Sport, 19 aprile 2021

Nicole Bullo: “Anche senza l’HCL noi sempre vincenti”

Faccia a faccia con la pluricampionessa delle Ladies Lugano

LUGANO - Otto titoli svizzeri in 17 anni con la maglia del Lugano, oltre 250 presenze in rossocrociato, quattro Olimpiadi e undici Mondiali con un bronzo in ciascuna competizione (negli Stati Uniti nel 2012 e in Russia nel 2014): è questo il prestigioso curriculum di Nicole Bullo, attaccante delle Ladies e certamente una delle giocatrici più vittoriose e forti del panorama hockeistico femminile in campo nazionale. Nicole è una campionessa in tutti i sensi: sa metterci la faccia quando c’è bisogno, ha coraggio da vendere ed ha una intelligenza hockeistica sopra la media. Quando parla di hockey è come un fiume in piena, anche quando ad esempio si esprime, sul distacco dalla casa madre HCL avvenuto tre anni fa: “La preoccupazione non era poca ma noi siamo riusciti a sopravvivere e ad essere vincenti, abbiamo tenuto duro e, grazie al lavoro del nostro responsabile Sidney Piaget e dei suoi collaboraori abbiamo saputo costruire una squadra competitiva che poi ha vinto due titoli nel “nuovo corso”. 

Sulla recente trionfale stagione delle Ladies torneremo alla fine di questa intervista. Partiamo perciò dalla convocazione di Nicole Bullo per la Nazionale per i Mondiali di Halifax (Canada). L’ennesima.
Sono veramente felice di questa chiamata perché giocare per la rappresentativa rossocrociata costituisce per ogni giocatore e giocatrice un grande onore. A 34 anni sapere ancora di avere la fiducia dei dirigenti federali è qualcosa di veramente speciale.


Oltretutto lei è stata colpita dal Covid-19 e quindi ha rischiato di non essere convocata. 
La Federazione internazionale ha allestito dei protocolli molto rigidi fissando una data definitiva per iscriversi; il mio periodo di contagio e la relativa quarantena sono rimasti per fortuna entro quella famosa data, per cui hanno fatto in tempo ad iscrivermi per la rassegna canadese.


Ogni convocazione prestigiosa, provoca sempre grandi emozioni.
È vero, anche se in rossocrociato mi sono “presentata” in 250 occasioni. Come ho detto prima, alla mia età, essere convocata per rappresentare il proprio paese è un qualcosa che mi rende felicissima. Il fatto che io continui ad essere selezionata significa che qualcosa di buono in tutti questi anni ho fatto. Tante mie compagne hanno lasciato, io ho voluto proseguire convinta appunto che ho ancora molto da dare. Non è comunque una cosa sempre scontata poter far parte della Nazionale, perché alle nostre spalle ci sono delle giovani che scalpitano, la concorrenza è forte… 


Per i Mondiali di Halifax si è posta un obiettivo? 
Fare ulteriore esperienza e cercare di dare il massimo per ottenere un buon risultato.


Ma nel suo mirino c’è un altro traguardo importante che vorrebbe raggiungere. 
Esatto: sono le Olimpiadi del 2022 a Pechino. I Giochi rappresentano sempre un unicum per qualsiasi sportivo; è una competizione diversa da tutte le altre. Quindi le emozioni vanno ben oltre la semplice gioia per la conquista di un trofeo o di una medaglia. 


Dopo questo evento lei ha però ventilato l’idea di attaccare i pattini al chiodo.
Effettivamente è così. Per me si tratterebbe della quinta partecipazione alla competizione dei cinque cerchi, credo che sia giusto che lasci lo spazio ad altre ragazze.


Famosi sportivi hanno detto che le loro carriere andranno avanti fin che proveranno il piacere di giocare. È così anche per lei? 
Loro hanno ragione di pensarla così. Iotuttavianonvivosolodi hockey: ho anche un’attività professionale che mi tiene molto impegnata essendo inserita in una azienda che organizza eventi ovunque. Certo, a causa del Covid-19 tutto si è rallentato ma, prima o poi, questa pandemia abbasserà la pressione ed allora si riprenderà come prima.


