"Nella peggiore delle ipotesi, mi aspettavo che la mia famiglia non mi parlasse più..." ma non è esattamente quello che è successo. Lunedì davanti alla Corte di Vevey, nel canton Vaud, Valentina (nome di fantasia), una ragazza kosovara naturalizzata svizzera, non ha potuto trattenere le lacrime mentre raccontava ciò che ha vissuto.
Come riferisce il portale romando "24 heures" la giovane sostiene di essere stata sedata, rapita e portata nel suo paese d'origine perchè aveva una relazione con un ragazzo straniero. Sullo sfondo di tradizioni ancestrali, rivalità claniche, di confessioni parziali, la vicenda si prospetta particolarmente difficile da giudicare per il tribunale di Vevey.
I fatti risalgono alla primavera del 2014. Allora 20enne, Valentina, una commessa apprendista, è innamorata di un giovane italiano che lavora nello suo stesso centro commerciale. Sapendo che una relazione con un non-Kosovaro dispiacerebbe alla sua famiglia, lei cerca di tenere nascosta la relazione, ma senza successo.
Un sabato pomeriggio, poco prima della chiusura del negozio in cui la ragazza lavorava, arriva uno dei suoi zii. Dice che sua madre è in ospedale e gli chiede di seguirlo. Ma lui la conduce nel suo appartamento, fingendo di dover prendere le chiavi della macchina. A quel punto gli parla vagamente di una disputa famigliare. Non sa che sua madre non è in ospedale, ma che i suoi genitori sono a casa, nello stesso edificio, e che si stavano preparando a rapirla per riportarla in Kosovo.
Valentina riferisce che verso le 22:00 le è stato somministrato un tè freddo contenente un sedativo. Si addormenta sul divano. Suo zio la prende e la porta in una mercedes che aspettava, con al volante suo padre, e la riportano in Kosovo. Valentina sostiene che durante il viaggio l'hanno minacciata di morte per costringerla a ingoiare una compressa che avrebbe dovuto farla