Giancarlo Galavotti, lei ha seguito il calcio inglese per oltre un trentennio. Qual è stata la sua reazione al ritorno del Liverpool sul tetto del campionato dopo trent’anni di sofferta e fastidiosa astinenza?
Premetto che non sono una enciclopedia del calcio e aggiungo pure che da qualche anno sono in pensione. Tuttavia ho vissuto abbastanza in Inghilterra per capire che in questi giorni tutti coloro che non tifano per i Reds siano in tremende ambasce…
Scusi?
Coloro che non sono sostenitori del Liverpool tremano al sol pensiero che ora i Reds tornino ad essere quelli di un tempo: autoreferenziali e col petto all’infuori! Dei cafoni, insomma, come lo erano quando vincevano anche in patria, durante le grandi gestioni di Bill Shankly, Bob Paisley o Jo Fagan. Erano “quelli della Mersey”, i più bravi e i più belli…
Notiamo un certa severità quando parla del Liverpool…
Nulla contro di loro. Fra l’altro ho qualche buon amico da quelle parti come Ian Rush, con il quale ho tenuto ancora i contatti. Diciamo che ho vissuto situazioni particolarmente drammatiche, una su tutte l’Heysel, per non essere un grande fanatico di quel club. E potrei citare altri esempi…
Dica pure…
Nel viaggio d’andata e di ritorno Liverpool- Bruxelles, per la finale dell’ Heysel, c’ero anch’io sull’aereo dei Reds. Unico giornalista italiano presente. Ricavai una brutta impressione: non erano molto contenti della mia presenza, soprattutto al ritorno…
A Liverpool in questi giorni si festeggia, dopo 30 anni…
Tantissimi anni. È vero che hanno vinto in Europa ma questo lungo digiuno lo si deve anche alla crescita di altre società che hanno potuto usufruire di apporti economici importanti. Penso al Manchester United o al Chelsea o allo stesso Manchester City. Il Liverpool si è messo poi al pari degli altri, con l’arrivo di un proprietario americano, ma ci ha impiegato un po’ di tempo per tornare a vincere il titolo. E non va nemmeno dimenticato che ha pagato anche la squalifica dalle Coppe europee per 5 anni…
Premetto che non sono una enciclopedia del calcio e aggiungo pure che da qualche anno sono in pensione. Tuttavia ho vissuto abbastanza in Inghilterra per capire che in questi giorni tutti coloro che non tifano per i Reds siano in tremende ambasce…
Scusi?
Coloro che non sono sostenitori del Liverpool tremano al sol pensiero che ora i Reds tornino ad essere quelli di un tempo: autoreferenziali e col petto all’infuori! Dei cafoni, insomma, come lo erano quando vincevano anche in patria, durante le grandi gestioni di Bill Shankly, Bob Paisley o Jo Fagan. Erano “quelli della Mersey”, i più bravi e i più belli…
Notiamo un certa severità quando parla del Liverpool…
Nulla contro di loro. Fra l’altro ho qualche buon amico da quelle parti come Ian Rush, con il quale ho tenuto ancora i contatti. Diciamo che ho vissuto situazioni particolarmente drammatiche, una su tutte l’Heysel, per non essere un grande fanatico di quel club. E potrei citare altri esempi…
Dica pure…
Nel viaggio d’andata e di ritorno Liverpool- Bruxelles, per la finale dell’ Heysel, c’ero anch’io sull’aereo dei Reds. Unico giornalista italiano presente. Ricavai una brutta impressione: non erano molto contenti della mia presenza, soprattutto al ritorno…
A Liverpool in questi giorni si festeggia, dopo 30 anni…
Tantissimi anni. È vero che hanno vinto in Europa ma questo lungo digiuno lo si deve anche alla crescita di altre società che hanno potuto usufruire di apporti economici importanti. Penso al Manchester United o al Chelsea o allo stesso Manchester City. Il Liverpool si è messo poi al pari degli altri, con l’arrivo di un proprietario americano, ma ci ha impiegato un po’ di tempo per tornare a vincere il titolo. E non va nemmeno dimenticato che ha pagato anche la squalifica dalle Coppe europee per 5 anni…
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Cos’è rappresenta il Liverpool per la città?
