In Ticino attualmente abbiamo un grande patrimonio di costruzioni in disuso, disabitate, abbandonate e che necessitano urgentemente di essere ristrutturate. Per questo motivo si legge spesso sui giornali di appartamenti sfitti e mancati introiti per i proprietari, che, a loro volta, rinunciano ad investire nell'ammodernamento delle proprietà.
Eppure, nonostante questo fenomeno preoccupante, si continua a costruire edifici nuovi, familiari e non, di qualità notevolmente inferiore a quelli del passato (per problematiche di costi, leggi/norme, design), poco eco-sostenibili (nonostante gli accorgimenti di etichette come MinergieSwiss) e poco lungimiranti nel comprendere fisicamente le novità che sono pronte a giungere nella vita di tutti (domotica, automazioni varie, sistemi di ricavo e accumulazione di energie rinnovabili).
Per quanto mi riguarda, trovo sia giunta l’ora anche per il Ticino di cominciare a pensare di prendere spunto da ciò che accade nel mondo e avvicinarsi concretamente alla condivisione nell'abitare, il cosiddetto Co-Housing. È un passo che dobbiamo compiere a favore delle risorse disponibili e delle interazioni umane.
È davvero assurdo l’individualismo che ancora persiste in questo campo. Per fare un esempio, basti pensare che ogni casa ha un suo proprio router (apparecchio utilizzato da computer/TV/telefono/Tablet e altri dispositivi per collegarsi alla rete), nonostante la connessione internet possa ampiamente coprire più piani contemporaneamente. In pratica, ognuno di noi spende cifre importanti per il proprio abbonamento quando basterebbe mettersi d'accordo fra vicini per abbassare notevolmente i costi.
Da tempo conduco personalmente studi e progetti che dimostrano la validità di questo stile di vita, la cui efficienza ed efficacia trova ottimo riscontro soprattutto nel riuso e recupero di edifici da restaurare. Nascono soluzioni che sono apprezzate ormai