Svizzera, 10 dicembre 2019

"Dieci anni fa gli svizzeri dissero no ai minareti"

*Di Giorgio Ghiringhelli (fondatore Il Guastafeste)

Lo scorso 29 novembre ricorreva il decimo anniversario della storica votazione con la quale il 57,5% dei cittadini svizzeri approvava l’iniziativa popolare lanciata dal Comitato di Egerkinger  (presieduto dal consigliere nazionale dell’UDC, Walter Wobmann)  che chiedeva di introdurre nella Costituzione federale un divieto di costruire minareti sul territorio svizzero.  

 

Dato che i sondaggi eseguiti prima della votazione davano per certa la bocciatura dell’iniziativa, con una percentuale di NO attorno al 58%, il risultato della votazione suscitò un’enorme sorpresa non solo in Svizzera ma in tutto il mondo, ove si scoprì la straordinaria anomalia di un Paese in cui nel XXI secolo il Popolo è rimasto il vero sovrano. 

 

Uno dei grandi artefici di quel clamoroso successo fu l’allora consigliere nazionale vallesano dell’UDC, Oskar Freysinger, che, grazie alla sua perfetta conoscenza delle lingue nazionali,   partecipò a molti dibattiti televisivi organizzati un po’ in tutta la Svizzera esprimendosi in tedesco, in francese e in italiano. 

 

Gli eventi di quel periodo vennero narrati in un libro scritto da Slobodan Despot (“Oskar et les minarets : la Suisse, un “village gaulois” face à l’islam et à la mondialisation “) per far meglio conoscere questo personaggio balzato improvvisamente agli onori della cronaca mondiale.

 

Un giorno che Freysinger non potrà mai dimenticare 

 

In occasione di questo decimo anniversario, che è stato snobbato dalla stampa ticinese, ci è sembrato doveroso ricordare la ricostruzione, fatta nel libro, del momento in cui Oskar Freysinger apprese la notizia del successo dell’iniziativa mentre si trovava con una troupe televisiva all’interno della moschea di Losanna. 

 

Quella domenica 29 novembre del 2009  il consigliere nazionale dell’UDC, convinto che l’iniziativa sarebbe stata bocciata, aveva  accettato con sportività e un po’ di incoscienza la proposta di attendere i risultati nella moschea di Losanna, con una troupe della RTS  pronta a usare la sua immagine per immortalare la sconfitta dei “nazionalisti xenofobi”  .  

Alle ore 14  il politico vallesano ricevette una telefonata dal presidente dell’UDC di Ginevra : “preparati Oskar – gli disse quest’ultimo – la rivoluzione è in corso. L’iniziativa sarà accettata a larga maggioranza; siamo al 59%”.  “Accidenti – esclamò Freysinger – sarà meglio che faccia attenzione !”. 

Il suo pensiero corse a ciò che era successo sei anni prima, quando un gruppo di estrema sinistra per vendetta gli bruciò la casa. Intanto che era al telefono la telecamera della RTS lo filmava mentre si aggirava nervosamente  nella moschea senza scarpe. 

Allora lui si rivolse al giornalista, che era ancora ignaro di quanto stava accadendo,  e gli chiese se era stato previsto un servizio di sicurezza . “Perché ? - rispose quest’ultimo - guarda come sono tutti gioiosi (“enjoués”). “Certo – rispose Freysinger – ma non appena sapranno che l’iniziativa è stata ampiamente accolta l’ambiente si deteriorerà (“ cela risque de tourner au vinaigre”). 

Dopo essersi allontanato per verificare l’informazione, il giornalista ritornò visibilmente pallido esclamando “bon sang !.”  

Improvvisamente la moschea, presentata come un luogo di dialogo e di accoglienza apparve come una trappola potenzialmente esplosiva. La televisione non aveva previsto questa eventualità, e il giornalista esortò il vincitore della giornata a scappare dalla moschea uscendo da una porta laterale. Ciò che Freysinger, fece. Ma poi, passando dall’esterno,  dovette tornare all’entrata principale per recuperare le sue scarpe , e di fronte alla persona incaricata di sorvegliare le scarpe cercò di sdrammatizzare la situazione con una battuta  : “Avete dato asilo politico alle mie scarpe. Potrei recuperarle…?” . 

Nel frattempo la notizia dell’esito della votazione si era sparsa anche fra le persone presenti all’interno della moschea, dove l’umore generale era “brutalmente” cambiato.  

