Svizzera, 11 dicembre 2019

Si infortuna lavorando in nero, non può essere espulso

Era entrato in Svizzera illegalmente nel giugno 2015. Lui dice per “dare una mano allo zio”, in realtà per lavorare in nero. Fu scoperto perché dopo nemmeno un mese rimase vittima di un grave incidente sul lavoro. Fu in seguito condannato per entrata illegale, soggiorno illegale e attività lucrativa senza autorizzazione. Ma a distanza di oltre quattro anni è ancora qui, in Svizzera. E vi resterà ancora a lungo, se non per sempre, visto che il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha appena annullato la decisione di rimpatrio presa dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM).

Protagonista della vicenda è un cittadino macedone, oggi 24enne, che in Svizzera non ha mai beneficiato di alcun permesso di soggiorno. L’infortunio patito mentre lavorava in nero su un cantiere per conto di suo zio ne ha però reso necessaria l’ospedalizzazione.
L’uomo è rimasto in ospedale per parecchie settimane e ha dovuto subire diversi interventi. Appena uscito, ha chiesto un permesso di soggiorno per ragioni mediche. Sosteneva di aver bisogno di cure che in patria non avrebbe potuto ottenere. Le autorità vodesi si sono espresse a favore della concessione di questo permesso, ma la SEM ha bloccato tutto. L’uomo, che vive grazie alle indennità della SUVA, ha presentato ricorso e alla fine, con sentenza del 26 novembre scorso ma pubblicata martedì, ha ottenuto ragione.

La SEM è quindi stata invitata a rivalutare la situazione dell’uomo anche in base alle sue possibilità di reinserimento in Macedonia. Non da ultimo in virtù del possibile ottenimento di una rendita di invalidità, sulla quale l’Ufficio dell’AI dovrebbe esprimersi a breve.

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