*Dal Mattino della Domenica. Di Lorenzo Quadri
Prosegue la saga del nuovo (?) accordo sulla fiscalità dei frontalieri con il Belpaese. Il trattato giace imboscato in un qualche cassetto romano ormai da cinque anni. E’ poi il caso di ricordare che la vicina Repubblica se ne sbatte alla grande degli impegni presi con la Svizzera: vedi la famosa “road map” finita da tempo nella “tola dal rüt”; vedi l’iscrizione della Confederella su liste nere illegali. Per non parlare del fatto che l’Italia nega agli operatori svizzeri l’accesso al proprio mercato finanziario. Ed i licenziamenti annunciati nei giorni scorsi da UBS Ticino sono proprio da imputare a questo comportamento del Belpaese. Il quale, nei nostri confronti, è inadempiente più o meno su tutto. Non si capisce dunque per quale motivo gli svizzerotti dovrebbero rimanere masochisticamente ligi agli impegni presi. Sindrome di Tafazzi?
Non lo vuole nessuno
L’ultima presa per i fondelli ad opera dei vicini a sud risale proprio a questi giorni. Come sappiamo una delegazione ticinese, tra cui il presidente del parlamento cantonale, è stata ricevuta in pompa magna dalla Commissione di politica estera del Senato italico, che l’ha infinocchiata per benino. Gli illustrissimi senatori hanno annunciato un atto parlamentare al governo di Roma sul perché l’accordo fiscale sia ancora nel limbo. Si tratta dell’ennesima, pacchiana messa in scena per continuare a menare il can per l’aia. Il nuovo accordo fiscale Oltreramina non lo vuole nessuno. Ma viene comodo non dire definitivamente di no; far credere che l’approvazione sia sempre possibile, per tenere sulla corda gli svizzerotti (“che tanto sono fessi e non si accorgono di niente”). Così questi ultimi continuano a pagare i ristorni, ormai lievitati a 84 milioni di Fr all’anno. Avanti, facciamoci prendere per i fondelli per l’ennesima volta!
Perizie?
Intanto, udite udite, ecco che si muove anche