è stata una proposta da parte delle autorità cantonali di concentrare da noi i decessi da Covid e allestire all’interno della nostra struttura uno spazio protetto, con una quarantina di celle frigorifere. S’era appena deciso di convertire la Carità di Locarno in unico ospedale Covid in Ticino e non c’erano protocolli di sicurezza, camere mortuarie e celle frigorifere a sufficienza per gestire quella che si presumeva fosse uno tsunami di decessi. Ma io stesso mi sono opposto a questa soluzione, anche perché sono subentrati ospedali e cliniche in altre regioni che hanno trattato i pazienti Covid e l’idea di un centro funerario unico cantonale è subito sfumata » , spiega Luca Andreetta, titolare insieme a Dante Pesciallo della Casa funeraria di Bellinzona. Il quale a proposito di mance o regalie date al personale di ospedali e case anziani per “suggerire” il nome giusto ai parenti dei defunti è categorico: « Portatemi i nomi, le prove, e sarò io stesso a denunciare chi ha fatto il nostro nome invece di altri colleghi. Non abbiamo mai dato una mancia per ottenere un servizio funebre. Anzi, a chi si rivolge a noi, se non lo conosciamo, domando sempre attraverso quali canali ha avuto la nostra referenza» , sottolinea ancora Andreetta.
 

La lista delle onoranze

« Le strutture sanitarie pubbliche, comprese le case anziani, hanno l’obbligo di fornire ai parenti di un defunto la lista delle pompe funebri autorizzate a livello cantonale entro la quale si può scegliere a chi rivolgersi. Oppure possono telefonare al 117 e richiedere il servizio di assegnazione delle salme alle imprese di picchetto. Ma purtroppo non è sempre così, oppure ci sono liste interne “pilotate”»,afferma un altro impresario del settore, anch’egli rimasto fuori dalla gran parte dei servizi funebri effettuati durante l’emergenza sanitaria. «Francamente sono un po’ stanco di queste insinuazioni - ribatte Delmenico - Nella Svizzera italiana ci sono una cinquantina di imprese che gestiscono circa 2.900/3.000 defunti l’anno. La maggior parte sono a conduzione familiare, con una storia e una tradizione ultradecennale alle spalle. Da noi prevale il rapporto diretto, coltivato negli anni, la conoscenza personale e il passaparola. Non parliamo poi di investimenti: noi abbiamo una struttura professionale, attrezzata: in questo settore così delicato non si improvvisa. Credo che queste critiche – come detto assolutamente infondate - arrivino da colleghi che si sono appena  in questo mercato e che dunque patiscono un po’ la difficoltà ad affermarsi » , conclude il presidente dell'Associazione della Svizzera italiana Impresari Onoranze Funebri.


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