Pino Allievi, per anni inviato della Gazzetta dello Sport al seguito della formula 1, ha vissuto e raccontato le gesta di Gilles Villeneuve, il leggendario pilota canadese morto in un incidente giusto 40 anni fa sul circuito di Zolder (in Belgio). Con il popolare giornalista italiano abbiamo voluto ricordare la figura del canadese, che ancora oggi è considerato un simbolo di coraggio e sfrontatezza.
Pino: chi era Gilles Villeneuve?
Una persona umile e semplice. Nato in un paesino del Canada lontano dai frastuoni della grande città, si era fatto largo disputando gare di moto slitta e formule minori. Aveva adosso l’argento vivo e chi allora dirigeva la formula 1 se ne accorse presto. Nel 1977, grazie al coraggio e a alla sua faccia di bronzo che ne fecero un pilota combattivo e mai domo, entrò nel Mondiale più ambito.
Eppure, malgrado le sue doti, non riuscì a vincere un titolo iridato.
Perchè non era uno speculatore. Gilles combatteva su ogni metro e ogni centimetro delle piste per vincere la gara. Non pensava mai alla classifica. Per questo il suo palmares non è così brillante come altri piloti. Suo figlio Jacques, che non avevo certo il coraggio e l' ardore del celebre genitore, diventò campione del mondo facendo esattamente il contrario. Rischiava poco e si accontentava di andare a punti. I Mondiali si vincevano e si vincono così. Jacques nonavrebbe duellato nel modo che noi tutti conosciamo ovverossia nel 1979 quando Gilles si batté sino allo stremo con Arnoux nel Gran Premio di Francia a Digione. Villeneuve junior avrebbe seguito ed avrebbe cercato di cogliere le debolezze del rivale o sfruttare eventuali defaillances del mezzo. Il padre lottò come un leone per il secondo posto! Rischiando tantissimo.
Villeneuve era comunque il pupillo Enzo Ferrari.
Perchè al commendatore piacevano le persone umili e semplici, le persone che erano nate povere, come Gilles, e che col tempo erano riuscite a sfondare. Ferrari ne apprezzava il coraggio e la spontaneità, anche se alla fine, dopo l’episodio di Imola, i due litigarono.
Si riferisce al duello con Pironi del 1982?
Esatto. Secondo Gilles in quella occasione Ferrari non lo appoggiò. Tradito dal compagno di squadra Didier Pironi, che gli soffiò la vittoria contravvenendo agli ordini venuti dai box, il canadese sperava in un intervento del Drake, intervento che non arrivò. Ferrari era un egoista: a lui bastava che a vincere fosse una sua vettura.
A Imola finì anche l’amicizia con Didier Pironi.
Certo. Ma quando un pilota entra in pista, pensa solo a vincere. Costi quel che costi. Non do comunque la colpa a Didier per quel che successo al Gran Premio di San Marino. La stragrande maggioranza dei corridori di allora e pure quelli di oggi avrebbe agito nella stessa maniera.
Con i compagni che rapporti ebbe Gilles?
Scheckter e Reutemann, che avevano condiviso con lui l'esperienza ferrarista, gli volevano bene, così come Enzo Ferrari. Villeneuve era il più giovane del team e quindi se lo coccolavano, cercando di dargli consigli utili. Con Pironi andò bene sino ad Imola. Poi...
Il duello di Imola scatenò la rabbia e la delusione di Gilles.
E infatti due settimane dopo a Zolder avvenne l'irreparabile. Poche ore prima che iniziassero le prove ufficiali mi trovavo ai box e mi accorsi che Villeneuve era tesissimo: non aveva smaltito la beffa di Imola e covava una vendetta sportiva. Ciò gli mise addosso una tremenda pressione, che alla fine gli costò carissimo.
Pino: chi era Gilles Villeneuve?
