La Coppa del mondo di calcio è il più grande spettacolo al mondo dalla fine dei gladiatori. Tra fuga dalla realtà, denaro e patriottismo, infiamma l'intera popolazione maschile di tutto il pianeta. Inoltre, questo mega-evento, espressione di una raffinatezza morale, segna un gradito progresso della civiltà, poiché dispensa dal massacrare uomini e animali per attirare i tifosi negli stadi.
L'hockey su ghiaccio è duro, ma fair play. Mentre il calcio è morbido, ma manca di fair play. I calciatori commettono falli deliberamente. Cadono, senza alcuna ragione. Simulano, fanno finta di essere stati feriti mortalmente per poi rialzarsi come se niente fosse quando nessuno li vede, o ancora attaccano i tendini di Achille dell'avversario. Qualche settimana fa è stata vista una tipica scena calcistica: il brutale e deliberato fallo del difensore del Real Madrid Sergio Ramos sulla stella egiziana Mohamed Salah in finale di Champions League.
Ramos ovviamente sostiene fosse involontario. Ma a rivedere la scena è chiaro che il fallo fosse intenzionale: mettendo il braccio del suo avversario sul fianco, ha pienamente assunto il rischio di causare una frattura quando entrambi sono caduti. Ferito alla spalla, Salah ha dovuto lasciare il terreno in lacrime. In seguito, il Real ha vinto senza difficoltà.
Per la Svizzera il tema calcistico del momento è la vittoria 1-1 nella prima partita contro il Brasile, cinque volte campione del mondo. È stata una classica partita di apertura di questa Coppa del Mondo: da un lato, il favorito che deve vincere a tutti i costi il torneo, dall'altra parte, un outsider iper-motivato, che segna un punto con una difesa concreta, testardaggine e un pizzico di fortuna.
Gli svizzeri hanno giocato con audacia, uscendo coraggiosamente dal ridotto difensivo, caricando con l'alabarda i loro avversari sudamericani, artisti della palla rotonda. Valon Behrami, "il guerriero", non ha mollato un secondo l'attaccante prodigio Neymar. L'attaccante Steven Zuber si è liberato un pò fallosamente un brasiliano esile prima di segnare un gol fortunato.
Tuttavia, le note false disturbano l'euforia generale degli svizzeri che potrebbero già aver cominciato a sognare segretamente di vincere la Coppa del Mondo. Il motivo è la composizione della squadra Petkovic, una troupe esperta di mercenari stranieri dei balcani, favorevolmente integrata da alcuni africani elvetizzati. Come nel resto della società, non è l'origine che conta, ma solo il colore della maglia e il risultato, ed è tabù chiedersi cosa rimane della Svizzera in questa squadra svizzera.
Ciò di cui è meno vietato parlare è il fatto che Pektovic abbia portato per la sua spedizione in Russia un solo giocatore che giochi in Svizzera, il difensore del Basilea Michael Lang, causando un gran malcontento. Gli altri 23 giocatori della squadra sono tutti, senza eccezioni, sotto contratto in club non svizzeri. La selezione di Petkovic significa, quindi, la rigorosa non applicazione
della preferenza nazionale nel calcio. L'allenatore della nazionale arriva al punto di preferire giocatori che nei loro club stanno regolarmente in panchina, come il centravanti Haris Seferovic (Benfica Lisbona) al capocannoniere di questa stagione Albian Aejeti, in forza al Basilea. Anche l'eccellente difensore dello Young Boys Kevin Mbabu ha dovuto rimanere a casa. Al suo posto, Petkovic ha di nuovo scelto Gelson Fernandes, anche lui "panchinaro" a Eintracht Francoforte. I vincitori dello scudetto svizzero dello Young Boys non hanno un solo giocatore in nazionale. Non uno.
È intelligente? O pazzo? O forse il croato bosniaco Petkovic preferisce la sua consolidata connessione balcanica. Potrebbe non voler correre rischi. Forse ha subito un trauma dalla sua permanenza allo Young Boys dopo aver perso il titolo di campione per pochi punti. Non possiamo biasimarlo se è questo motivo, ma per i club svizzeri la sua politica di scegliere giocatori che (non) giocano all'estero è problematica. Dietro le quinte il malcontento monta. La rabbia è forte contro l'allenatore nazionale con la sua truppa multiculturale di mercenari balcanici, quasi senza svizzeri.
Nessuno vuole rovinare l'atmosfera durante la Coppa del Mondo, di conseguenza nessuno vuole essere citato. Un dirigente sportivo di successo ce lo dice per telefono: i club calcistici svizzeri vivono del fatto che formano giovani giocatori per poi venderli all'estero con il massimo profitto possibile. Le competizioni internazionali, la Champions League e in particolare la nazionale sono necessarie per il corretto funzionamento della creazione di valore di questi giovani. Tagliando il cordone ombelicale con la Svizzera, Petkovic con la sua squadra sconvolge o addirittura distrugge questo sistema decennale.
La sua preferenza per giocatori stranieri causa anche problemi di identificazione e motivazione. "Che cosa dico a un giovane giocatore che vede che non ha possibilità in questa squadra nazionale, finché gioca in Svizzera?" Sembra che già qualche svizzero di seconda generazione ci pensi se non sarebbe meglio per loro giocare subito per la Serbia o la Nigeria, invece di aspettare pazientemente un posto nella squadra di Petkovic. Un altro dirigente sportivo afferma che l'allenatore nazionale, con il suo disprezzo per la Svizzera, fa allontanare troppo presto i giovani giocatori all'estero, dove rischiano di sprecare il loro talento.
Petkovic con la sua politica mercenaria straniera sta sabotando il modello economico del calcio svizzero a cui deve il suo stipendio? Se raggiungerà i quarti di finale della Coppa del Mondo, non ci sarà posto per i brontolii. Ma se dopo il pareggio con il Brasile la squadra perde, non sfuggirà alla tempesta. Un ultimo pensiero: il calcio non è solo denaro, ma riguarda anche il sentimento, l'identificazione, il paese. I fan apprezzerebbero sicuramente non dover semplicemente ammirare le stelle della loro nazionale sulle panchine di club di paesi stranieri, ma più regolarmente sui campi di calcio della Svizzera.
Roger Köppel / Die Weltwoche (articolo tradotto)
Roger Köppel / Die Weltwoche (articolo tradotto)