Un tribunale italiano ha invalidato la detenzione nei centri albanesi dei primi 12 richiedenti asilo che Roma aveva trasferito questa settimana, ha riferito venerdì la stampa italiana. Il tribunale ha citato una recente sentenza della Corte di giustizia europea sui paesi di origine considerati "sicuri" dai paesi di accoglienza, secondo la quale i 12 migranti interessati, provenienti dal Bangladesh e dall'Egitto, non soddisfano i criteri di trattenimento previsti dall'accordo tra Roma e Tirana.
Il governo di Giorgia Meloni aveva firmato un accordo con Tirana alla fine del 2023 che prevede la creazione di due centri in Albania, da dove dovevano essere trasferiti i migranti soccorsi nel Mediterraneo. Questo accordo quinquennale, il cui costo per l'Italia è stimato in 160 milioni di euro all'anno, riguarda gli uomini adulti intercettati dalla marina militare o dalla guardia costiera italiana nella loro zona di ricerca e salvataggio in acque internazionali.
La procedura prevede un primo controllo su una nave militare, prima di un trasferimento in un centro nel nord dell'Albania, nel porto di Shengjin, per l'identificazione, poi in un secondo centro, in un'ex base militare a Gjader. I primi sedici migranti sono arrivati in Albania mercoledì ma quattro di loro sono stati immediatamente rimpatriati in Italia, in quanto due dichiaravano di essere minorenni e altri due bisognosi di cure mediche. Il partito della Meloni, Fratelli d'Italia, ha protestato veemente contro questa decisione giudiziaria, definendola "assurda".
“Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi di origine sicuri: è impossibile rimpatriare chi entra clandestinamente, è vietato rimpatriare i clandestini. Vorrebbero abolire le frontiere dell'Italia, noi non lo permetteremo”, aggiunge FDI. La Lega, il partito del vice capo del governo Matteo Salvini, dal canto suo ha denunciato una decisione “inaccettabile e grave” e ha attaccato i magistrati “filo-immigrazione” invitandoli a “presentarsi alle elezioni”.