Subito dopo il fischio finale i giocatori sono a pezzi e in particolare Sergio Bastida si lascia andare ad un pianto dirompente. Lo consola il team manager Gabriele Serena. I due sono immortalati da un clik di un collega, che coglie l’attimo e consegna agli archivi uno dei momenti più drammatici, sportivamente parlando, della società ticinese. A 21 anni di distanza, Sergio ha cambiato indirizzo professionale: oggi è un apprezzato funzionario della Posta, con il calcio ha chiuso. Vive nel canton Argovia con la sua famiglia e non sogna un immediato ritorno in Argentina. “Il paese è allo sbando” ci ha raccontato nell’intervista che ci ha rilasciato nei giorni scorsi.
ENZO TROSSERO: “Avevo appena 20 anni quando arrivai a Lugano. Tutto mi sembrava così bello e carino. Avevo lasciato Teplice e la Cechia, dove non mi ero ambientato. Ero perciò diffidente quando mi chiesero di andare in Svizzera; ma accettai soltanto perchè mio padre conosceva bene Enzo Trossero, tecnico bianconero. Altrimenti me ne sarei tornato a casa, in Patagonia e lì mi sarei cercato un’altra squadra. Lugano, però mi conquistò subito…”
NAZIONALE: “Ho il doppio passaporto boliviano-argentino. Mio padre Luis giocò per anni nella capitale La Paz, prima nel The Strongest e poi nel Bolivar. Prese la nazionalità dopo un paio di anni e anch’io ne beneficiai. E così nel 1999, proprio in concomitanza con il mio arrivo a Lugano ricevetti la telefonata del commissario tecnico boliviano Hector Veira che mi voleva per un campo di allenamento in vista della Copa America. Dopo un lungo tira e molla non se ne fece nulla e restai in Svizzera”
DIFFICOLTÀ: “A Lugano l’inizio non fu semplice: giocavamo nel torneo di promozione-relegazione e quindi Trossero impostò una squadra difensiva. Ci andò bene e ci salvammo con largo anticipo. Ma il pubblico non apprezzò quel tipo di calcio e contestò apertamente il tecnico argentino. Poi ci fu il cambiamento societario e per Trossero non ci fu scampo: gli venne preferito Giuliano Sonzogni”.
DISAVVENTURA: “Ad un certo punto a Cornaredo ci si allenava in trenta! La nuova proprietà o presunta tale (Pietro Belardelli, lo ricordate? Ndr) aveva ridotto Lugano ad un porto di mare. Logico che i risultati non arrivassero. Alla fine Sonzogni, che mi stimava molto, fu cacciato e il presidente fece la cosa migliore che potesse fare, portare Roberto Morinini in panchina”.
EPOCA D’ORO: “Se ripenso a quegli anni, mi viene ancora il magone. Il mister, un personaggio incredibile, riuscì nell’intento di formare un vero gruppo. Amicizia e solidarietà. Ne venne fuori una squadra di carattere, ricca di individualità ma tutte al servizio del bene comune. Chi sgarrava era fuori. Arrivammo secondi e terzi nel 2001 e nel 2002. Preliminari di Champions League e Coppa UEFA. Ebbi la fortuna di giocare al fianco anche di due ragazzi argentini straordinari: gli amici Julio Rossi e Christian Gimenez. Ci sentiamo ancora oggi, a distanza di 20 anni”.
FRUSTRAZIONE: “Nel 2001 andammo vicinissimi al titolo. Andammo a Sion per provarci ma non dipendeva solo da noi. Il Grasshopper avrebbe dovuto perdere a San Gallo e noi battere i vallesani. Andò male: noi fummo sconfitti al Tourbillon, le cavallette espugnarono l’Espenmoos. Pensi che il San Gallo non aveva mai perso in casa in quella stagione prima dell’ultima giornata. Ma il titolo, a mio modo di vedere, lo perdemmo in casa contro il Grasshopper, quando sbagliammo il rigore sullo 0-0. Avrei dovuto tirarlo io (ma alla fine lo sbagliò Türkyilmaz, ndr)
NEL CUORE: “Quella bianconera è stata la miglior fase della mia carriera. La città, il club, la squadra, gli amici…Fantastico. In seguito sono stato a Zurigo, a Cipro, Wil, Wohlen e Aarau. Ma in nessun altra parte ho trovato il calore e l’ambiente ticinese. Lugano è e sarà sempre nel mio cuore”.
TORINO: “Nell’estate seguente la retrocessione a tavolino del Lugano per problemi economici (nel 2002-2003, ndr) avrei dovuto firmare per il Torino, una società di tradizione, con un pubblico molto caldo e generoso. La trattativa andò avanti per alcune settimane, ma poi si mise di mezzo qualcuno che non doveva e l’affare sfumò. Rimasi molto deluso, ci tenevo a giocare nel massimo campionato italiano, che a quei tempi era molto più competitivo di quello odierno”.
ZURIGO: “Nel club zurighese non ho avuta molta fortuna. Un brutto infortunio, uno dei vari della mia carriera calcistica, mi ha impedito di mostrare il mio valore e di ripetere quello che avevo fatto a Lugano. Nonostante tutto la società svizzero-tedesca mi trattò molto bene e ancora oggi gliene sono grato”.
POSTA :”Ho smesso a 40 anni nello United Zurigo. Poi ho dovuto cambiare indirizzo professionale, perchè il calcio amatoriale non ti permette di avere grandi risorse economiche. Così mi sono riciclato e ora lavoro come funzionario postale a Villmergen, nel canton Arvogia. Non è certo il calcio, ma è un attività che mi piace e mi permette di dare un buon tenore di vita alla mia famiglia. Con tre figlie da tirar grandi… Il bello è che l’ufficio postale è a 800 metri da casa mia”.
FUTURO: “Per il momento non penso di tornare in Argentina. Tempo fa mi occupavo anche dell’azienda di famiglia, ma i continui viaggi verso Rawson, in Patagonia, sono molto lunghi e stressanti. Chissà, un giorno ci ritornerò. Nella vita non bisogna mai dire mai. E poi quella è la mia terra”
ARGENTINA: “Il paese è allo sbando. C’è una inflazione altissima e la povertà è aumentata. Credo che non sarà facile fermarle. Le notizie che ricevo quotidianamente non inducono all’ottimismo. Sentire la povera gente che non ha da mangiare mi addolora…”
MONDIALI: “L’Argentina ha un potenziale enorme e secondo me è fra le favorite alla vittoria finale- Messi è alla sua ultima rassegna iridata e sa perfettamente che poi non avrà più occasioni. Sono fiducioso, la squadra negli ultimi due anni ha dimostrato di avere un grande solidità e ciò grazie ad un tecnico come Scaloni, che è stato un po’ la rivelazione”
M.A.