Il prossimo 25 settembre saremo chiamati a votare sull’abolizione dell’imposta preventiva sulle obbligazioni. Non si tratta di una questione che riguarda pochi addetti ai lavori, o un pugno di grandi aziende. Siamo toccati tutti.
Attualmente la situazione si presenta così. Chi acquista un’obbligazione (quindi presta denaro) riceve in cambio degli interessi. Sugli interessi da obbligazioni svizzere la Confederazione riscuote un’imposta preventiva del 35%. L’imposta è automaticamente rimborsata alla persona privata domiciliata in Svizzera che ha indicato gli interessi nella dichiarazione fiscale. Per contro, per le imprese e per i privati domiciliati all’estero, le cose si complicano. Occorre presentare una richiesta di rimborso. Se essa arriva dall’estero, la restituzione può essere parziale o nulla. Questo nuoce al mercato finanziario svizzero. Le aziende elvetiche preferiscono emettere obbligazioni all’estero, senza imposta preventiva. Così la Confederazione perde entrate fiscali e posti di lavoro a vantaggio di altri Paesi. Basti pensare che il Lussemburgo, in proporzione, emette 190 volte più obbligazioni di noi.
L’imposta preventiva venne concepita ottant’anni fa in relazione al segreto bancario. Il suo obiettivo era evitare allo Stato la perdita di gettito fiscale causa averi non dichiarati. L’intento “colpevolizzante” si legge in modo chiaro nell’aliquota elevatissima: il 35% appunto.
Questa imposta ha ancora una ragione di essere? Il segreto bancario per i clienti stranieri della piazza finanziaria è stato smantellato. E quindi…
Al di là di questo aspetto “accademico”, la posta in gioco non è solo un’imposta bensì le condizioni quadro della Svizzera.
L’abolizione di un balzello che abbiamo solo noi permetterà di riportare qui attività economiche ed indotti. Ed è necessario farlo. Perché gli altri Paesi si muovono per migliorare le proprie condizioni quadro. Questi miglioramenti fanno aumentare anche il gettito fiscale. Si calcola infatti che, con la riforma, le imprese svizzere potrebbero rimpatriare l’emissione di obbligazioni per un valore di circa 115 miliardi di franchi, creando posti di lavoro e gettito. Gettito che, nel giro di dieci anni, dovrebbe ammontare a circa mezzo miliardo.
Non è nemmeno vero che a beneficiare della riforma dell’imposta preventiva sarebbero solo le grandi aziende. Esse non sono infatti le uniche ad emettere obbligazioni. Lo fanno anche gli enti pubblici: Confederazione, Cantone e Comuni.
La riforma in votazione non cancella l’imposta preventiva, ma modifica una distorsione. A seguito di questa distorsione, la Svizzera perde entrate fiscali ed impieghi, che emigrano all’estero invece di restare qui. Ma i tassaioli rossoverdi, accecati dall’ideologia, nemmeno si accorgono che questo stato di cose nuoce alle casse pubbliche ed all’occupazione. Vogliono far perdere al Paese l’ennesima occasione unicamente perché loro, solo a sentire la locuzione “sgravi fiscali”, diventano cianotici.
In conclusione: un Sì alla modifica della legge sull’imposta preventiva è un sì al miglioramento delle condizioni quadro della piazza economica svizzera, ai posti di lavoro ed alla crescita del gettito fiscale.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi
Attualmente la situazione si presenta così. Chi acquista un’obbligazione (quindi presta denaro) riceve in cambio degli interessi. Sugli interessi da obbligazioni svizzere la Confederazione riscuote un’imposta preventiva del 35%. L’imposta è automaticamente rimborsata alla persona privata domiciliata in Svizzera che ha indicato gli interessi nella dichiarazione fiscale. Per contro, per le imprese e per i privati domiciliati all’estero, le cose si complicano. Occorre presentare una richiesta di rimborso. Se essa arriva dall’estero, la restituzione può essere parziale o nulla. Questo nuoce al mercato finanziario svizzero. Le aziende elvetiche preferiscono emettere obbligazioni all’estero, senza imposta preventiva. Così la Confederazione perde entrate fiscali e posti di lavoro a vantaggio di altri Paesi. Basti pensare che il Lussemburgo, in proporzione, emette 190 volte più obbligazioni di noi.
L’imposta preventiva venne concepita ottant’anni fa in relazione al segreto bancario. Il suo obiettivo era evitare allo Stato la perdita di gettito fiscale causa averi non dichiarati. L’intento “colpevolizzante” si legge in modo chiaro nell’aliquota elevatissima: il 35% appunto.
Questa imposta ha ancora una ragione di essere? Il segreto bancario per i clienti stranieri della piazza finanziaria è stato smantellato. E quindi…
Al di là di questo aspetto “accademico”, la posta in gioco non è solo un’imposta bensì le condizioni quadro della Svizzera.
L’abolizione di un balzello che abbiamo solo noi permetterà di riportare qui attività economiche ed indotti. Ed è necessario farlo. Perché gli altri Paesi si muovono per migliorare le proprie condizioni quadro. Questi miglioramenti fanno aumentare anche il gettito fiscale. Si calcola infatti che, con la riforma, le imprese svizzere potrebbero rimpatriare l’emissione di obbligazioni per un valore di circa 115 miliardi di franchi, creando posti di lavoro e gettito. Gettito che, nel giro di dieci anni, dovrebbe ammontare a circa mezzo miliardo.
Non è nemmeno vero che a beneficiare della riforma dell’imposta preventiva sarebbero solo le grandi aziende. Esse non sono infatti le uniche ad emettere obbligazioni. Lo fanno anche gli enti pubblici: Confederazione, Cantone e Comuni.
La riforma in votazione non cancella l’imposta preventiva, ma modifica una distorsione. A seguito di questa distorsione, la Svizzera perde entrate fiscali ed impieghi, che emigrano all’estero invece di restare qui. Ma i tassaioli rossoverdi, accecati dall’ideologia, nemmeno si accorgono che questo stato di cose nuoce alle casse pubbliche ed all’occupazione. Vogliono far perdere al Paese l’ennesima occasione unicamente perché loro, solo a sentire la locuzione “sgravi fiscali”, diventano cianotici.
In conclusione: un Sì alla modifica della legge sull’imposta preventiva è un sì al miglioramento delle condizioni quadro della piazza economica svizzera, ai posti di lavoro ed alla crescita del gettito fiscale.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi