La caduta del governo italiano fa di nuovo saltare i tempi della ratifica del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Tale accordo non è certo entusiasmante, soprattutto se si considera che i ristorni non sono affatto dovuti. Ad esempio: il Lussemburgo, Stato membro UE, non versa nulla a Francia e Germania.
Ad essere in ogni caso insostenibile è la situazione attuale, fondata sulla vetusta ed anacronistica Convenzione del 1974. Visto che l’Italia andrà alle elezioni anticipate il prossimo 25 settembre, è chiaro che le nuove regole sulla fiscalità dei frontalieri non potranno entrare in vigore il primo gennaio del 2023, contrariamente a quanto Roma ha a più riprese promesso. Poiché anzi ci saranno un nuovo governo ed un nuovo parlamento, la controparte – che considera i rapporti con la Svizzera l’ultima delle priorità, soprattutto in questo periodo – potrebbe attendere a lungo prima di riprendere in mano il dossier. E magari approfittarne per rimettere in discussione tutto; va da sé a nostro svantaggio.
Davanti alla nuova situazione creatasi, il meno che il Consiglio federale può fare è dichiarare che la Convenzione del 1974, e con essa i ristorni, decadrà in ogni caso il 31 dicembre del 2022. La Convenzione va dunque disdetta unilateralmente per tale data. Ciò non costituisce affatto uno strappo. Significa semplicemente attenersi alle tempistiche che Roma stessa aveva garantito. Se per il 31 dicembre del corrente anno i vicini a sud avranno ratificato il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri, bene. Se non l’avranno fatto, peggio per loro. Per il periodo tra la disdetta della vecchia Convenzione e la ratifica del nuovo accordo, non sarà dovuto alcun ristorno.
Va da sé che il nuovo accordo non avrà effetto retroattivo.
Questo significa in concreto che, se le nuove regole invece che col primo gennaio 2023 entreranno in vigore il primo gennaio 2024, per il 2023 la vicina Penisola riceverà zero ristorni.
Visto che la tempistica l’ha fatta saltare l’Italia, visto che sono stati i suoi politici con i loro giochini di potere a far cadere il governo, il minimo è che se ne assuma anche le conseguenze.
Chi scrive depositerà a Berna una mozione nel senso sopra indicato.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi
Ad essere in ogni caso insostenibile è la situazione attuale, fondata sulla vetusta ed anacronistica Convenzione del 1974. Visto che l’Italia andrà alle elezioni anticipate il prossimo 25 settembre, è chiaro che le nuove regole sulla fiscalità dei frontalieri non potranno entrare in vigore il primo gennaio del 2023, contrariamente a quanto Roma ha a più riprese promesso. Poiché anzi ci saranno un nuovo governo ed un nuovo parlamento, la controparte – che considera i rapporti con la Svizzera l’ultima delle priorità, soprattutto in questo periodo – potrebbe attendere a lungo prima di riprendere in mano il dossier. E magari approfittarne per rimettere in discussione tutto; va da sé a nostro svantaggio.
Davanti alla nuova situazione creatasi, il meno che il Consiglio federale può fare è dichiarare che la Convenzione del 1974, e con essa i ristorni, decadrà in ogni caso il 31 dicembre del 2022. La Convenzione va dunque disdetta unilateralmente per tale data. Ciò non costituisce affatto uno strappo. Significa semplicemente attenersi alle tempistiche che Roma stessa aveva garantito. Se per il 31 dicembre del corrente anno i vicini a sud avranno ratificato il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri, bene. Se non l’avranno fatto, peggio per loro. Per il periodo tra la disdetta della vecchia Convenzione e la ratifica del nuovo accordo, non sarà dovuto alcun ristorno.
Va da sé che il nuovo accordo non avrà effetto retroattivo.
Questo significa in concreto che, se le nuove regole invece che col primo gennaio 2023 entreranno in vigore il primo gennaio 2024, per il 2023 la vicina Penisola riceverà zero ristorni.
Visto che la tempistica l’ha fatta saltare l’Italia, visto che sono stati i suoi politici con i loro giochini di potere a far cadere il governo, il minimo è che se ne assuma anche le conseguenze.
Chi scrive depositerà a Berna una mozione nel senso sopra indicato.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi