I risultati delle elezioni nazionali in Spagna rispecchiano sostanzialmente le previsioni della vigilia: vittoria del PSOE, tracollo del partito popolare e entrata fragorosa in parlamento del partito nazionalista Vox.
Il PSOE raccoglie il 28,7% dei voti, il PP il 16,7%, Ciudadanos il 15,9%, Podemos 14,3%, Vox 10,3% e gli altri partiti raccolgono insieme il 10,1%. In Catalogna perde il partito dell’esule Carles Puigdemont, che sotto sotto si augurava una vittoria della destra, nella speranza di rompere con Madrid. Vincono i repubblicani di sinistra dell’Erc il cui leader Oriol Junqueras è in galera, dove in mancanza di un accordo politico, indulto compreso, rischia di passare il resto dei suoi giorni.
Confermato quindi il fatto che tutti saranno costretti a trovare un'alleanza per governare la Spagna. Ma nessuna coalizione, come si può vedere nell'immagine
sotto, raggiunge i 176 seggi. Il Partito socialista, pur con una maggioranza netta rispetto al Partito popolare, dovrà per forza di cose ricomporre una coalizione che già si è dimostrata molto fragile e che ha costretto Sanchez a lasciare l'incarico e a indire elezioni anticipate. Da notare che, a causa di un sistema di voto definito metodo D'Hondt, i partiti più grandi vengono premiati maggiormente rispetto a quelli più piccoli in termini di seggi. È Per questo che anche se in termini percentuali Vox ha un terzo dei voti del PSOE, i seggi raccolti dai nazionalisti sono "solo" 24 rispetto ai 176 dei socialisti.
Quello che appare chiaro è che Sanchez, per governare, potrebbe avere bisogno del voto degli indipendentisti. Movimenti estremamente eterogenei e con vedute molto radicali che avrebbero di fatto il controllo sul futuro dell'esecutivo. Il peso degli indipendentisti catalani (e soprattutto quello più radicali di Erc) potrebbe quindi risultare decisivo.