Lo scandalo di Bibbiano e dei bambini strappati dalle loro famiglie che ha sconvolto la vicina penisola nelle scorse settimane ha fatto emergere un sistema, quello dell'affido familiare, corrotto e disumano. Benchè la vicenda sia avvenuta in Italia, anche in Svizzera vi sono stati, e vi sono tuttora, polemiche e scandali sul modo in cui bambini vengono strappati ai propri genitori per essere dati in affidamento.
Basti pensare allo scandalo dei bambini tolti alle proprie famiglie e collocati coattamente in istituti, perché figli di madri sole, povere o nomadi. Una pratica controversa in vigore in Svizzera fino all'inizio degli anni '80.
Probabilmente una delle pagine più scure della storia recente svizzera che ha toccato circa 100'000 bambini con il parlamento svizzero che recentemente, nel 2016, ha deciso di stanziare una somma di 300 milioni di franchi per risarcire le vittime di questa pratica.
Ancora oggi il sistema di affidamento, in particolare il ruolo delle Autorità regionali di protezione, è spesso soggetto a critiche e regolarmente emergono casi discutibili di bambini allontanati dalle proprie famiglie per essere dati in affidamento.
Quanto successo in Italia e a Bibbiano, oltre alle polemiche sulle responsabilità politiche di quanto avvenuto, può essere di insegnamento alle nostre latitudini in modo che la stessa cosa non si ripeti nel nostro paese. Il seguente articolo è un estratto di un testo pubblicato sul sito “IlGiornale.it” che riassume, in modo chiaro e completo, quanto successo.
L'inchiesta coordinata dalla procura di Reggio Emilia che prende il nome di "Angeli e Demoni" vede al centro della indagini la rete di servizi sociali della Val D'Enza e del comune di Bibbiano. Secondo quanto scritto nell'ordinanza del tribunale, alcuni degli operatori dei servizi sociali avrebbero falsificato le relazioni da consegnare al Tribunale dei Minori in modo da riuscire ad allontanare i bambini dalle proprie famiglie per poi darli in affido ad amici e conoscenti.
Un meccanismo messo in piedi per interessi economici. E non solo. Dietro a questi traffici, si legge nelle carte, ci sarebbe un "fattore ideologico". Dall'inchiesta è emersa una serie di accordi sottobanco e favoritismi che svela un'enorme rete formata da enti privati e pubblici e collegata anche dalle istituzioni. Un sistema fatto di intrecci e atrocità che, per anni, sarebbe servito a favorire un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro.
Le indagini
Tutto è iniziato nell'estate del 2019. Quando il pm di Reggio Emilia Valentina Salvi, insospettita dall’alto numero di denunce fatte dai servizi sociali nei confronti di genitori accusati di compiere violenze in famiglia, ha deciso di far partire le indagini, che hanno coinvolto avvocati, psicologi, assistenti sociali e politici.
Tra le segnalazioni sospette, vi era un gran numero di accuse di abusi sessuali e maltrattamenti che, nella maggior parte dei casi, erano state archiviate perché infondate o prive di prove. Dall'inchiesta della procura sono emerse finte relazioni, falsi documenti e pressioni psicologiche utilizzate dagli psicologi per riuscire a plagiare i minori. Vere e proprie opere di convincimento, meccanismi di persuasione e storie di fantasia per scredire le famiglie dei piccoli. Una volta "plagiati" i bambini avrebbero dovuto denunciare i genitori, raccontando di ver subito violenze mai avvenute.
Lavaggio del cervello e torture
Secondo quanto emerge dai documenti, i bambini, venivano manipolati nel corso delle sedute di psicoterapia alle quali erano tenuti a sottoporsi, come indicato dai servizi sociali. Per condizionare le dichiarazioni dei minori, i terapeuti utilizzavano anche dei macchinari. A confermarlo uno strumento trovato, e poi sequestrato, durante le perquisizioni presso il centro "La Cura", luogo in cui si svolgevano gli incontri tra le piccole vittime e gli psicologi. Lo strumento, definito dagli stessi terapeuti "macchinetta dei ricordi", avrebbe aiutato i bambini a eliminare dalla mente le brutte vicende del passato, come si evince dalle intercettazioni. Quei ricordi "riposti in cantina, ma sempre pronti a tornare fuori". Inizialmente si era parlato elettrochoc, diffondendo la bufala degli elettrodi attacati alle mani e ai piedini dei bambini, che venivano assaliti da scosse elettriche. In realtà, come avevano specificato gli investigatori di Reggio Emilia, le cose non stavano proprio così. I macchinari sui corpicini dei bambini sono stati utilizzati, ma non si trattava di scosse elettriche. Bensì di una terapia utlizzata pur non essendo idonea a nessuno dei casi in questione.
Su una bambina in cura è stato utilizzato un dispositivo chiamato Neurotek. Si tratta di un macchinario inventato negli Usa, che non produce scosse, bensì trasmette piccole vibrazioni. La terapia per la quale sarebbe stata utilizzata la macchina è chiamata Emdr. Letteralmente significa desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari e si tratta di "un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, in particolare allo stress traumatico". Come spiegato sul sito www.emdr.it dell'associazione Emdr Italia.
Nelle 277 pagine dell’inchiesta esaminate da ilGiornale.it, vengono riportate ore e ore di intercettazioni fatte dai carabinieri di Reggio Emilia, che testimoniano i lavaggi del cervello ad opera dei medici nei confronti dei bambini. Secondo quanto registrato durante gli incontri con gli psicologi, i minori venivano spinti a confessare episodi mai avvenuti (nella maggior parte dei casi, abusi sessuali o violenze fisiche).
Per rendere ancora più credibili le violenze, venivano addirittura "manomessi" i disegni fatti dai bambini. È successo infatti che, gli psicologi, infatti, aggiungessero particolari inquietanti, spesso con una chiara connotazione sessuale. Durante le ore di terapia, gli operatori mettevano in scena anche "giochi di ruolo" per influenzare i bambini, dove i terapeuti si travestivano da personaggi delle fiabe per rappresentare i loro genitori intenti a far loro del male.
Il giro di soldi e le mazzette
Questi, secondo l'indagine "Angeli e demoni", erano solo alcuni dei metodi adottati nei confronti dei bambini con l'obiettivo di allontanarli dai genitori, per poi darli in affido e sottoporli ad un circuito di cure private a pagamento della Onlus piemontese Hansel e Gretel. L’associazione, gestista da Claudio Foti assieme alla moglie Nadia Bolognini, si sarebbe aggiudicata l’utilizzo di ambienti pubblici senza partecipare a nessuna gara d’appalto e occupando lo stabile senza pagare alcun canone d’affitto.
Foti è da molti considerato uno specialista in materia di trattamento di monori vittime di abusi. Tema su cui, ha scritto persino molti trattati e tenuto lezioni, in tutta Italia, per formare, con il suo metodo, altri psicoterapeuti. Secondo le accuse, una volta affidati alle cure della Hansel e Gretel, i bambini sarebbero stati sottoposti a sedute di psicoterapia pagate, dal Comune, circa 135 euro l’una, "a fronte della media di 60-70 euro e nonostante il fatto che l’Asl potesse farsi carico gratuitamente del servizio". Un meccanismo che avrebbe causato un danno economico per l’Asl di Reggio Emilia e per l’Unione, quantificabile in 200mila euro.
Funzionava così. Il pagamento del lavoro di psicoterapia avveniva senza rispettare le solite procedure d’appalto: "Gli affidatari venivano incaricati dai Servizi Sociali di accompagnare i bambini alle sedute private e di pagare le relative fatture a proprio nome", si legge. Ma questi soldi