*Articolo dal Mattino della Domenica. Di A.L
Storie maledette di persone che sono finite, metaforicamente parlando, all’inferno e dopo tanta sofferenza e tanta lotta sono riusciti a riemergere e superare i loro problemi. Purtroppo non tutti ce l’hanno fatta, altri hanno pagato carissimo, anche con la vita. Storie maledette di droga e di vizio, storie, ahinoi, che si ripetono con allucinante frequenza.
Anche in Ticino. Negli ultimi anni vicende personali oltre ogni limite sono state raccontate da giornalisti e pure scrittori. Il Mattino della Domenica, da sempre attento ai problemi dei diseredati e dei più poveri, ha raccolto la testimonianza di F.C. (nome conosciuto alla redazione), uscito recentemente dal vortice del gioco e dei debiti che lo avevano portato sull’orlo del precipizio.
“Un giorno decisi di farla finita ma poi un signore mi ha aiutato a capire i miei errori e a scacciare i demoni che avevo dentro. È stato l’inizio di una battaglia contro me stesso e le mie brutte abitudini ”. Con grande tenacia ha perso il vizio del gioco ed è tornato a vivere. A 62 anni ha ricominciato. Ascoltiamolo.
Da dove cominciamo?
Da quando avevo 25 anni. Ero un uomo pieno di sogni e di ambizioni. Lavoravo in banca ed ero un giovane ufficiale dell’esercito. Mi ero appena sposato, malgrado non fossi pienamente maturo, e volevo fare carriera Non ero arrogante né presuntuoso. Semplicemente volevo una vita agiata e agevole. Mi sembrava di toccare il cielo con dito. Una volta, guardando Scarface, il capolavoro di Brian DePalma interpretato da Al Pacino, notai che durante il film apparve una scritta: “Il mondo è nostro…”. Mi emozionai: era quello che volevo, conquistare il mondo… Tutto girava per il verso giusto…
Ero rispettato da tutti, sul lavoro, fra gli amici e i parenti. Con mia moglie, di origine sudamericane, filava tutto a meraviglia. Una volta se non due l’anno andavo nel suo paese a visitare i genitori di lei. Quando arrivavo laggiù, sembrava che fossi Dio in terra. Non finivamo mai di elogiarmi. Anni dopo compresi il perché…
Poi però successe qualcosa…
Una sera andai al Kursaal di Lugano dopo una cena aziendale e un amico-collega mi disse di provare a giocare un cifra bassa alle macchinette. All’inizio non vinsi nulla ma poi verso la fine della serata azzeccai le combinazioni e mi portati a casa trecento franchi. Mi ricordo ancora la cifra e anche l’anno: era il 1984, mese di gennaio..
Crebbe in seguito la brama di soldi
Sì, perché cominciai a fare delle vincite importanti. Ma spesse volte perdevo. Riuscivo tuttavia ad uscire in pareggio. Poi però l’occasionalità si trasformò in abitudine e infine in vizio. Nel
Si spieghi meglio
Perdendo soldi, evidentemente uno prova a recuperarli. Peggio: perdendo soldi, devi coprire i buchi che fai in giro. Chiedevo dei prestiti ad amici e parenti e ben presto mi ritrovai sul lastrico. La mia paga fu pignorata, mia moglie se ne andò indignata (le avevo svuotato il conto bancario) e gli amici, come sempre in questi casi, mi lasciarono. A parte uno. Finii addirittura sul foglio ufficiale perché ero fallito! Una vergogna che non seppi evitare. C’erano giorni che giravo in città a Lugano a cercare qualche persona che conoscevo e che potesse prestarmi 50 o 100 franchi. Più andavo giù e più andavo a giocare…
La cosa prese una brutta piega..
Persi il lavoro e la stima dei colleghi e degli amici, e gli stessi parenti di mia moglie che per anni avevo mantenuto, mi mandarono a quel paese. Alla fine non avevo più nulla e mi toccò chiedere l’assistenza. Mi ricordo che quando mi presentai davanti al responsabile dell’Ufficio sostegno, lui rimase allibito. Ci conoscevamo di vista e non voleva credere ai propri occhi. “Sono proprio io, gli dissi. Sono alla canna del gas…”. Al Kursaal chiesi di non farmi più entrare. Fu l’unica cosa buona che feci in tanti anni.
E a quel punto?
Entrai in depressione, la cosa peggiore che possa capitare. Nessuno mi voleva aiutare, tutti mi avevano girato le spalle. Forse giustamente, non lo so…Un giorno, come ho detto prima, ho pensato di farla finita. Ma dentro di me sapevo che non dovevo mollare e allora chiamai un signore che avevo conosciuto durante questo triste percorso, uno che la sapeva lunga: mi accolse a casa sua e grazie a lui iniziai a rialzare la testa Prima in una casa di cura, poi grazie ai servizi sociali riuscii a sistemarmi. Ci vollerò però cinque anni prima che trovassi un lavoro…
E il vizio del gioco?
Feci molta fatica. Il gioco è come una droga. Non ne puoi più fare a meno. Piano piano me lo tolsi di dosso, non senza qualche grattacapo. Oggi, a 62 anni, posso dire di essermi liberato da quel giogo. Ma ho buttato quasi 30 anni della mia vita. E questo non posso perdonarmelo. Ora sto meglio, ho un mestiere (lavoro in una ditta di trasporti in qualità di segretario), un’amica, e soprattutto ho ripreso a stimarmi. Spero che qualcuno legga questa storia: se l’ho raccontata è perché vorrei che coloro che hanno il vizio del gioco lo scaccino al più presto. È come il Diavolo!
*Edizione del 10 novembre