Sport, 17 dicembre 2018

Cedraschi tira le somme: “Resterò presidente finché c’è la passione”

Il presidente è da 11 anni alla testa dei Lugano Tigers

LUGANO - Alessandro Cedraschi è il classico presidente tuttofare: quando arrivi all’Elvetico lo vedi ovunque, dal bar alle vendite dei gadget, dal rifornimento dell’acqua alla sua squadra, alla premiazione dei migliori giocatori alla fine della partita. È indiscutibilmente lui il numero uno bianconero, sulla breccia da ormai undici anni e ben deciso, almeno per ora, a non mollare il suo posto. Certo è che il peso degli anni si fa sentire (sul piano prettamente fisico) e le responsabilità aumentano sempre di più, e mettono a volte a dura prova i nervi.

Tante stagioni sempre ai vertici, per una bacheca che si commenta da sola (vedi a parte), anche se quest’anno al contrario il compito dei Tigers appare molto più difficile. La causa principale di questo “crollo” è dovuto principalmente all’aspetto economico. Da tempo l’imprenditore Riccardo Braglia ha deciso di lasciare (il suo aiuto è solo personale), e trovare altri sponsor “pesanti” diventa sempre più un compito arduo per il club bianconero. Con Cedraschi abbiamo quindi voluto fare un… giro d’orizzonte per capire quale sia la reale situazione della sua società come pure comprendere quali siano i suoi rapporti con l’altro club “luganese”, ossia la SAM Massagno. E Cedraschi, bandiera un tempo della Federale e in seguito valido dirigente dei Tigers, non si è sottratto alle nostre domande.

Presidente, ci dica come stanno le cose quest’anno, visto che avete dovuto “stringere” la cinghia, risparmiando il massimo possibile… 
Ci rendiamo perfettamente conto della situazione, ma dobbiamo adeguarci, non possiamo fare altro. È un anno difficile, anche per il fatto che i giocatori svizzeri buoni e che non costino cifre esorbitanti non ce ne sono più o quei pochi se li tengono stretti le squadre che vanno per la maggiore. Per quanto ci concerne avevamo tre elementi quotati che non abbiamo potuto più confermare o trattenere proprio per motivi economici, vale a dire Jules Aw (finito alla SAM), Derek Stockalper e Westher Molteni (finito al Neuchâtel). Senza questi giocatori è ovviamente più complicato allestire una squadra competitiva.

Gestire un club in queste condizioni è come camminare sui carboni ardenti.
Devo confessare che qualche notte in bianco l’ho passata perché comporre il mosaico coni mezzi economici limitati come i nostri è impresa ardua. D’altro canto se ti fai tradire dal panico tutto diventa ancor più difficile e quindi ti devi fermare e riflettere su ogni passo da fare. Alla fine i rimedi si trovano sempre ma è chiaro che, come noi quest’anno, non si può pretendere di avere una compagine che resti agganciata alle migliori. Dobbiamo sperare ovviamente che gli stranieri facciano la loro parte, fino ad ora è andata discretamente bene – malgrado qualche sconfitta evitabile considerando che abbiamo una formazione molto giovane.

Lei è abituato a vincere da molto tempo, che sensazione sta provando ora che deve puntare all’obiettivo minimo del campionato, ossia la qualifica ai playoff?
Giocoforza ho dovuto imparare a convivere con questa situazione anche se non è facile. Ho sempre avuto una mentalità vincente, sin dai tempi in cui giocavo nella Federale. Questa voglia di far bene l’ho mantenuta poi da dirigente, ma è chiaro che lavorare fuori dal campo è molto più faticoso sotto ogni punto di vista. Al momento devi solo capire i tuoi limiti e che ci sono altre squadre migliori della tua. Verrannotempi migliori…

Nella sua società lei può contare su alcuni collaboratori, ma a volte non basta.
Non è mai facile reperire delle forze fresche che
ti possano dare una mano, quelli che ci sono fanno già un lavoro prezioso ma a volte non basta. I nuovi potenziali collaboratori, quando sono contattati, avrebbero voluto svolgere solo mansioni a loro più gradite e quindi non se n’è fatto nulla. Ho però anche l’impressione di essere un… freno quando vedo certi atteggiamenti da parte di certe persone.

Si spieghi meglio…
A volte ho la sensazione che certa gente non voglia entrare in società perché mi ritengono… ingombrante. Immaginiamo la sua delusione, in verità non ha mai pensato di mollare?
Sì esattamente l’anno scorso, c’è stato un momento in cui ho valutato questa situazione. Ho atteso che qualcuno si facesse veramente avanti ma poi, non vedendo novità al fronte, ho preferito tirar dritto. Quest’anno comunque qualcuno è arrivato per darmi una mano, ma il futuro è tutto da disegnare. È chiaro che più collaboratori possono consolidare l’apparato societario.
Cerco di tenere duro ma non è facile considerando anche il fatto che ho anche delle mansioni a livello federativo, senza dimenticare i miei impegni politici (è sindaco di Origlio, ndr). La vita va avanti e si diventa anche vecchi, ma finché le forze e l’entusiasmo mi sosterranno proseguirò nel mio cammino.

Spazio per il tempo libero praticamente azzerato.
È così, anche se la famiglia resta la mia priorità. Per il resto lo spazio te lo devi cercare… 

Ultimamente di rospi amari ne ha dovuto ingoiare parecchi, quest’anno poi se ne è aggiunto un altro, ossia la SAM Massagno. Che sensazione prova vedersi superato per il momento in classifica?
All’inizio non nego che la cosa mi ha dato fastidio poi ho accettato la situazione, considerando appunto le nostre ridotte risorse finanziarie. Mi dà forse fastidio il fatto che i nostri avversari non manchino mai, ogni momento, l’occasione di far notare questa loro… supremazia. Noi abbiamo vinto tanto ma non abbiamo mai fatto dei grandi proclami sui vari siti web.

Ogni tanto lei e Bruschetti, presidente della SAM Massagno, ve le “date” di santa ragione ma poi quando vi ritrovate fuori dal campo la pace è assicurata.
Nello sport esistono anche queste situazioni. Tuttavia a tutto c’è un limite. Come detto, il confronto sportivo contempla anche questa dialettica, ma bisogna saper sempre capire i limiti senza mai esagerare.

A volte torna in auge il discorso della fusione, voi e la SAM ne avete già parlato ma non se n’è fatto mai nulla, perché?
È vero che ci sono state delle discussioni ma non c’è mai stato un reale avvicinamento tra i due club. Questa estate, parlando con alcuni dirigenti della SAM sembrava però che questo progetto potesse avere un seguito. Al contrario, ad un certo punto, la cosa non ha più avuto seguito perché il discorso da parte di alcuni dirigenti si è fatto troppo campanilistico. Con queste premesse era veramente difficile andare avanti ed allora ho chiuso tutto in un… cassetto.

Ci dica la verità, è un bene o no che nel Luganese esistano due squadre?
Per lo sport in generale meglio due squadre, al contrario se si vuole formare veramente un team altamente competitivo, allora l’unica soluzione possibile è la fusione.

Per quanti anni vuole restare ancora alla testa dei Lugano Tigers?
Francamente non lo so, per ora svolgo questa funzione con grande passione ed entusiasmo, se un domani queste “doti” mi verranno a mancare allora deciderò di lasciare la direzione ad altri.

G.M.

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