LUGANO - Presidente Renzetti: partiamo dal mese di luglio scorso, con Abascal sulla panchina del Lugano. Cosa si immaginava per la stagione?
Ero fiducioso. La squadra allestita mi sembrava decisamente di buon livello, superiore a quella dell’anno precedente. Inoltre mi ero affidato a un tecnico giovane e preparato del quale, chi l’aveva conosciuto a Chiasso, mi aveva parlato bene.
L’arrivo di Fabio Celestini ha cambiato tutto. Quanto c’è dell’attuale allenatore in questo mezzo miracolo chiamato Lugano?
Penso ci sia molto. Celestini si è calato immediatamente nella realtà, ha lavorato in grande sintonia con lo staff e ai giocatori ha fatto passare pochi ma chiari messaggi. Inoltre ha costantemente dialogato con loro sfruttando spesso le sue esperienze di giocatore di grande livello. Quando hai calcato i terreni di grandi stadi e vissuto lo spogliatoio, riesci meglio a immedesimarti nelle ansie e nei pensieri dei giocatori sia di chi va regolarmente in campo sia di chi morde il freno in panchina. Fabio nel ruolo di gestore psicologico del gruppo - che è quello che fa ormai la differenza - è stato eccellente.
Raramente lei ha vissuto in perfetta simbiosi con un suo tecnico. Anzi, spesso e volentieri li ha bacchettati anche pubblicamente. Stavolta è stato diverso. Perchè?
Mi ha immediatamente colpito la sua intelligenza emotiva. E’ una persona vera, che sa che il calcio –come la vita peraltro - si fonda sulle emozioni. E che se non funziona la testa le gambe possono fare poco. Ogni volta che ho parlato con lui mi sono riconosciuto in molte posizioni e atteggiamenti. Poi nel calcio ci sta che ognuno farebbe i cambi in un momento diverso o schiererebbe magari un altro giocatore. Ma questi sono dettagli rispetto ai valori di fondo che un uomo e un tecnico debbono avere.
Lei ha sempre sostenuto che questa squadra valeva il terzo posto. Da cosa nasceva questa certezza?
Dalle esperienze accumulate in questi anni. Seguo il calcio da una vita e ho imparato che vi sono alchimie (il famoso gruppo) che possono colmare eventuali gap di carattere tecnico. A Lugano abbiamo cercato di scegliere persone giuste, oltre che calciatori di spessore. Il gruppo è importante ma da solo non vince le partite: deve essere composto da gente con i piedi buoni in grado si sacrificarsi. E da questo punto di vista solo l’Young Boys e forse il Basilea stanno meglio.
Insieme al Thun, il Lugano ha il budget tra i più bassi della SL. I risultati raggiunti sinora ci dicono che a volte con le idee si può far meglio di chi ha mezzi economici importanti.
Anche questo è vero. Ovviamente ci vogliono esperienza e all’inizio sul mercato rischi anche di commettere qualche errore. Col tempo ho imparato a leggere meglio le situazioni e a valutare anche l’uomo oltre al calciatore. Da quando siamo tornati in Super League poi la collaborazione con il direttore sportivo Giovanni Manna è stata ideale. Ci capiamo anche solo con uno sguardo (ma spesso ci sentiamo fino a dieci volte al giorno) e agiamo in perfetta sintonia.
Presidente: la cessione del Lugano a Leonid Novoselskyi è tutt’altro che sicura. La data per la risposta definitiva è stata nuovamente spostata…
Io vado avanti tranquillo. Sia col mercato sia con l’attività di tutti i giorni. È giusto dare a Leonid il tempo necessario. A me cambia poco far slittare la scadenza ma il 25 giugno prossimo è l’ultimo termine. Dopo di che sarà dentro o…fuori. Uno scenario con me al 60 per cento e lui al 40? Non posso dire nulla al proposito. Va da sé che la mia intenzione è quella di vendere la società.