E allora, per non suscitare pruriti o mal di pancia, restiamo su Florence, una donna “al comando in un mondo di incertezza e di paure”, una giovane signora di 31 anni che ha alle spalle un curriculum sportivo di primo piano e dallo scorso mese di agosto è il direttore sportivo (si può dire direttrice sportiva?) della società più ricca del nostro paese: il Berna. Un compito immane perché lo sport d’elite è puro maschilismo, perché l’hockey è disciplina per duri, muscolosi e palestrati, per uomini che trattano con uomini.
Per il gentil sesso, un tempo si chiamava così, non c’è mai stato spazio, se non a livello competitivo. La stanza dei bottoni era insomma riservata soltanto al genere maschile.
Poi la svolta epocale, perché a Berna si è deciso di rompere con i dogmi e con i luoghi comuni.
Questa decisione ha fatto scalpore e in tutto il pianeta hockey, da Edmonton a Miami, dalla Finlandia alla Svizzera, ha occupato le prime pagine dei giornali. Ora: a sei mesi di distanza dal suo arrivo nella Capitale, Florence Schelling ha deciso di stilare un primo bilancio della sua esperienza dirigenziale: che non si può certo dire brillante, visti i risultati della squadra, e che è stato pesantemente condizionata dal coronavirus. Ma lei, ragazza educata, riflessiva e pure carina (non guasta mai), ha risposto senza patemi d’animo e con grande serenità alle domande del Mattino della Domenica.
“Non mi sono fatta condizionare da niente e da nessuno. Mi sento felice in questo ruolo”, ha detto senza indugi.
Florence Schelling: lei è arrivata a Berna in un momento che definire delicato è eufemistico…
Quando ho avuto il primo colloquio com Marc Lüthi (ndr. il boss della società bernese) non avevo in mente di diventare direttore sportivo degli Orsi. Rimasi sorpresa da quella proposta ma non ci pensai due volte: mi chiese di guidare la società fuori dalla crisi di immagine e di risultati con un piglio diverso dei miei predecessori. Progettare la rinascita sportiva con polso, modernità e visioni. A quel punto dissi di sì. Purtroppo l’arrivo della seconda ondata ha un po’ scombussolato il piano di tutti. Certo: la classifica attuale del Berna non è solo colpa del Covid-19…
Lei era stata definita la vera stella del club: sulla sua figura tuttavia ore non c’è più unanimità di consensi…
Non nascondo che c’è stato del pregiudizio nei miei
confronti. In primo luogo perché una donna nell’hockey non ha mai ricoperto un ruolo decisionale. Ero vista come un extra terrestre. Ma io credo che il club mi abbia scelto perché ha individuato in Florence Schelling le giuste competenze per svolgere un compito difficile come quello di DS, che richiede conoscenze, idee, savoir faire e prevede anche l’arte del compromesso. È vero: è stata anche un’operazione di marketing. Ma credo non sia stato questo il motivo principale, anzi.
In questi mesi, immaginiamo, lei sarà stata sotto pressione.
Quando sei in una grande società, è normale che sia così. Del resto lo sapevo e mi sono preparata per questo. Purtroppo sono stata confrontata con una crisi tecnica che non mi aspettavo di incontrare: vedere il Berna ultimo fa male al cuore. Così come non avrei pensato di dovere rimuovere un allenatore come Don Nachbauer, scelto dal nostro staff e sul quale avevamo puntato molto per il riscatto dopo la brutta figura dello scorso anno (ndr: il Berna ha fallito la qualificazione ai playoff). Purtroppo in mezzo a ciò è arrivata nuovamente il coronavirus e la situazione è peggiorata…
Quarantena prolungata ma anche infortuni
Una situazione decisamente sfavorevole, che ha colpito in modo pesante la nostra squadra e l’ha constretta a restare ferma tre settimane. Malgrado ciò ho cercato di trasmettere ottimismo e positività all’ambiente. Sono sicura che il Berna si risolleverà. Ora però non possiamo che vivere alla giornata: con il virus ancora in giro non si può fare diversamente.
Qual è il suo rapporto con i colleghi di direzione e con i giocatori?
Per quanto mi concerne, direi buono. Non ho mai avuto problemi con nessuno. Ma per saperne di più dovreste parlare con gli altri dirigenti e con i giocatori stessi (ndr: ride).
Nelle prossime settimane avrà al suo fianco l’ormai ex DS del Davos, Reto Raffainer. Qualcuno dice che sarà il suo tutore…
Il club non mi ha assolutamente declassata o messa sotto tutoria sportiva. Mi ha soltanto messo vicino un dirigente capace come Raffainer, con il quale, ne sono sicura, si potrà lavorare bene. Io non sono una che si fa impressionare: nemmeno da coloro che pensano che questa mossa sia di fatto una bocciatura della sottoscritta.
Le facciamo due nomi: Wolhwend e Cereda. È vero che il Berna ha contattato i tecnici di Davos e Ambrì Piotta per la prossima stagione.
No comment….
E Mc Sorley?
C’era stato un incontro. Ma la questione per il momento è congelata…
Senta: in questi mesi non ha rimpianto il mondo dell’hockey femminile?
Fa parte del passato, è stata una fase bellissima della mia vita che però ho già lasciato alle spalle. Spero di ripetere quei successi da dirigente. Se possibile a Berna!
MAURO ANTONINI