Sport, 26 novembre 2020

Il mondo piange Diego, il D10S del calcio

La scomparsa del Pibe de Oro ha lasciato sbigottiti tutti, addetti ai lavori e non solo: tra alti e bassi, tra giocate sopraffine ed eccessi, Maradona ha sempre lasciato il segno

BUENOS AIRES (Argentina) – In questo anno tragico, assurdo, inimmaginabile, in un anno che sta segnando le nostre vite, il 25 novembre 2020 difficilmente sarà una data come le altre per gli amanti e gli esteti del calcio: la morte a 60 anni di Diego Armando Maradona per arresto cardiocircolatorio, giunta come un fulmine a ciel sereno nelle nostre teste, nei nostri cuori è stato un vero pugno nello stomaco per tutti. Difficilmente ci scorderemo dove eravamo e cosa stavamo facendo quando la clamorosa e triste notizia ci è giunta da Buenos Aires.

Amato da tanti, venerato da molti, criticato e “odiato” da diversi, Maradona ha preso il calcio per mano – in ogni senso, tenendo conto del famoso gol della Mano di Dios – e l’ha fatto suo, a ritmo di tango, con colpi dipinti col suo sinistro magico che, più che calci, sembravano pennellate degne del miglior Picasso. Diego è stato genio e sregolatezza, istinto e impeto, classe innata e colpi di testa, ma quella era la sua indole. Baciato dal buon Dio che gli aveva regalato la perfezione tra i piedi, ma contraddistinto da una testa che, fatta per giocare e insegnare calcio, spesso si perdeva negli eccessi.

Maradona, oltre che nella sua Napoli, è stato amato da molti. Non solo per le sue doti da calciatore, ma perché sapeva aizzare le folle, sapeva portarsi il fardello dei meno fortunati sulle spalle. Lui, ragazzo povero, poverissimo, nato e cresciuto in uno dei sobborghi più degradati di Buenos Aires, capace di sfruttare le sue qualità per salire sul tetto del mondo, riuscendo a soverchiare le gerarchie e a combattere contro i potenti. Questo è stato Diego per la sua gente, per il suo popolo, che ora lo piange in tutto il mondo.

È ancora oggi il miglior giocatore al mondo? Lo è stato alla pari di Pelé? Domande che probabilmente non troveranno mai una risposta. Ma Diego è stato quel numero 10 che ha saputo portare l’Argentina, quasi da solo, a vincere il Mondiale ’86 quando ha deliziato tutti con quella doppietta all’Inghilterra in un match non banale, dopo la guerra delle Malvinas: due gol, nell’arco di 5’08” in cui ha messo in mostra sia la furbizia e un po’ di cattiveria, con quel tocco di mano d’autore, sia tutta l’estetica del calcio con quella rete definita la più bella di sempre. Era quel 10 che a Italia '90
era riuscito a narcotizzare, stando a parole sue, il Brasile con una borraccia "sabotata" negli ottavi di finale. Ma Maradona non si è fermato qui: ha portato sul tetto d’Italia quel Napoli che arrivava da anni complicati, da anni difficili dopo il terremoto dell’Irpinia, prendendolo per mano fino a conquistare 2 scudetti, una Coppa Uefa e una Supercoppa italiana. Traguardi che, guarda caso, né l’Albiceleste né i partenopei sono più riusciti a raggiungere.

Poi c’era un altro Diego. Quello più oscuro – con una vita familiare e privata assolutamente discutibile – e vulnerabile e fragile (le cattive amicizie, la droga, l’alcool) che gli sono costati tanto, molto, specie sul campo da calcio: quella positività alla cocaina a USA ’94, dopo quel fantastico gol alla Grecia e la sua esultanza urlata in mondovisione alla telecamera, ha probabilmente messo fine alla sua vera carriera da calciatore, aprendogli qualche anno dopo quella, decisamente meno fortunata, da allenatore.

Diego era questo e oggi il mondo lo piange. A partire dai suoi compagni di un tempo, fino ad arrivare alle giovani leve che forse le sue giocate le hanno viste sono in qualche vecchia videocassetta o tramite YouTube, passando per la sua Argentina che rispetterà tre giorni di lutto nazionale, per il suo Boca che ha spento le luci della Bombonera, accendendo solamente quella del suo sky box privato allo stadio, regalando un gioco di ombre e luci pazzesco, giungendo fino a Napoli, dove in migliaia – in barba alla zona rossa indetta per la pandemia – sono scesi in strada per ricordarlo sia tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli sia fuori dal San Paolo. Quello stadio, quel San Paolo dove nell’84 tutta la città accorse per ammirarlo per la prima volta, dove Napoli si sentì risollevata e in grado di rialzare la testa dopo anni difficili, e che presto potrebbe prendere proprio il suo nome.

Il mondo lo piange, con i giornali di tutto il globo che hanno messo da parte tutto e tutti, regalandogli diverse prime pagine indimenticabili, perché Diego era così: unico e indimenticabile, tra alti e bassi. Ma Diego era Maradona, Maradona era D10S e se ne è andato in una data non certo banale, ovvero quella della dipartita di un altro fenomeno dannato del pallone, George Best, e del suo grande amico Fidel Castro.

Ad10s Diego!

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