Svizzera, 02 luglio 2019

Svizzera-UE, Pantani: "Non dobbiamo farci intimorire da Bruxelles"

*Dal Mattino della domenica. Di Roberta Pantani, consigliera nazionale LEGA

Quando i rapporti di vicinato si incrinano Unione Europea chiama, Svizzera risponde? Oppure Unione Europea minaccia, Svizzera esegue? Comunque la si guardi, quanto già successo molte, troppe, volte in passato (la recente direttiva UE sulle armi bocciata dal solo Ticino vi dice nulla?) non dovrà più accadere. E il segnale chiaro non potrà che arrivare con la mancata firma di un accordo deleterio che altro non farebbe che regalare la nostra sovranità a Bruxelles. Il Consiglio federale non dovrà farsi intimorire: il presidente della commissione europea – il partente “grappino”Junker - si è detto disponibile a fornire chiarimenti ma non a rinegoziare. Eh no! Forse, obnubilato da postumi di bisbocce, l’ ormai ex presidente della Commissione europea, non si è accorto che in Svizzera chi comanda non è un euroburocrate, bensì il Popolo e che al Popolo spetta l’ultima decisione. Di gatte da pelare a Bruxelles ne hanno diverse ed evidentemente quella svizzera non rientra tra i primi posti della lista. La nostra sembra una trattativa portata avanti per sfinimento, della serie, “diamo retta a questi poveri svizzerotti, facciamo loro credere che si tratta di un accordo favorevole per entrambi, ma poi facciamo come vogliamo, perché abbiamo cose più importanti a cui pensare…”.

Fermiamoci quindi un attimo. Quale fretta abbiamo? Un accordo bilaterale merita di essere firmato se fa gli interessi di entrambe le parti e oggi questi interessi non stanno certamente dalla nostra parte. Firmiamo e ci ritroveremo ad eseguire supinamente tutti gli ordini dettati dall’UE. E’ questo che vogliamo? Durante l’ultima sessione alle Camere federali, al Nazionale è stata votata una mozione che chiede al Consiglio federale di condurre negoziati supplementari con l’Unione europea o prendere altri provvedimenti adeguati per migliorare l’accordo istituzionale. Checché ne dicano i partiti storici, ovviamente già pronti a firmare e quindi a svendere il nostro Paese, nell’attuale testo ci sono aspetti evidentemente problematici che non necessitano di uno, ma di più chiarimenti.
Se ne è accorto che il Consiglio federale, che ha chiesto chiarimenti su tre punti prima di arrivare all’eventuale firma dell’intesa: la protezione dei salari, la direttiva Ue sulla cittadinanza e gli aiuti statali. Ricordiamo a tutti che nella nostra Costituzione, il Popolo svizzero ha voluto inserire l’art. 121a, contro l’immigrazione di massa.

Come è andata a finire con la legge di applicazione lo sappiamo tutti, ma oggi, con la firma dell’accordo quadro contenente anche le direttive europee sulla cittadinanza, apriremmo le porte a chicchessia, rafforzando addirittura la libera circolazione delle persone. Per non parlare poi delle misure sulla protezione dei salari: cancellate! Misure di accompagnamento? Cancellate anche esse! Di fatto ci trasformeremmo in un Paese dell’UE senza farne formalmente parte. Sarebbe un po’ come dire: fai quello che dico io, ti adegui, stai zitto, però sappi di non contare un emerito fico secco!

E se non fai come dice lei, ecco che l’UE è pronta ai ricatti e alle contromisure. Un mezzo di ricatto è stato il riconoscimento dell’equivalenza borsistica, che, in mancanza di accordo, sarebbe scaduta il prossimo 30 giugno. Da Bruxelles si sono già premurati di farci sapere che per loro la questione non può essere prorogata. Bene ha fatto il Consiglio federale in questo caso, visti anche i miliardari interessi in gioco, a preparare un piano B, che consiste nell’introduzione di un nuovo obbligo di riconoscimento per le piazze finanziarie estere. Per trattare azioni svizzere quotate all’estero ci vorrà l’autorizzazione preventiva dell’autorità di sorveglianza dei mercati finanziari, della FINMA per intenderci. In questo caso specifico ci facciamo trovare pronti e ribattiamo con la stessa moneta.

Invece di continuare a sedersi al tavolo e prodigarsi in discussioni infruttuose, sarebbe forse il caso che il Consiglio federale preparasse un piano di misure da applicare nel caso in cui l’UE imponesse alla Svizzera ulteriori ritorsioni. Teniamoci pronti! Il futuro, l’indipendenza e i diritti della Svizzera sono nelle nostre mani. Oppure vogliamo aspettare che sia troppo tardi?

*Edizione del 30 giugno 2019

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