Sport, 11 novembre 2022

“Se penso al mio Lugano mi viene ancora il magone”

L'ex giocatore bianconero, Sergio Bastida, ha raccontato il suo passato sulle rive del Ceresio

LUGANO - Una delle scene più toccanti e commoventi della storia moderna del FC Lugano è ritratta in una foto del famoso Sion-Lugano (2-1) della primavera 2001: i bianconeri sono costretti a vincere e sperare nel contempo nel successo del San Gallo sul Grasshopper. Solo così possono vincere il titolo. Siamo all’ultima giornata di un campionato serrato ed equilibratissimo. Ma le cose, ahinoi, vanno male e la squadra dell’indimenticabile Roberto Morinini deve accontentarsi del secondo posto.


Subito dopo il fischio finale i giocatori sono a pezzi e in particolare Sergio Bastida si lascia andare ad un pianto dirompente. Lo consola il team manager Gabriele Serena. I due sono immortalati da un clik di un collega, che coglie l’attimo e consegna agli archivi uno dei momenti più drammatici, sportivamente parlando, della società ticinese. A 21 anni di distanza, Sergio ha cambiato indirizzo professionale: oggi è un apprezzato funzionario della Posta, con il calcio ha chiuso. Vive nel canton Argovia con la sua famiglia e non sogna un immediato ritorno in Argentina. “Il paese è allo sbando” ci ha raccontato nell’intervista che ci ha rilasciato nei giorni scorsi. 


ENZO TROSSERO: “Avevo appena 20 anni quando arrivai a Lugano. Tutto mi sembrava così bello e carino. Avevo lasciato Teplice e la Cechia, dove non mi ero ambientato. Ero perciò diffidente quando mi chiesero di andare in Svizzera; ma accettai soltanto perchè mio padre conosceva bene Enzo Trossero, tecnico bianconero. Altrimenti me ne sarei tornato a casa, in Patagonia e lì mi sarei cercato un’altra squadra. Lugano, però mi conquistò subito…”


NAZIONALE: “Ho il doppio passaporto boliviano-argentino. Mio padre Luis giocò per anni nella capitale La Paz, prima nel The Strongest e poi nel Bolivar. Prese la nazionalità dopo un paio di anni e anch’io ne beneficiai. E così nel 1999, proprio in concomitanza con il mio arrivo a Lugano ricevetti la telefonata del commissario tecnico boliviano Hector Veira che mi voleva per un campo di allenamento in vista della Copa America. Dopo un lungo tira e molla non se ne fece nulla e restai in Svizzera”


DIFFICOLTÀ: “A Lugano l’inizio non fu semplice: giocavamo nel torneo di promozione-relegazione e quindi Trossero impostò una squadra difensiva. Ci andò bene e ci salvammo con largo anticipo. Ma il pubblico non apprezzò quel tipo di calcio e contestò apertamente il tecnico argentino. Poi ci fu il cambiamento societario e per Trossero non ci fu scampo: gli venne preferito Giuliano Sonzogni”.


DISAVVENTURA: “Ad un certo punto a Cornaredo ci si allenava in trenta! La nuova proprietà o presunta tale (Pietro Belardelli, lo ricordate? Ndr) aveva ridotto Lugano ad un porto di mare. Logico che i risultati non arrivassero. Alla fine Sonzogni, che mi stimava molto, fu cacciato e il presidente fece la cosa migliore che potesse fare, portare Roberto Morinini in panchina”.


EPOCA D’ORO: “Se ripenso a quegli anni, mi viene ancora il magone. Il mister, un personaggio incredibile, riuscì nell’intento di formare un vero gruppo. Amicizia e solidarietà. Ne venne fuori una squadra di carattere, ricca di individualità ma tutte al servizio del bene comune. Chi sgarrava era fuori. Arrivammo secondi e terzi nel 2001 e nel 2002. Preliminari di Champions League e Coppa UEFA. Ebbi la fortuna di giocare al fianco anche di due ragazzi argentini straordinari: gli amici Julio Rossi e Christian Gimenez. Ci sentiamo ancora oggi, a distanza di 20 anni”.


FRUSTRAZIONE: “Nel 2001 andammo vicinissimi al titolo. Andammo a Sion per provarci ma non dipendeva solo da noi. Il Grasshopper avrebbe dovuto perdere a San Gallo e noi battere i vallesani. Andò male: noi fummo sconfitti al Tourbillon, le cavallette espugnarono l’Espenmoos. Pensi che il San Gallo non aveva mai perso in casa in quella stagione prima dell’ultima giornata. Ma il titolo, a mio modo di vedere, lo perdemmo in casa contro il Grasshopper, quando sbagliammo il rigore sullo 0-0. Avrei dovuto tirarlo io (ma alla fine lo sbagliò Türkyilmaz, ndr)


NEL CUORE: “Quella bianconera è stata la miglior fase della mia carriera. La città, il club, la squadra, gli amici…Fantastico. In seguito sono stato a Zurigo, a Cipro, Wil, Wohlen e Aarau. Ma in nessun altra parte ho trovato il calore e l’ambiente ticinese. Lugano è e sarà sempre nel mio cuore”. 



TORINO: “Nell’estate seguente la retrocessione a tavolino del Lugano per problemi economici (nel 2002-2003, ndr) avrei dovuto firmare per il Torino, una società di tradizione, con un pubblico molto caldo e generoso. La trattativa andò avanti per alcune settimane, ma poi si mise di mezzo qualcuno che non doveva e l’affare sfumò. Rimasi molto deluso, ci tenevo a giocare nel massimo campionato italiano, che a quei tempi era molto più competitivo di quello odierno”.


ZURIGO: “Nel club zurighese non ho avuta molta fortuna. Un brutto infortunio, uno dei vari della mia carriera calcistica, mi ha impedito di mostrare il mio valore e di ripetere quello che avevo fatto a Lugano. Nonostante tutto la società svizzero-tedesca mi trattò molto bene e ancora oggi gliene sono grato”.


POSTA :”Ho smesso a 40 anni nello United Zurigo. Poi ho dovuto cambiare indirizzo professionale, perchè il calcio amatoriale non ti permette di avere grandi risorse economiche. Così mi sono riciclato e ora lavoro come funzionario postale a Villmergen, nel canton Arvogia. Non è certo il calcio, ma è un attività che mi piace e mi permette di dare un buon tenore di vita alla mia famiglia. Con tre figlie da tirar grandi… Il bello è che l’ufficio postale è a 800 metri da casa mia”.


FUTURO: “Per il momento non penso di tornare in Argentina. Tempo fa mi occupavo anche dell’azienda di famiglia, ma i continui viaggi verso Rawson, in Patagonia, sono molto lunghi e stressanti. Chissà, un giorno ci ritornerò. Nella vita non bisogna mai dire mai. E poi quella è la mia terra”


ARGENTINA: “Il paese è allo sbando. C’è una inflazione altissima e la povertà è aumentata. Credo che non sarà facile fermarle. Le notizie che ricevo quotidianamente non inducono all’ottimismo. Sentire la povera gente che non ha da mangiare mi addolora…”


MONDIALI: “L’Argentina ha un potenziale enorme e secondo me è fra le favorite alla vittoria finale- Messi è alla sua ultima rassegna iridata e sa perfettamente che poi non avrà più occasioni. Sono fiducioso, la squadra negli ultimi due anni ha dimostrato di avere un grande solidità e ciò grazie ad un tecnico come Scaloni, che è stato un po’ la rivelazione”

M.A.

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