Sport, 23 marzo 2025

L’assurda morte di Pryce ammazzato da un estintore

GP del Sudafrica 1977: il pilota e un commissario vittime di un incidente incredibile

LUGANO - Sono ormai passati 48 anni da quella giornata funesta di Kyalami, durante la quale perse la vita uno dei piloti più talentuosi del momento, il gallese Tom Pryce, prima guida della Shadows. Ma chi era Tom Pryce? Era il figlio di Jack, che aveva servito nella Royal Air Force durante la seconda guerra mondiale e Gwyneth, un’infermiera. Il giovane futuro pilota di di formula 1 a 16 anni lasciò la scuola, anche se la madre insistette affinché prendesse un diploma di apprendistato nel caso non fosse riuscito ad avere successo nel motorsport. Pryce aveva in mente un solo pensiero: la formula 1. E dopo anni di ottimo praticantato, nel 1974 venne consigliato da un certo Ron Dennis alla Token, una modesta scuderia, con la quale nel 1974 disputò una sola corsa (Gran Premio del Belgio a Nivelles). 



Da notare che precedentemente aveva vinto il GP di Monaco di formula 3. Poi il grande salto in un team che stava affermandosi: la Shadows, caratterizzata dalla livrea nera. Nel 1975 arrivò anche il primo podio nel Gran Premio d’Austria, disputato sotto ildiluvio universale e vinto da Vittorio Brambilla, che giunse al traguardo con la sua March praticamente senza muletto in seguito ad una uscita di strada negli ultimi giri. Pryce era considerato uno dei migliori piloti in condizioni da bagnato. I vari Lauda, Hunt, Regazzoni e Fittipaldi lo avevano più volte elogiato: Tom un giorno potrà diventare campione del mondo!


Kyalami fatale
GP del Sudafrica 1977, Kyalami: al suo quarto campionato mondiale alla guida della Shadows, Pryce durante le prove libere del mercoledì impressiona per la sua grande velocità con la pista inondata d’acqua. Nelle prove ufficiali del venerdì, tuttavia, la sua vettura accusa qualche problema di messa a punto e il pilota gallese è costretto a partire dalle retrovie. La sua deve essere giocoforza una corsa d’attacco. Così sarà. Si arriva così al 5 marzo, giorno del GP: al ventiduesimo giro accade l’irreparabile. Sotto la tribuna della curva Kink la Shadow di Renzo Zorzi (compagno di squadra del gallese) si ferma: la vettura sta andando a fuoco per un’anomalia al motore. Il protocollo d’azione dei commissari prevede che in caso d’incendios’intervenga in quattro: due per spegnere il fuoco e due per dar man forte nel caso in cui gli estintorinon siano sufficienti. Prima del rettifilo principale, c’è un dosso che copre la visuale. E i commissari sono dalla parte opposta rispetto alla tribuna; due di loro attraversano in modo irresponsabile la pista con gli estintori in braccio. Uno viene schivato, l’altro no: si chiama Frederik Jansen van Vuuren, è uno studente olandese di 19 anni, che viene travolto dalla Shadows di Tom Pryce in piena corsa.


Impatto tremendo
Nell’impatto l’estintore colpisce Pryce sul casco e lo uccide. Si tratta di un urto devastante: un estintore pesa quasi venti chili, in rettilineo si arriva a 300 all’ora. La Shadows è senza controllo, striscia contro il guardrail, torna in pista e si fa tutto il rettilineo fino alla staccata, dove cozza contro la Ligier di Laffite alla curva Crowthorne prima di fermarsi contro il guard rail. Pryce è già morto quando viene soccorso.


Il Gran Premio comunque non si ferma e alla fine vince la Ferrari di Niki Lauda (che a fine stagione diventerà campione del mondo per la seconda volta). L’austriaco rischia comunque grosso, visto che negli ultimi giri la sua macchina perde acqua dai radiatori a causa dei detriti lasciati in pista dalla Shadow di Pryce. Fine della gara. Si scatenano le polemiche e la formula 1 viene messa sotto accusa: malgrado monoposto sempre più veloci e dispositivi di sicurezza all’avanguardia per quegli anni, l’organizzazione delle corse lascia ancora a desiderare. I rischi a cui i piloti vanno incontro sono notevoli. I nostalgici di quel periodo, dovrebbero perciò riflettere: la formula 1 moderna, quella di oggi insomma, è sicura; negli Anni Settanta era un’arena di morte.


JACK PRAN

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