Lungo viaggio, si diceva, per vedere all’opera i bianconeri ma soprattutto per incontrare il leggendario Petteri Nummelin, attualmente assistente di coach Wolhwend, e per anni simbolo dell’ HC Lugano. Il folletto finlandese non ha perso le sue (brutte) abitudini. All’appuntamento postpartita si presenta infatti con trenta minuti di ritardo. Come ai vecchi tempi. “Sono felice di parlare con la stampa ticinese, un po’ mi mancava”, esordisce ridendo. E quando gli chiediamo della sua nomina alla Hall of Fame della federazione internazionale di hockey su ghiaccio, si schermisce: “Per me un onore. Ma in realtà andrebbero premiati anche tutti i compagni di squadra che hanno giocato con il sottoscritto per tanti anni. Mi hanno dovuto sopportare e coperto gli spazi che lasciavo pericolosamente liberi quando mi sganciavo in attacco”.
Nummy: dal riconoscimento internazionale alla realtà in cui lavora. Come si trova in un club che è costantemente la Cenerentola del torneo?
Innanzitutto voglio esprimere tutta la mia soddisfazione per questa nomina alla Hall of Fame della IIHF. Un riconoscimento che non mi aspettavo di certo. Segno che qualcosa ho lasciato al mondo hockeistico. Per quanto concerne l’Ajoie: rare volte in passato mi sono trovato così bene in una società. Qui contano moltissimo i rapporti umani... Mi sono trovato benissimo sin dal primo giorno, e in particolare ho apprezzato molto Porrentruy e il Canton Giura. Per certi versi mi ricorda la mia Finlandia, soprattutto nei mesi invernali. Essere ultimi in classifica qui non è un problema, tutti conoscono le difficoltà, soprattutto di budget e sono consapevoli che solo attraverso la passione e il duro lavoro si può crescere.
Qual è il suo rapporto con il tecnico Christian Wolhwend?
Ci capiamo a meraviglia. Basta un’occhiata, basta una parola. È un allenatore innovativo, che pretende molto da sé stesso e di conseguenza dagli altri. Spero di restare con lui anche nella prossima stagione.
A proposito: e il suo contratto?
Non mi dispiacerebbe rimanere! Ma non dipende solo da me. Stiamo parlando con Julio (Julien Vauclair, ex compagno di squadra di Nummy, ora direttore tecnico dei giurassiani, ndr) e poi decideremo, in tutta serenità. Nel Giura, comunque, sono felice.
Dove può arrivare questa squadra?
L’ Ajoie è un team che anno dopo anno cerca di crescere, compatibilmente con le possibilitè finanziarie. Attualmente siamo ultimi, come nelle prime due stagioni di National League. Però direi che siamo migliorati a livello di intensità, applicazione tattica e soprattutto la squadra non molla mai. Abbiamo tenuto in scacco (e pure battuto) compagini di gran lunga più forti di noi.
E il pubblico, malgrado tutto, vi sostienesempre.
L’ Ajoie è un fenomeno sportivo da studiare, un miracolo. La gente va allo stadio con entusiasmo e passione, anche se la classifica piange. È una festa popolare che si rinnova almeno una volta la settimana. In Svizzera non credo esista una realtà simile.
Qual è il suo giudizio sul Lugano attuale?
Ha grandi individualità, giocatori importanti e decisivi. E sono pure convinto che valga più del sesto posto attuale. Ha pagato caro i molti infortuni. Mi sembra tuttavia che debba maturare come squadra. Ma ne ha tutto il tempo.
Non manca un difensore di talento e grande qualità?
Credo che Luca Gianinazzi abbia in mano una ottima rosa. E penso che anche in difesa siano messi bene.
Nummy: non le manca Lugano?
Come tutti i posti in cui sono stato bene. E Lugano, i luganesi e la città fanno parte del mio cuore. Ho trascorso gli anni più belli della mia carriera. Cosa vuole che le dica di più?
M.A.