Il Nord dell’Inghilterra, dove appunto c’è Liverpool, è un po’ come il Sud Italia. Povertà e disillusione. Non dimentichiamo che la città della Mersey è stato per anni il porto numero 1 del paese. Poi quando i mezzi aerei hanno avuto il sopravvento, c’è stato il crollo economico. Per questo motivo i cittadini, e in particolare quelli che tifano per i Reds, sono legati in modo indissolubile e viscerale alla squadra. Un po’ come a Napoli, molto simile alla città dei Beatles, che si è aggrappata per anni a Diego Maradona. Quando il calcio diventa un modo per dimenticare la realtà quotidiana fatta di rinunce e sacrifici. Sono stato parecchie volte a Liverpool ma poche volte mi sono fermato. Lavoravo e poi me tornavo a Londra.
Spesso e volentieri la stampa internazionale ha esaltato i tifosi del Liverpool.
L’altro giorno, dopo la conquista del titolo inglese da parte dei Reds, ho sentito un noto giornalista italiano parlare di tifosi “unici”! Per me questa è una panzana: al mondo ci sono tante altre tifoserie che meritano di essere citate… Non capisco su quali basi si idealizzi tanto i sostenitori del Liverpool. Forse per le parole: non camminerete mai da soli? Quanta retorica…
Le piace il tecnico Jürgen Klopp?
Mi è simpatico e mi pare anche una brava persona. Credo che il Liverpool avesse bisogno di un tecnico che trasmettesse tanta energia e tanta positività come ha saputo fare lui. Ha svolto un gran lavoro ed ha posto fine ad un lungo periodo di astinenza. Di certo verrà ricordato a lungo. Così come Kenny Dalglish, l’ultimo allenatore ad aver vinto prima di Klopp nel lontano 1990.
L’idolo dei Reds di sempre?
Hanno avuto tanti bravi giocatori. Ma mai come Best del Manchester United, tanto per citarne uno…E allora credo che Bill Shankly resti l’idolo immortale per eccellenza e forse… unico.
Cos’è rappresenta il Liverpool per la città?
Il Nord dell’Inghilterra, dove appunto c’è Liverpool, è un po’ come il Sud Italia. Povertà e disillusione. Non dimentichiamo che la città della Mersey è stato per anni il porto numero 1 del paese. Poi quando i mezzi aerei hanno avuto il sopravvento, c’è stato il crollo economico. Per questo motivo i cittadini, e in particolare quelli che tifano per i Reds, sono legati in modo indissolubile e viscerale alla squadra. Un po’ come a Napoli, molto simile alla città dei Beatles, che si è aggrappata per anni a Diego Maradona. Quando il calcio diventa un modo per dimenticare la realtà quotidiana fatta di rinunce e sacrifici. Sono stato parecchie volte a Liverpool ma poche volte mi sono fermato. Lavoravo e poi me tornavo a Londra.
Spesso e volentieri la stampa internazionale ha esaltato i tifosi del Liverpool.
L’altro giorno, dopo la conquista del titolo inglese da parte dei Reds, ho sentito un noto giornalista italiano parlare di tifosi “unici”! Per me questa è una panzana: al mondo ci sono tante altre tifoserie che meritano di essere citate… Non capisco su quali basi si idealizzi tanto i sostenitori del Liverpool. Forse per le parole: non camminerete mai da soli? Quanta retorica…
Le piace il tecnico Jürgen Klopp?
Mi è simpatico e mi pare anche una brava persona. Credo che il Liverpool avesse bisogno di un tecnico che trasmettesse tanta energia e tanta positività come ha saputo fare lui. Ha svolto un gran lavoro ed ha posto fine ad un lungo periodo di astinenza. Di certo verrà ricordato a lungo. Così come Kenny Dalglish, l’ultimo allenatore ad aver vinto prima di Klopp nel lontano 1990.
L’idolo dei Reds di sempre?
Hanno avuto tanti bravi giocatori. Ma mai come Best del Manchester United, tanto per citarne uno…E allora credo che Bill Shankly resti l’idolo immortale per eccellenza e forse… unico.
A.M.
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