MADRID - Ci sono ancora anni di luce di differenza fra la nostra Nazionale e quella spagnola. Nel gioco, nel modo di applicarsi in campo, nell’attitudine. Sabato a Madrid non c’è stata partita, anche se qualcuno obietterà: ma come? La Spagna ha avuto bisogno di un regalo di Sommer per strappare i tre punti e i primi ad avere una occasione da gol per passare in vantaggio siamo stati noi. Vero. Ma poi la differenza la fanno proprio le peculiarità di cui sopra: gioco, applicazione e attitudine appunto. Che ti portano a ragionare prima degli avversari, che ti spalancano le porte della fortuna e, dulcis in fundo, ti permettono di tenere a distanza coloro che pensano di aver colmato il disavanzo.
I rossocrociati, in fondo, non hanno demeritato ma già dalle prime battute si era capito che Petkovic avrebbe impostato una partita prudente, con un 5-3-2 che non lasciava presupporre ad una serata positiva. Contro gli iberici o giochi con coraggio oppure devi avere un “culo” pazzesco. Come era capitato a Durban nel 2010, quando tirammo in porta una volta (Gelson Fernandes) e vincemmo contro i futuri campioni del mondo. Stavolta non è successo nulla di ciò.
Si gioca nello stadio dedicato al grande Alfredo Di Stefano. Niente Bernabeu. Ci mancherebbe: senza pubblico va benissimo anche un campo di “riserva”, con tutto il rispetto per il grande attaccante del Real Madrid dei tempi andati. C’è Shaqiri ma è in panchina. Petkovic giustamente non si sente di schierarlo titolare. C’è grande interesse attorno alla nuova Spagna disegnata da Luis Enrique: l’ex tecnico della Roma e del Barcellona ha rivoltato come un guanto la squadra che nelle ultime stagioni aveva perso la smalto di un decennio fa quando dominava in Europa e nel mondo. Sono rimasti solo Ramos e Busquets dello storico gruppo. Adesso ci sono tanti talenti nuovi, uno su tutti è Ansu Fati, 17enne della Guinea naturalizzato spagnolo.
I rossocrociati, in fondo, non hanno demeritato ma già dalle prime battute si era capito che Petkovic avrebbe impostato una partita prudente, con un 5-3-2 che non lasciava presupporre ad una serata positiva. Contro gli iberici o giochi con coraggio oppure devi avere un “culo” pazzesco. Come era capitato a Durban nel 2010, quando tirammo in porta una volta (Gelson Fernandes) e vincemmo contro i futuri campioni del mondo. Stavolta non è successo nulla di ciò.
Si gioca nello stadio dedicato al grande Alfredo Di Stefano. Niente Bernabeu. Ci mancherebbe: senza pubblico va benissimo anche un campo di “riserva”, con tutto il rispetto per il grande attaccante del Real Madrid dei tempi andati. C’è Shaqiri ma è in panchina. Petkovic giustamente non si sente di schierarlo titolare. C’è grande interesse attorno alla nuova Spagna disegnata da Luis Enrique: l’ex tecnico della Roma e del Barcellona ha rivoltato come un guanto la squadra che nelle ultime stagioni aveva perso la smalto di un decennio fa quando dominava in Europa e nel mondo. Sono rimasti solo Ramos e Busquets dello storico gruppo. Adesso ci sono tanti talenti nuovi, uno su tutti è Ansu Fati, 17enne della Guinea naturalizzato spagnolo.
Gioca nel Barça, di lui si dice un gran bene.
Il primo tempo, al netto di un costante possesso palla iberico, non è granchè, anzi. Emozioni poche, anche perché la Svizzera non sembra avere troppi argomenti da opporre alle Furie Rosse. Dopo una decina di minuti, comunque, è rossocrociata la prima occasione della partita ma Benito, esterno sinistra di una difesa schierata a 5, tira sciaguratamente male su De Gea e spreca la possibilità di portare in avanti gli ospiti. Passano solo tre minuti e Sommer la combina grossa rinviando un pallone sui piedi di Xhaka in piena area: quest’ultimo scivola e Oyarzabal non si fa pregare per battere a rete. Spagna in vantaggio. Poi il portiere rossocrociato si fa perdonare l’errore precedente e dice no ad un colpo di testa ravvicinato di Ferran Torres. Sino al 45’ più nulla. La Svizzera se vuole rovesciare il quadro tecnico della partita, dovrà cambiare qualcosa. Soprattutto dovrà metterci furore agonistico, che nel primo tempo è mancato. Troppo molli i nostri. Ci vuol ben altro per scalfire gli avversari.
Il primo tempo, al netto di un costante possesso palla iberico, non è granchè, anzi. Emozioni poche, anche perché la Svizzera non sembra avere troppi argomenti da opporre alle Furie Rosse. Dopo una decina di minuti, comunque, è rossocrociata la prima occasione della partita ma Benito, esterno sinistra di una difesa schierata a 5, tira sciaguratamente male su De Gea e spreca la possibilità di portare in avanti gli ospiti. Passano solo tre minuti e Sommer la combina grossa rinviando un pallone sui piedi di Xhaka in piena area: quest’ultimo scivola e Oyarzabal non si fa pregare per battere a rete. Spagna in vantaggio. Poi il portiere rossocrociato si fa perdonare l’errore precedente e dice no ad un colpo di testa ravvicinato di Ferran Torres. Sino al 45’ più nulla. La Svizzera se vuole rovesciare il quadro tecnico della partita, dovrà cambiare qualcosa. Soprattutto dovrà metterci furore agonistico, che nel primo tempo è mancato. Troppo molli i nostri. Ci vuol ben altro per scalfire gli avversari.
La squadra di Petkovic prova comunque a reagire e sin dalle prime battute della ripresa si fa più intraprendente. In particolare gli esterni Benito e Widmer (assolutamente impalpabili in precedenza) spingono di più. Mehmedi in contropiede sfiora il pareggio e poi Oyarzabal al 52’ va vicino al raddoppio. La partita ora è maggiormente equilibrata. Ma la Svizzera non riesce quasi mai a pungere. Le punte sono in serata…libera. Entra in gioco anche Shaqiri, che nei giorni scorsi era risultato positivo al coronavirus. Ma nemmeno l’attaccante del Liverpool riesce ad incidere. La Spagna fa circolare bene la palla e mantiene gli avversari a distanza. Alla fine, inevitabile, arriva la sconfitta.
SIMON DE LA VEGA