Apprendiamo che il Consiglio federale intende istituire un gruppo di lavoro interdipartimentale con l’obiettivo dichiarato di combattere la disinformazione proveniente dall’estero. Una formula già vista, che apre interrogativi seri su finalità, strumenti e limiti di un’operazione che rischia di incidere direttamente sulla libertà di espressione.
Secondo alcuni l'azione potrebbe non fermarsi ai social media, ma potrebbe estendersi anche ai programmi scolastici, i cui contenuti verrebbero “attentamente esaminati”. Dopo il recente rapporto sulla sicurezza, non è difficile intuire quali sarebbero gli Stati indicati come minaccia, in primis la Russia.
Ciò che preoccupa maggiormente è il metodo: intervenire sui social – WhatsApp incluso – seguendo una logica già sperimentata dall’Unione europea con direttive restrittive in materia. Il rischio è che la lotta alla disinformazione diventi il paravento per un controllo crescente del dibattito pubblico.
A rendere il quadro ancora più problematico è l’ipocrisia di chi governa. Gli stessi che oggi parlano di fake news sono stati, in più occasioni, protagonisti di informazioni rivelatesi false o fuorvianti: dalla libera circolazione, alla gestione del Covid,d alle previsioni sull’AVS, fino ai prezzi “fissi” degli F-35 e agli accordi con l’UE.





