Era la sua undicesima condanna in Svizzera. Lo scorso 30 gennaio un ventottenne eritreo è stato condannato a 90 giorni di detenzione per furto, violazione di domicilio e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti. Prima di allora aveva già trascorso quasi quattro anni dietro alle sbarre. Le autorità vodesi, che già in precedenza l’avevano più volte ammonito, hanno quindi deciso di espellerlo dalla Svizzera.
Ma il Tribunale federale si è messo di traverso. Pur riconoscendo che il giovane eritreo “non è assolutamente integrato in Svizzera e rappresenta un pericolo per l’ordine pubblico”, hanno deciso di accogliere il ricorso presentato per lui dall’avvocato Alain Imhof. Come si legge nella sentenza pubblicata ieri (6B_908/2019), i giudici ritengono che la salute mentale del giovane rende impossibile un suo rimpatrio
in Eritrea. In particolare evidenziano “il suo importante ritardo mentale (QI di 44) e la sua schizofrenia paranoide”.
In effetti il giovane eritreo non ha finito la scuola dell’obbligo, non ha mai lavorato, non è autonomo (vive con sua madre in un appartamento della città di Losanna ed è soggetto a curatela) ed è stato più volte in cura psichiatrica. Secondo i giudici, in queste condizioni “un suo reintegro in Eritrea sarebbe molto difficile se non impossibile”.
Quindi, “viste le circostanze molto particolari”, in questo caso “l’interesse privato del ricorrente a restare in Svizzera prevale sull’interesse pubblico all’espulsione”. Il ricorso è così stato accolto e il canton Vaud dovrà versare 3mila franchi al ricorrente per le spese giudiziarie.