*Articolo dal Mattino della Domenica
Una lunga chiacchierata telefonica. Per spiegare un disagio crescente, una situazione di drammatica normalità (non è un caso isolato), per raccontare le percosse subite dal marito e le minacce ricevute nel contesto di un assetto famigliare fragilissimo. Eleonora ha contattato la nostra redazione anche con l'intenzione di denunciare coloro che avrebbero dovuto consigliarla, aiutarla e proteggerla per migliorare la sua vita e quella dei suoi due figli e che invece le hanno soltanto messo il bastone fra le ruote. “ Sono in un momento assai delicato della mia esistenza: non vedo il fondo del tunnel e sono preoccupata per i miei ragazzi. E tutto ciò è da addebitare sul conto di mio marito ma non solo: anche della Autorità regionale di protezione, o ARP che dir si voglia, che anziché aiutarmi mi hanno soltanto provocato fastidi e problemi ulteriori”, ci ha detto nei giorni scorsi. Morale della favola: la nostra interlocutrice si ritrova a dover lottare praticamente da sola contro le angherie dell’ex coniuge (nel frattempo h100%a avuto il divorzio). “E il mio non è un caso isolato, ho sentito di altre storie simili”, racconta.
Ma riavvolgiamo il nastro del film e partiamo dal matrimonio fra questa signora luganese (ha 55 anni) e il marito, un cittadino del sud Italia.
“Purtroppo quando mi sono sposata non ho capito le differenze enormi di mentalità e cultura: lui proviene da un mondo in cui la donna è di proprietà del marito e non ha nessun ruolo in famiglia se non quello di fare figli e accudire la casa. Con il tempo le differenze fra di noi si sono acuite ed inevitabilmente le divisioni si sono fatte più marcate. Poi con il tempo le cose sono arrivate ad un punto di non ritorno…”.
Eleonora aggiunge inoltre che il marito ha potuto trovare lavoro e costruirsi una casa grazie a suo padre.
“È lui che gli ha dato i soldi per avere un’abitazione in cui crescere
Di fronte ad un crescente disagio, i due coniugi si sono rivolti alle ARP (Autorità regionali di protezione): per essere consigliati e per essere aiutati a risolvere i loro problemi.
“Ci hanno assegnato una curatrice; una donna di una cinquantina di anni che, ho poi scoperto in seguito, aveva avuto in passato dei seri problemi famigliari. Pensavamo che potesse veramente darci una mano, io avevo molta fiducia in questa persona. Poi però mi sono accorta della sua incapacità professionale. E soprattutto ha cominciato a parlare solo con mio marito e nei miei confronti ha pure assunto un atteggiamento aggressivo. Inizialmente ci si incontrava tutti e tre, poi lei si vedeva solo con il mio ex coniuge. Alla fine mi sono ritrovata senza un vero appoggio”.
In pratica il marito e la curatrice hanno escluso Eleonora. “Non ho mai saputo veramente cosa succeddesse, senonché mi sono ritrovata dei precetti esecutivi a mio nome, una sentenza di divorzio che non ha tenuto conto minimamente dei torti subiti da me e dai miei figli e soprattutto non ha risolto praticamente nulla dei problemi che ci avevano indotto a chiedere aiuto. La signora curatrice non ha fatto nulla! Se non escludermi da tutto. Non so ancora per quali motivi. Anche se ogni tanto mi sorge il dubbio che fra lei e il mio ex marito ci fosse qualcosa…”.
Rivolgiamo una domanda alle autorità competenti: com’è possibile che accadano situazioni come quelle appena raccontate? Autorità regionale di protezione o autorità regionale di... persecuzione?