Svizzera, 07 giugno 2024

Una madre si difende dall'accusa di aver ucciso la figlia di 8 anni

Una madre ha ucciso freddamente la sua figlia di otto anni perché non accettava più di doverla crescere da sola? È questa la domanda a cui dovrà rispondere il tribunale cantonale di Berna. La diretta interessata continua a proclamare la sua innocenza: “Non avrei mai potuto toccare mia figlia. La amavo", ha detto singhiozzando durante l'udienza. L'imputata, 32 anni, è sospettata di aver portato sua figlio il 1° febbraio 2022 in un bosco a Köniz (BE), situato a poche centinaia di metri dalla loro abitazione, per compiere il gesto disperato.

Il Ministero pubblico ha elencato 16 indizi che dovrebbero dimostrare la colpevolezza dell'imputata. Tra questi, il fatto che sono state rinvenute tracce del Dna della madre, sulla pietra che ha colpito mortalmente il cranio della bambina. Un testimone di 12 anni ha anche detto di aver visto la madre e la figlia due volte vicino alla scena del crimine poco prima della tragedia. Ma quale sarebbe il motivo di questo infanticidio? La bambina avrebbe costituito un ostacolo alla libertà della madre, secondo l'accusa, che chiede l'ergastolo.



La difesa ha tentato di smontare punto per punto le argomentazioni e le prove addotte e chiede l'assoluzione della donna. L'avvocato ha sottolineato le incongruenze e le inesattezze della testimonianza principale, ritenendo che il bambino di 12 anni, avendo “un bisogno di riconoscimento molto accentuato”, sarebbe stato prima influenzato dai media prima di raccontare la sua storia alla polizia.

Le indagini sarebbero inoltre state compromesse anche perché non sono state sufficientemente esplorate le tracce di un altro testimone che aveva visto un uomo nei pressi del bosco. Per quanto riguarda la pietra del delitto, sulla sospettata non sono stati rinvenuti schizzi di sangue, ha sottolineato l'avvocato. Era anche possibile che venisse ritrovato il DNA della madre. I fatti, infatti, si sono svolti in una piccola capanna fatta di rami che la madre e la bambina avevano realizzato diversi giorni prima della tragedia. L'imputata avrebbe quindi potuto benissimo aver toccato l'arma del delitto senza averla usata per compiere l'omicidio. La sentenza è attesa per il 13 giugno.

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