BIENNE – Quanto erano belli i tempi di Roger Federer e Stanislas Wawrinka. Quanto era bello quando ogni Slam era l’occasione per poter gioire per le gesta e per i trionfi dei nostri due portacolori. Quanto fu bello nel 2014 vincere a Lille e conquistare la Coppa Davis contro la Francia, davanti a uno stadio intero pieno e colorato. Quanto era bello il tennis rossocrociato. Quanto? Già, perché sono passati pochi anni dal ritiro di Re Roger, mentre Wawrinka ancora calca i campi dei tornei minori, ma sembrerebbe essere trascorso un secolo, visti i risultati mediocri che il tennis maschile elvetico sta incamerando in giro per il mondo.
Forse con le ottime prestazioni di Kym e di Riedi agli US Open ci eravamo illusi di aver ritrovato un paio di cavalli di razza su cui puntare. Già, ci eravamo illusi perché la Coppa Davis ci ha fatto sprofondare nuovamente nel baratro. Contro la non temibile India – avessimo dovuto giocare in trasferta sarebbe stato un altro discorso –, nella sfida valida per restare nel Gruppo Mondiale I, la nostra Nazionale si è sciolta, si è spenta in maniera incomprensibile. Venerdì Kym e Hüsler erano riusciti nell’impresa di perdere i loro due singolari, sabato quantomeno ci avevamo messo una pezza imponendoci nel doppio – unica partita in cui eravamo veramente sfavoriti – ma poi le nostre speranze di rimonta si sono sciolte al momento della sconfitta rimediata dal 18enne Henry Bernet contro Sumit Nagal, nel terzo singolare.
Ora, dopo questa amara sconfitta, l’anno prossimo la Svizzera dovrà ripartire dai playoff per cercare di rientrare nuovamente al massimo livello della Coppa Davis. Ma attenzione, sarebbe inutile puntare il dito contro Severin Lüthi, capitando della nostra Nazionale, che deve provare di fare del suo meglio col capitale umano a sua disposizione. Capitale umano che, duole dirlo, non è certo di primissima qualità. Il problema sta a monte: nonostante la presenza per quasi un ventennio di Roger Federer e di Stanislas Wawrinka non si è riusciti a creare un movimento tennistico elvetico di prima fascia, di grande qualità, senza riuscire a sfruttare l’ondata emozionale e l’attenzione mediatica che i nostri due portacolori avevano creato intorno a sé e intorno al tennis elvetico. Un vero peccato, anche perché ora i tempi rischiano di farsi cupi.