Per due giorni, martedì e mercoledì, il tribunale distrettuale di Andelfingen, nel canton Zurigo, ha ascoltato le dichiarazioni delle diverse parti coinvolte in un processo riguardante una coppia che ha seviziato i propri domestici per anni. L'imputato principale è un 46enne cittadino svizzero che ha ammesso di aver assunto due donne delle pulizie, sulle quali ha praticato tutta una serie di abusi sessuali sadomaso. Da luglio 2018 fino all’aprile 2019, per almeno quindici ore al giorno, quando non svolgeva le sue attività quotidiane, una prima domestica veniva rinchiusa in una piccola gabbia. Inoltre è stata sottoposta a costante sorveglianza, anche notturna, tramite termocamera. Il suo stipendio mensile era di 800 franchi. Inoltre, l'uomo decideva cosa avrebbe dovuto indossare: biancheria intima bianca per la notte e, durante il giorno, un'uniforme nera da cameriera. Due giorni dopo la sua fuga, l'uomo ha assunto una seconda donna, che ha subito pratiche simili per circa un mese, finché la coppia non fu arrestata.
Il 46enne, però, ha ricordato che la prima vittima, di origine filippina, non era tagliata fuori dal mondo. Aveva un fidanzato, che poteva vedere di tanto in tanto. È stato lui ad organizzare la fuga e la denuncia alla polizia. Interrogata a sua volta, la vittima ha spiegato che, se aveva accettato le sue condizioni di vita per così tanto tempo, era perché credeva che questa rientrasse nella cosiddetta formazione alberghiera e che questo le avrebbe permesso di ottenere il permesso per rimanere in Svizzera.
Anche per la seconda vittima, cittadina brasiliana, l'uomo ha confessato tutto. Per quanto riguarda la giovane donna, ha ammesso di sapere che la reclusione faceva parte del lavoro. Ma la giovane pensava che le pratiche sessuali sarebbero avvenute in una stanza e non in una gabbia. E se non è scappata è perché: "Non conoscevo nessuno in Svizzera e mi vergognavo di tornare dai miei genitori", ha detto durante l'udienza riportata da “20 minuten”.
Per quanto riguarda la moglie, cittadina filippina, il pubblico ministero, che chiede la sospensione condizionale della pena e l'espulsione dalla Svizzera, la ritiene colpevole di complicità in sequestro di persona. Per il pubblico ministero, lei non poteva ignorare che le pratiche di suo marito era illegale quando lei vi ha preso parte. A sua difesa, il marito ha affermato esattamente il contrario. Quando lei gli aveva detto di aver avuto qualche dubbio sulla legalità di quanto faceva il marito, l'uomo l'avrebbe convinta che era tutto a posto. La difesa ha chiesto l'assoluzione. Se, salvo sorprese, il marito riceverà 36 mesi di carcere, di cui 9 da scontare, essendo la pena concordata con il Ministero pubblico in cambio della sua confessione, la moglie dovrà aspettare per conoscere la sua sorte. La sentenza sarà pronunciata giovedì 26 settembre.