Lei
ha contratto il Covid-19. Come l’ha affrontato? 
Non è stato facile, dal mese di marzo dell’anno scorso sto lavorando da casa e le abitudini cambiano molto. Posso dire che l’hockey, specialmente in questo contesto, mi ha permesso di mantenere la mente occupata per quanto rigiarda gli stimoli e gli obiettivi. Il fatto che non abbiano fermato il nostro campionato quest’anno è stato fondamentale.


Come tanti professionisti, ha dovuto adattare il suo modo di lavorare a causa del coronavirus. 
Sono tra coloro che fanno “smart working” e i miei guadagni arrivano da qui, non per mezzo dello sport. Oltretutto i miei tempi di recupero sul piano fisico non sono come quelli di altra gente che vive grazie all’- hockey, la mia fatica è doppia perché devo ovviamente ricaricare le batterie per il lavoro. È per questo pensare al ritiro viene quasi di conseguenza.


Dovesse smettere con l’attività agonistica resterebbe a disposizione per allenare magari le giovani?
Per il momento non ho ancora un’idea precisa su quello che farò dopo, ma sicuramente, se avrò l’occasione e con i dovuti aggiornamenti, non è da escludere che io possa restare ancora vicina all’hockey.


Tornando al vostro ultimo titolo: qual è stato il segreto di questo successo? 
Siamo cresciute collettivamente, sapevamo di avere un potenziale con diverse individualità di spicco, abbiamo saputo comporre un mix davvero perfetto con coach Soldini. Lui è al suo primo anno, inizialmente era “vice” poi è diventato il responsabile della conduzione. Ha saputo lavorare alla grande. come tutti del resto. 


Intanto in Ticino sta facendo progressi anche l’Ambrì Piotta.
Anche in Leventina lavorano molto bene, innanzitutto è importante che ci siano società che s’impegnino con le giovani e magari un domani potranno puntare a delle leghe superiori. I contatti tra Ambrì e Lugano sono serviti appunto per forgiare nuove leve, speriamo che un giorno – Covid permettendo – tutte le competizioni possano riprendere e così si potrà portare avanti progetti molto interessanti. E poi, non è detto che un giorno si possa vivere anche un derby in Lega Nazionale A! 


Come si lavora in Svizzera per far crescere l’hockey femminile? 
A livello nazionale si sta svolgendo un ottimo lavoro, dal 2004 in avanti sono stati fatti tangibili passi avanti, questo grazie anche a Daniela Diaz, general manager della rappresentativa svizzera femminile: la sorella del giocatore dello Zugo sta sviluppando un programma a lungo termine per rafforzare la nostra categoria. Per quanto riguarda il Ticino: Sidney Piaget e il comitato stanno facendo di tutto per far riconoscere nel Cantone la bontà del loro lavoro. Ammetto però che c’è ancora molta strada da fare. A livello di mass media tutti si stanno interessando maggiormente al nostro settore e questo è molto importante.


Concludiamo dando un’occhiata al suo album dei ricordi. Quali sono quelli più belli? 
Ce ne sono molti e citarli tutti diventa una vera impresa. Ovviamente a livello internazionale le medaglie conquistate alle Olimpiadi e ai Mondiali. Per quanto riguarda i titoli svizzeri , ovviamente tutti sono belli e tutti hanno una loro storia. Non voglio fare distinzioni. Naturale che il primo titolo conquistato nel 2006 sia stato particolare, ma penso che questo valga per qualsiasi sport. Io sono comunque una persona che vive il presente, quindi mi piace rammentare le vittorie più recenti. Forse anche la Coppa Europa conquistata con il Lugano qualche anno fa ha pure la sua importanza. Peccato che poi la Federazione internazionale abbia tagliato il budget togliendo questo trofeo all’hockey femminile.

GIANNI MARCHETTI

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