Ticino, 05 aprile 2020

Foletti: "Diceva: 'Ma signori, ve ne rendete conto?"

di Michele Foletti

Tutti noi ne eravamo consapevoli, ma nessuno di noi avrebbe mai voluto che il momento arrivasse. Invece, ineluttabilmente, domenica mattina è arrivata la notizia: Attilio ci aveva lasciati. E credo che mai come in questo caso il verbo lasciare sia più opportuno. Ci siamo sentiti lasciati a noi stessi, orfani di un punto di riferimento che – ancorché divenuto discreto – aveva ancora tutta la sua forza e il suo carisma.

Per noi membri del gruppo parlamentare della Lega, Attilio era “il capogruppo” anche se formalmente non lo era più avendo lasciato il ruolo istituzionale prima a me, poi a Daniele e poi ancora a me quando Daniele è diventato vicepresidente del Gran Consiglio.

Ricordo quando all’inizio di questa legislatura, usciti indeboliti dalle elezioni, il gruppo rischiava di dividersi nella scelta dei propri rappresentanti: Attilio senza troppi giri di parole ha detto a tutti quello che pensava di ognuno di noi; e le sue parole ci hanno permesso di riflettere, fare un esame di coscienza e metterci d’accordo senza rancori o divisioni.

Lui era così, era presente, ma non invadente. Era fermo e autorevole, ma non autoritario. E alla fine facevamo quello che lui consigliava.

Lo stesso stile lo aveva nell’azione politica in Gran Consiglio. Lui era stato eletto in Gran Consiglio nel 1991, io sono entrato nel ’95. Poi nel 2003 abbiamo iniziato a lavorare assieme nella commissione delle gestione e delle finanze e lì ho capito il
vero valore di Attilio: competenza, autorevolezza e preparazione. Quando parlava lui lo ascoltavano tutti, quando proponeva soluzioni tutti erano disposti a discuterne.

Negli anni in cui ho fatto politica, non ho conosciuto molte persone con quelle capacità. Ma soprattutto non ho mai conosciuto molte persone che hanno cercato di insegnare ai giovani come fare politica, come farla bene, come essere efficaci.

Lui invece lo faceva giornalmente.

Certo non aveva un carattere facile e soprattutto diceva sempre ciò che pensava. E spesso quello che diceva destabilizzava. Ricordo che nel 2013, dopo la scomparsa di Miki Barra c’era da decidere chi avrebbe preso il suo posto in Consiglio di Stato. In ballo eravamo Claudio ed io: Attillio mi disse “Tu no, resta a Lugano, poi ti spiegherò”. Ma me lo disse in un modo che alla fine la decisione fu per tutti il più naturale possibile, non ebbe conseguenze sul gruppo e nessuno portò con sé rancori o frustrazioni. Ma non mi spiegò mai.

Ecco - se devo dire - la grande capacità di Attilio è stata quella di gestire la Lega dopo la morte del Nano, tenendo tutti uniti, facendo scelte che si sono rivelate vincenti, senza creare spaccature. E questo pur permettendosi le famose sparate sui media da “mina vagante”.

Mancherà a me, mancherà ai miei colleghi gran consiglieri, ma Attilio mancherà soprattutto alla politica ticinese, perché persone come lui hanno veramente aiutato questo Cantone.

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