Nella disamina di Graham Allison, professore e politologo di Harvard, quella in cui rischiano di cadere Stati Uniti e Cina si chiama “trappola di Tucidide”. Una sorta di schema inevitabile che insorge quando una “potenza emergente” mette in discussione il monopolio geopolitico, economico e culturale di quella “dominante”. Il finale, che rimane eventuale, ha un termine di riferimento piuttosto preciso: guerra. Il Covid-19, in questo senso, può fungere da acceleratore per un processo che nessuno, fino a prova contraria, vuole perseguire in maniera scientifica.
Graham Allison, nel suo “Destinati alla guerra”, ha spiegato le ragioni per cui l’avanzata della Cina, che è in corso almeno dal 1978, può essere equiparata a quella di Atene, che ha scombussolato l’ordine gerarchico dell’epoca, facendo traballare il primato di Sparta nel contesto della Grecia antica. Ci troviamo più o meno sullo stesso punto della linea degli eventi. Per quanto lo schema sia valido per una quindicina di casi storici in totale. E allora la domanda che sorge spontanea da qualche anno a questa parte è la seguente: Stati Uniti e Cina inciamperanno o no nel meccanismo che condurrebbe il mondo verso una “guerra” di proporzioni e modalità non ancora immaginabili? La risposta non può essere fornita. Sempre Allison, però, ha fatto notare come le guerre tra due super-potenze siano spesso derivate da un evento scatenante prodotto da una terza parte. L’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando è l’esempio più ricorrente.
L’individuazione di un terzo attore – una nazione alleata di una delle due forze in campo all’interno di un consesso bipolare – è fondamentale per comprendere da dove possa venire il pericolo. Le considerazioni del docente della Harvard Kennedy’s School sono cristalline. Di ipotesi ne sono state fatte molte: la Corea del Nord di Kim Jong-un; la Russia di Vladimir Putin; l’Iran degli ayatollah. La pandemia da Covid-19, però, ha contribuito all’esordio di un partecipante che non presenta le caratteristiche di un soggetto istituzionale: il nuovo coronavirus non è uno Stato, ma è di sicuro un protagonista assoluto di questa fase della storia dell’umanità. La stessa in cui sembra tramontare con velocità evidente quello che era stato definito il “nuovo secolo americano”.
Il nuovo coronavirus può recitare il copione destinato al terzo soggetto dello schema di Allison? Nessuno può rispondere con certezza. Risulta possibile, però, analizzare quali siano le condizioni attuali delle due super potenze mondiali. Vale la pena sottolineare, infine, come la “guerra” sia solo uno degli scenari ventilati dalle disamine dei politologi. Esistono almeno altre due potenziali strade da poter imboccare: quella che porterebbe dritta ad una rinnovata versione della “guerra fredda”, ma con la Cina che sostituirebbe l’Urss; quella della sana competizione tecnologica, medico-sanitaria e commerciale.
Gli Stati Uniti, “potenza dominante” in sofferenza
Donald Trump lo chiama “chinese virus”. Il messaggio è chiaro. Quando si tratterà di distribuire le responsabilità per la diffusione dei contagi, la Casa Bianca potrebbe porre l’accento sul fatto che la pandemia, salvo ricostruzioni diverse, sia nata per via del regime alimentare della popolazione cinese. Evoluzione naturale del Covid-19 o meno cambia poco: per ora si sta discutendo sul “come” il virus abbia viaggiato dalla Cina verso il resto del mondo. La Repubblica popolare cinese, a dire il vero, sta avanzando un’altra ipotesi. Ma ora è presto per fare i conti attorno a questi aspetti. Di sicuro Stati Uniti e Cina non vorranno essere additati come i responsabili dell’effetto domino dovuto a questa “guerra” contro un “nemico invisibile”. Nella logica degli opposti, ognuno potrebbe scaricare la “colpa” sull’altro. Un atteggiamento che darebbe seguito all’inasprimento dei rapporti diplomatici. Trattasi per ora di mere congetture. Il pendio intrapreso però può essere scivoloso per ambo le parti.
Se non altro perché gli Stati Uniti, che dal dopoguerra hanno recitato la parte del leone su ogni scacchiera mondiale, stanno soffrendo per via di un cigno nero, una variabile impazzita, che non è dipesa da Washington e che è in grado di porre una serie di questioni davvero complesse. Trump deve gestire la prima pandemia emersa durante la globalizzazione. Il “mondo aperto” ha fatto sì che il Covid-19 potesse impiegare pochissimo tempo per toccare ogni angolo del pianeta. Gli americani, in sintesi, si trovano ad affrontare uno sconvolgimento assoluto che non poteva essere previsto con dovizia di particolari. Il Covid-19, poi, ha esordito pochi mesi prima delle elezioni presidenziali di novembre. Il presidente degli States sta già insistendo sulla necessità dei “confini”. Se fossero esistiti dei limiti alle libertà di circolazione da un continente all’altro – questo è il focus del ragionamento trumpiano – tutto questo avrebbe attecchito in maniera tenue. Ma la “società aperta”, che include la Cina in qualità di “fabbrica del mondo”, può fare da acceleratore naturale per un quadro pandemico. Ora ne abbiamo tutti contezza. Anche gli americani, che per la prima volta dal 1945 percepiscono sul serio il rischio di perdere lo scettro di potenza dominante.
Lo stato dell’economia americana
Mentre scriviamo, gli Stati Uniti risultano essere in testa nella classifica dei contagi e delle persone decedute per via del Covid-19. Stando a quanto dichiarato da Trump, il “picco” è ben lungi dall’essere raggiunto. La prossima è stata annunciata come la settimana della “sofferenza”. Nel frattempo, la recessione globale ha assunto le fattezze di qualcosa in più di un semplice spettro. Il leader repubblicano, nel corso della sua presidenza, aveva quasi raggiunto la piena occupazione. Adesso, per via della pandemia, sono state presentate 6.6 milioni di richieste per ottenere i sussidi di disoccupazione. Parliamo di un vero e proprio record. Per sanare la contrazione della domanda, la Casa Bianca stanzierà miliardi su miliardi.
La cifra iniziale è questa: 2200 miliardi di dollari. Secondo gli analisti progressisti, quei soldi potrebbero non bastare. Sono liquidi che servono a tamponare una serie di fattispecie. Washington ha anche garantito la tutela economico-sanitaria delle persone che si trovano al di fuori del regime delle assicurazioni. Possedendo una Banca centrale, gli Stati Uniti non hanno timore di fare debito. Ma il multilateralismo geopolitico prevede che, alla fine di questa storia, possano essere fatti dei conteggi certosini sulla salute dell’economia interna di ogni “potenza”. Il “bazooka” americano sarà pure in grado di sparare colpi potentissimi e non equiparabili con quelli altrui, ma la Cina, come vedremo, si è già rimessa in cammino. E questa rischia di essere una gara in cui il competitor cinese, quando le bocce si fermeranno, avrà già fatto qualche giro di vantaggio rispetto agli assetti statunitensi, che partiranno giocoforza dopo, ossia a pandemia risolta o quantomeno ridimensionata.
L’isolamento geopolitico degli Stati Uniti
La geopolitica è di sicuro uno dei campi di battaglia mediante cui gli Stati Uniti e