Sport, 10 aprile 2022

Campione in Vallese: Manfreda, che ricordi!

Oggi a Cornaredo arriva il Sion, una sfida importante e mai banale

LUGANO - Giuseppe Pino Manfreda ha scaldato i cuori di parecchie tifoserie: ticinesi, vallesana e italiane. Bomber nato, è cresciuto nel vivaio del Lugano e con i bianconeri ha ottenuto il suo primo importante successo, la promozione in LNA nella stagione 87/88. Una squadra con tantissimi giocatori locali (Pelosi, Colombo, Morf, Penzavalli, tanto per fare alcuni nomi) ed un genio: l’olandese Willy Gorter. Ma il più prestigioso traguardo l’ha raggiunto a Sion nel 1992, quando vinse il titolo svizzero al fianco di elementi di caratura internazionale come gli argentini Calderon, Clausen e Barbas. Campioni del mondo, perbacco! Allenatore un certo Enzo Trossero, l’anticalcio in persona, una sorta di Simeone ante litteram.


Il suo percorso da professionista Manfreda l’ha poi completato con la doppia esperienza italiana di cui accennavamo sopra. “Per me il massimo: nel Belpaese si vivono sensazioni ed emozioni indescrivibili. A Treviso e Livorno ho trascorso un periodo indimenticabile”, ci ha detto il buon Pino, con il quale ci siamo comunque focalizzati su Lugano e Sion (due delle 9 squadre di cui ha vestito la maglia) che proprio oggi si affrontano a Cornaredo.


Pino: oggi si gioca Lugano-Sion. Due squadre che hanno significato molto per lei.
Assolutamente sì, anche se il club bianconero ha la precedenza su tutto a livello di sentimenti. Sono cresciuto dalle parti di Cornaredo e a Lugano ho giocato per tanti anni. In Vallese per altro ho vissuto una stagione memorabile, forse la migliore della mia lunga carriera a livello di risultati. Vincere un campionato svizzero non è da tutti. 


Partiamo proprio da quella esperienza.
Fu una cavalcata trionfale: dopo una prima fase difficile e al termine della quale ci classificammo terzi, nella seconda ribaltammo la situazione. Allora era in vigore la formula Rumo e il campionato era praticamente diviso in due fasi. Da febbraio a maggio recuperammo lo svantaggio sullo Xamax e alla fine riuscimmo a vincere! Fu il primo titolo della storia del club vallesano.


Una squadra di fenomeni.
Basta citare Barbas, Baljic, Calderon e Clausen, stranieri di grande valore tecnico e che oggi i club svizzeri possono solo sognare. Ma anche una batteria di giocatori indigeni mica male: Geiger, Lehmann, Rey, Piffaretti e Quentin. Molti dei quali vestivano anche la maglia rossocrociata.


E poi Pino Manfreda
In quel contesto e al fianco di giocatori simili non fu difficile liberare il mio estro offensivo. Divenni presto il terminale della squadra, per la gioia del tecnico Enzo Trossero, un grande motivatore. Riuscì a trasformare una squadra di eccellenti solisti in un gruppo. Non semplice. 


A Sion ha giocato solo un anno: perché?
Il presidente uscente André Luisier, dirigente vecchio stampo, lasciò la società per far posto ad un personaggio emergente dell’ imprenditoria vallesana, Christian Constantin, che aveva fra l’altro giocato a Lugano. Io volevo stare a Sion
ma le trattative per il rinnovo furono complicate e alla fine mi stancai del tira e molla del neo presidente. Infatti firmai per lo Xamax. Mi portò Volkert Schmid, un procuratore tedesco che viveva in Ticino.


Anche a Neuchâtel non andò male.
Vero, anche se non vinsi nulla. Ma conobbi un grandissimo presidente e una grandissima persona, Gilbert Facchinetti. Come lui in Svizzera non c’è più stato nessuno. 


Sion resterà comunque (e per sempre) un bel ricordo.
Ci mancherebbe. Non solo per il titolo vinto ma anche il calore della gente: i vallesani sono passionali, sostengono sempre la squadra, anche quan do va male. In questo senso li paragono un po’ ai tifosi del Bellinzona.


Torniamo a Lugano-Sion di oggi. Che idea si è fatto delle due squadre?
I vallesani da alcuni anni sono diventati una realtà quasi anonima del calcio nazionale. E con Constantin non è certo facile progettare o pianificare. La vedo dura per loro. Il Lugano, per contro, è un club solido, bene organizzato e in mano a gente che sa il fatto suo. Credo che i nuovi dirigenti stiano lavorando bene. Con lo stadio nuovo tutto sarà più facile. Sono tuttavia deluso dall’affluenza di spettatori di questa stagione. La squadra gira ma Cornaredo è sempre semi deserto. Mi auguro che per la partita di Coppa contro il Lucerna gli spalti non rimangano vuoti. Sarebbe un peccato mortale. Quando si gioca una partita secca il pubblico è importantissimo.


Le piace Mattia Croci Torti?
lo conosco bene. Ho giocato insieme nel Malcantone Agno la stagione della clamorosa promozione in Challenge League, ad inizio anni Duemila, 2002/2003, ndr). Lui è una persona grande spessore umano ed un buon tecnico. Ha saputo formare un gruppo cui tutti remano nella stessa direzione e questo è fondamentale. Alla squadra non manca certo qualità. Senza quella non puoi andare da nessuna parte. Sono convinto che il Lugano sia in buone mani. 


C’è qualche giocatore della rosa bianconera attuale che le ricorda Pino Manfreda? 
Non le saprei rispondere. Eppoi oggi il calcio è cambiato tantissimo rispetto alla mia epoca. Gli attaccanti svolgono una funzione un po’diversa, sono diventati giocatori universali, che vengono impiegati anche nella fase difensiva. 


Cosa fa oggi nella vita Pino Manfreda?
Lavoro ormai da 17 anni nelle assicurazioni ed è un mestiere che mi piace tantissimo. Ho sempre avuto una certa predisposizione per il contatto con la gente. E ricordo sempre con affetto i cinque anni in cui sono stato gerente di un ristorante a Vezia. Era un via vai di campioni del calcio e dello spettacolo. Ne ricordo uno in particolare: l ’attore svizzero Urs Althaus, l ’Aristoteles del film cult “ L’Allenatore nel pallone” con Lino Banfi..

MAURO ANTONINI

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