Un oratore salito in tribuna cominciò a inveire contro la Svizzera in arabo e in francese,  minacciando

: “ci saranno delle conseguenze per questo Paese ¨”. 

La frustrazione era immensa, il clima si fece sempre più minaccioso, e mentre Freysinger si stava  infilando le scarpe un giovane rappresentante della religione di pace e amore gli si avvicinò dicendogli che l’avrebbe preso volentieri a pugni in faccia. “C’est votre problème, pas le mien” gli rispose garbatamente l’esponente dell’UDC mentre il servizio di sicurezza allontanava il giovane esagitato…

 

La votazione sull’iniziativa “antiburqa” e i timori ingiustificati per il turismo

 

A seguito del risultato di quella storica votazione ci fu chi predisse che la Svizzera sarebbe stata disertata per “punizione” dai ricchi turisti arabi, ma da allora il loro numero è cresciuto notevolmente, di almeno sei volte.

 

 V’è da attendersi che il medesimo scenario si riprodurrà anche nel 2020, quando gli svizzeri, sempre grazie a un’iniziativa popolare promossa dal Comitato di Egerkingen e lanciata da un comitato nazionale interpartitico di cui facevano parte anche alcuni ticinesi ( Marina Masoni, Lorenzo Quadri, Iris Canonica e il sottoscritto) , saranno chiamati a decidere se introdurre a livello nazionale lo stesso divieto di dissimulare il volto in pubblico già in vigore in Ticino dal 1. luglio del 2016 grazie a un’iniziativa popolare costituzionale lanciata nel 2011 dal movimento politico “Il Guastafeste” e approvata il 22 settembre 2013 dal 65,4% dei votanti. 

 

A differenza però di quanto successo dieci anni fa, questa volta i sondaggi danno vincente l’iniziativa         popolare : secondo un sondaggio eseguito due anni fa da due importanti giornali confederati l’iniziativa dovrebbe essere accolta dal 76% dei votanti; secondo una rilevazione di alcune settimane fa la percentuale di voti favorevoli dovrebbe invece aggirarsi attorno al 61%. 

C’è da scommettere che anche in occasione della votazione federale sull’iniziativa “antiburqa” la stampa islamofila (cioè quasi tutta la stampa svizzera oltre naturalmente alla televisione e alla radio di Stato) cercherà di spaventare gli svizzeri ventilando un crollo del turismo proveniente in particolare dai ricchi Paesi del Golfo arabo in caso di approvazione dell’iniziativa. Ma questo argomento meramente finanziario non farà certo presa sulla stragrande maggioranza dei cittadini,  e ciò sia perché il turismo degli  arabi – contrariamente a quanto predicavano le solite cassandre  - é continuamente aumentato anche dopo l’introduzione del divieto di costruire minareti,  e sia perché certe turiste “colonizzatrici” e poco rispettose delle usanze locali che se ne vanno in giro con il volto coperto propagandando l’islam radicale è meglio perderle che trovarle.

 

Semmai qualche giustificata preoccupazione potrebbe esserci sul fronte del terrorismo, perché se è vero che ai tempi della votazione sui minareti questo fenomeno non si era ancora diffuso in tutta la sua virulenza in Europa, è anche vero che in occasione della votazione sull’iniziativa “antiburqa” qualche “lupo solitario” potrebbe decidere di “punire” gli svizzeri con qualche attentato. Anche se va detto che il divieto di dissimulare il volto è già in vigore in Francia, in Belgio, in Austria e in Danimarca. E comunque  questa non è una ragione per votare contro l’iniziativa, perché in tal modo si farebbe proprio il gioco  di chi vuole sottometterci all’islam facendo leva sul terrore e sul ricatto della paura . Gli svizzeri sono un popolo pacifico, ma , come la storia ha già dimostrato, quando v’è di mezzo la loro libertà sono anche pronti a battersi

 

Un video di Pierre Cassen per commemorare l’anniversario

 

Come detto,  l’anniversario della vittoriosa  e storica votazione è stato alquanto snobbato dalla stampa, almeno in Ticino e forse anche nel resto della Svizzera. Ma non è passato inosservato in Francia, dove Pierre Cassen ,  fondatore del sito  Riposte laique che da oltre un decennio lotta contro l’islamizzazione del suo Paese,  lo scorso  28 novembre ha commentato nel suo  inconfondibile stile ironico  gli avvenimenti di quel giorno di dieci anni fa e  il dilagare dell’odio contro il popolo svizzero che aveva fatto seguito ai risultati della votazione.  


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