Una persona umile e semplice. Nato in un paesino del Canada lontano dai frastuoni della grande città, si era fatto largo disputando gare di moto slitta e formule minori. Aveva adosso l’argento vivo e chi allora dirigeva la formula 1 se ne accorse presto. Nel 1977, grazie al coraggio e a alla sua faccia di bronzo che ne fecero un pilota combattivo e mai domo, entrò nel Mondiale più ambito.
Eppure, malgrado le sue doti, non riuscì a vincere un titolo iridato.
Perchè non era uno speculatore. Gilles combatteva su ogni metro e ogni centimetro delle piste per vincere la gara. Non pensava mai alla classifica. Per questo il suo palmares non è così brillante come altri piloti. Suo figlio Jacques, che non avevo certo il coraggio e l' ardore del celebre genitore, diventò campione del mondo facendo esattamente il contrario. Rischiava poco e si accontentava di andare a punti. I Mondiali si vincevano e si vincono così. Jacques nonavrebbe duellato nel modo che noi tutti conosciamo ovverossia nel 1979 quando Gilles si batté sino allo stremo con Arnoux nel Gran Premio di Francia a Digione. Villeneuve junior avrebbe seguito ed avrebbe cercato di cogliere le debolezze del rivale o sfruttare eventuali defaillances del mezzo. Il padre lottò come un leone per il secondo posto! Rischiando tantissimo.
Villeneuve era comunque il pupillo Enzo Ferrari.
Perchè al commendatore piacevano le persone umili e semplici, le persone che erano nate povere, come Gilles, e che col tempo erano riuscite a sfondare. Ferrari ne apprezzava il coraggio e la spontaneità, anche se alla fine, dopo l’episodio di Imola, i due litigarono.
Si riferisce al duello con Pironi del 1982?
Esatto. Secondo Gilles in quella occasione Ferrari non lo appoggiò. Tradito dal compagno di squadra Didier Pironi, che gli soffiò la vittoria contravvenendo agli ordini venuti dai box, il canadese sperava in un intervento del Drake, intervento che non arrivò. Ferrari era un egoista: a lui bastava che a vincere fosse una sua vettura.
A Imola finì anche l’amicizia con Didier Pironi.
Certo. Ma quando un pilota entra in pista, pensa solo a vincere. Costi quel che costi. Non do comunque la colpa a Didier per quel che successo al Gran Premio di San Marino. La stragrande maggioranza dei corridori di allora e pure quelli di oggi avrebbe agito nella stessa maniera.
Con i compagni che rapporti ebbe Gilles?
Scheckter e Reutemann, che avevano condiviso con lui l'esperienza ferrarista, gli volevano bene, così come Enzo Ferrari. Villeneuve era il più giovane del team e quindi se lo coccolavano, cercando di dargli consigli utili. Con Pironi andò bene sino ad Imola. Poi...
Il duello di Imola scatenò la rabbia e la delusione di Gilles.
E infatti due settimane dopo a Zolder avvenne l'irreparabile. Poche ore prima che iniziassero le prove ufficiali mi trovavo ai box e mi accorsi che Villeneuve era tesissimo: non aveva smaltito la beffa di Imola e covava una vendetta sportiva. Ciò gli mise addosso una tremenda pressione, che alla fine gli costò carissimo.
Per i giornalisti fu una giornata campale.
Tremenda, tristissima. Ricordo che insieme al collega de 'La Stampa' Cristiano Chiavegato ci recammo all'ospedale di Lovanio ed incrociammo Joanna, la moglie di Villeneuve. Cercava conforto e solidarietà dalle persone che la circondavano. Poi ad un certo punto un medico la chiamò e le chiese se avrebbero dovuto staccare la spina...A quel punto scoppiò in lacrime e disse di no. Gilles sarebbe morto qualche minuto dopo. Credo che quella fu una delle giornate più nere della mia carriera di giornalista e di uomo.
Infine: come nasce l’appellativo Aviatore che Gilles si portò addosso per tutta la carriera?
Un meccanico della Ferrari, uno dei tanti che stravedevano per lui, una certa volta disse che il canadese guidava come se fosse un pilota di aereo: veloce, anzi velocissimo.
M.A.