Sport, 06 luglio 2021

“Il movimento cresce ma manca il Sopraceneri”

Skater: Andrea Giovetto, vice-presidente del Sayaluca, squadro-faro in Ticino

CADEMPINO - Andrea Giovetto è un pò il factotum del Sayaluca Cadempino, la squadra faro dello skater ticinese. Dal 1986 in poi ha ricoperto tutti i vari ruoli di questo sport moderno e molto apprezzato dai giovani: giocatore (dapprima di inline hockey), allenatore e dirigente (anche presidente). In particolare: nell’inline ha allenato prevalentemente la categoria Juniores (campione svizzero nel 2001) e per tre stagioni ha diretto la prima squadra. Poi: è stato allenatore della Nazionale femminile rossocrociata e assistente di quella maschile. E, dulcis in fundo, è stato alla testa del club nella stagione (2017/2018) in cui il Sayaluca ha vinto il titolo svizzero. Nei giorni il Mattino della Domenica lo ha incontrato per fare il punto della situazione sul movimento cantonale e sulla squadra di cui oggi è vicepresidente. Il tutto a poche settimane dalla ripresa dei vari campionati. “Siamo stati fermi per quasi un anno e non è stato facile. La voglia di riprendere le competizioni ci ha dato tantissime motivazioni. Siamo di nuovo in pista. E veramente bello”, ci ha detto Andrea.


Un anno fermi a causa del coronavirus, un periodo difficile. Come vi siete mossi ?
In realtà i giovani fino ai 15 anni, dopo mesi di maggior contagio, hanno ripreso abbastanza presto gli allenamenti. Successivamente sono scesi in pista gli over 16 fino ai 20 anni e da poco anche le altre categorie. Lo scorso anno abbiamo fatto un campionato ridotto, purtroppo non terminato a causa delle chiusure.


Qualche giocatore ha abbandonato, magari stanco di aspettare o deluso?
Fortunatamente non abbiamo avuto nessuno che abbia lasciato il club a causa della pandemia. Ci siamo mossi per cercare di tenere sempre in contatto i nostri atleti, nonostante una situazione psicologica fragile, dovuta alle incertezze e ai continui cambiamenti indotti dai provvedimenti.


Ora la ripartenza: quali obiettivi per Sayaluca?
Innanzitutto, lavoriamo con i giovani al fine di garantire una continuità nel tempo anche alle squadre dei più grandi. Evidentemente vincere il campionato o qualificarci agli europei, per i settori Juniores e attivi, è uno dei traguardi che vogliamo raggiungere.


Siete comunque la squadra faro del movimento cantonale.
In termini risultati e di piazzamenti negli ultimi anni direi di sì. La struttura del Palamondo di Cadempino favorisce una continuità di preparazione anche nei mesi invernali e sicuramente aiuta a elevare la qualità del nostro gioco. Sono però importanti tutti i club presenti in Ticino. E’ necessario creare un movimento solido con numeri e attività tali per il futuro del nostro sport.


Un’altra squadra di livello è il Malcantone.
Milita ormai da tempo in Lega Nazionale A. Bisogna dire che arrivare ad avere più di due compagini come quelle attuali nella massima lega è un po’difficile. Non c`è abbastanza qualità per formare un numero tale di squadre che possa giocarsela con le migliori in campo nazionale. Abbiamo comunque il Novaggio Twins in Lega Nazionale B e altre in Prima e Seconda Lega.


In generale come va lo skater in Ticino?
Più che Ticino, direi nel Luganese con gli estremi di Capolago e Taverne. In passato si è cercato di coinvolgere il Sopra Ceneri ma forse la concorrenza hockey su ghiaccio-inline hockey e anche una mancanza di collaborazione tra i due sport (che potrebbero essere complementari in certi casi) limitano la presenza di società oltre a quelle che già esistono. I numeri sono però abbastanza elevati, nonostante l’attività sia circoscritta
alle zone citate precedentemente.


I giovani si affacciano al vostro sport?
Certo, soprattutto i più piccoli, attraverso le scuole hockey dei club e ai corsi promossi dall’ATISH, associazione ticinese inline skater hockey. Qualche adolescente, magari che arriva dall’hockey su ghiaccio, si inserisce ogni tanto nelle categorie Novizi e U19. Ricordo che in Ticino abbiamo tre squadre Juniores (U19), cinque di Novizi (U16) e cinque di Mini (U13) + movimento Kids. In totale quindi circa 270-300 giocatori fino ai 19 anni di età.


Come si riesce a mandare avanti la baracca?
Le maggiori entrate sono quelle relative al bar della pista e all’organizzazione di eventi (principalmente tornei). Le tasse societarie servono a coprire le spese dei tesseramenti e una minima parte anche al pagamento degli arbitri. Tutti gli sponsor completano poi l’aiuto al sostentamento della stagione, oltre agli introiti G+S e qualche sempre gradito aiuto da parte dei comuni. Il budget di un club abbastanza grande può benissimo raggiungere il 120 mila franchi all’anno. Ben si comprende che non sia così evidente portare avanti un movimento del genere. Lo skater è una realtà assolutamente dilettantistica ma con campionato svizzero, coppa svizzera, coppe europee e torneo delle nazionali U19 e Attivi. Quindi l’organizzazione, spesso, è professionale.


Impossibile l’introduzione del professionismo in Svizzera?
Per ora sì e credo che ci vorrà ancora molto tempo. Fin tanto che le strutture non saranno adeguate (tutti con palazzetto o pista interna) e se non ci saranno investimenti importanti, sportivi ed economici, difficilmente arriveremo al professionismo. E questo, in linea di massima, dovrebbe valere anche per il resto d’Europa.


Nella speranza che anche i mass media vi diano una mano.
Qualcosa si muove: un nostro corrispondente, Simon Majek, si occupa dell’informazione riguardante i campionati delle squadre ticinesi con commenti e risultati. Anche la RSI, in occasione del titolo nazionale attivi del 2018 del Sayaluca, ci ha invitato a parlare di questa esperienza. A mio modo di vedere, si è troppo spesso focalizzati sugli sport professionistici; non c’è infatti una rubrica fissa su tutti i principali mass media che parli di altre realtà ludiche ma socialmente meritevoli di attenzione.


Chiedete maggiore attenzione?
Capisco che ci siano limiti di spazio e che gli sport, con maggiori investimenti economici, abbiano una sorta di monopolio mediatico. Il lavoro delle persone attorno all’inline hockey è totalmente volontario, eccezion fatta per qualche rimborso spese, e l’impegno dei comitati, della federazione, degli allenatori, dei cronometristi, dei gestori di buvette, dei giocatori, degli arbitri (gli unici a percepire ufficialmente qualcosa) e dei genitori è encomiabile. Non dimentichiamoci che la percentuale dei giocatori professionisti, rispetto agli amatori, è nettamente più bassa.


In passato alcuni club hanno ospitato giocatori di hockey famosi come Elvis Merlikins. Succede ancora?
Ogni tanto capita di trovare dei giocatori che sono già inseriti in club di hockey su ghiaccio e che giocano, per breve tempo, a inline hockey. Quest’anno non mi sembra di averne visti ancora ma ricordo Gaetan Haas del Bienne quando giocava negli juniores, Alessio Bertaggia che ho avuto il piacere di allenare per un breve periodo ai Rangers-Sorengo, Valentin Nussbaumer qualche anno fa a Rossemaison e Giacomo Dal Pian con il Malcantone LNA.


GIANNI MARCHETTI

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