Ticino, 04 dicembre 2019

Lettera di una mamma che non vuole mollare

*Dal Mattino della Domenica

Sono mamma che vuole raccontare e condividere un po’ della propria storia. Ho una desiderata figlia e voluta  da me e dal ex compagno, separati da quando mia figlia ha poco più di un anno. Ci siamo lasciati poiché nonostante i vari tentativi, lui non ha mai sviluppato genitoriale, il senso del dovere, amore e riguardo nei confronti sua famiglia. Dopo diversi, tanti, troppi tentativi, un giorno deciso di lasciarlo, e di una vita insieme a mia figlia. che una volta separati stato meglio, forse per certi aspetti lo è stato, durante la convivenza sono annullata in tutti i perché da sola dovevo far fronte le responsabilità, senza nessun da parte del padre, anzi, spesso i bastoni tra ruote complicando la situazione, mettendoci difficoltà finanziarie, mettendo se stesso sempre al primo posto, trascurando me e la figlia e adottando poco consoni. Sostanzialmente ero sia l’uomo che la di casa, caricata di tutte le e travolta da un forte di solitudine e abbandono.

La vita dopo la separazione

Dopo la separazione ho ripreso ad avere una vita sociale, ho ripreso a prendermi cura di me stessa, a sorridere, a potermi comprare le calze, sí, le calze! Perché con lui non c’erano soldi nemmeno per quello, perché sperperava sia i miei che i suoi soldi, per i suoi vizi. Ho ricominciato a sentirmi di nuovo al sicuro, perché quando si ha a fianco una persona talmente egoista, che non si preoccupa delle conseguenze delle proprie azioni, si finisce col sentirsi vulnerabili, alla deriva, dunque senza un punto fermo. Ma da sola con mia figlia ho ritrovato la mia terra ferma, il mio piccolo paradiso, dove con lei mi sono rialzata. Nonostante abbia ripreso in mano la mia vita, sto ancora combattendo per mia figlia, e per i miei diritti di madre e donna. Combatto perché lui vuole fare il padre in base alle sue esigenze personali, o se ha voglia di esserci, non ha quasi mai contribuito economicamente. Non riesce a mantenere un posto di lavoro, e di conseguenza non riesce a garantire alla figlia nessun tipo di sicurezza, né per il presente e nemmeno per il futuro. Spesso mi chiedo cosa ne sarebbe di lei se io non ci fossi. Questo è un pensiero che può tormentare a tal punto da aver paura. Sono una mamma che lavora a tempo pieno, faccio tanti sacrifici per non farle mancare nulla, mi sono appellata a tutti i fori competenti affinché il padre venga richiamato ai suoi doveri genitoriali, ma purtroppo nessuna autorità è riuscita ad aiutarmi concretamente, vengo rimbalzata da un ufficio all’altro e continuo a sentirmi dire: “Signora non si può obbligare
il padre e fare questo, o quello”.

Maternità e lavoro Spesso mi sono trovata in difficoltà nel conciliare la vita di mamma con quella professionale, ho un salario piuttosto basso e non posso permettermi di pagare terze persone che mi aiutino, e non ho famigliari che possano aiutarmi, ho spiegato questa situazione alle Autorità, facendo presente che rischio di perdere il posto di lavoro, e mi hanno risposto: “Signora tanto la Svizzera non la lascia per strada”, alludendo all’assistenza. Chiedo forse troppo a voler di più? Chiedo troppo a voler lavorare, ambire a una carriera, per garantire un futuro decoroso a mia figlia?

Non sono l’unica

Fortunatamente ho un datore molto comprensivo, che in caso di necessità mi viene incontro, permettendomi di lavorare da casa, ma è piuttosto stressante lavorare e contemporaneamente dover accudire mia figlia malata. Il punto è che magari in queste circostanze, il padre si negava ad aiutarmi dicendomi che non poteva venirmi incontro a causa di altre sue priorità, tipo il lavoro, che ha perso a causa di assenze ingiustificate. È assurdo, negarsi per la propria figlia malata, e poi farsi licenziare per assenze non motivate, ma di fronte a questo comportamento nessuno può intervenire. Credo che sia ingiusto mettere al mondo un figlio e poi non voler far fronte alle infinite responsabilità a cui in genitore invece dovrebbe sopperire, però mi sembra di aver capito che a livello legale si può far ben poco. Continuo a sentirmi dire: signora “Non lo si può obbligare”. L’istinto è il senso di protezione e di dovere verso un figlio non lo si può inventare, ma non trovo sia giusto che a livello legale non si possa intervenire, o quanto meno non abbastanza per ottenere dei risultati concreti. Sono certa che di casi come il mio ce ne sono tanti, troppi, tante mamme e tanti papà come me a cui non viene dato ascolto o a cui non viene dato l’adeguato supporto, e che subiscono ingiustizie, come le mie, che ho descritto in maniera davvero molto stringata. Ma soprattutto ci sono tanti, troppi bambini che soffrono di queste situazioni, e che scontano con sofferenza la mancanza di questi genitori, che purtroppo non lo sono mai diventati, o quanto meno non del tutto. Ho scritto la mia storia, perché trovo ci sia una lacuna a livello di legge: trovo che non venga fatto abbastanza per tutelare i bambini e i genitori, che ci siano ancora troppe persone che danno per scontato il proprio ruolo genitoriale. Questo non può essere concesso.

*Edizione del 1 dicembre 2019

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