Opinioni, 11 ottobre 2022

Lo strabismo delle femministe rossoverdi

Un articolo del Guastafeste del 2019 torna d'attualità alla luce delle recenti proteste in Iran

In Svizzera le donne hanno scioperato per protestare contro le discriminazioni di ogni genere che subiscono nel mondo del lavoro, e per chiedere parità di diritti e rispetto in tutti i campi, compreso quello sessuale. Però, contro ogni logica, una buona parte di queste stesse donne poco o nulla fa per contrastare l’avanzata nel nostro Paese di quell’islam che, laddove riesce a imporre la legge coranica (ossia la sharia), si mette in luce per le sue discriminazioni di vario tipo contro le donne, oltre che contro gli infedeli.

Centinaia di milioni di donne musulmane sono ad esempio costrette, o da leggi dello Stato o dalle pressioni della società in cui vivono, a coprirsi di veli e di vestiti informi che, in base alla loro religione, hanno il duplice scopo di distinguerle dalle non musulmane e di nascondere il loro corpo agli uomini, mettendole così al riparo dalle loro brame. Se questa non è sottomissione all’uomo , allora cos’è?

L’appello delle donne iraniane alle sorde femministe occidentali…

In Iran, per protestare contro l’obbligo di portare il velo, migliaia di donne hanno sfidato il regime pubblicando sul sito “My Stealthy” (“la mia libertà nascosta”) – promosso dall’ex giornalista parlamentare Masih Alinejad che da tempo ha lasciato il Paese - una loro foto a capo scoperto, e nell’aprile scorso la giovane Vida Movahed è stata condannata a un anno di prigione con l’accusa di aver diffuso la corruzione morale (!) per essersi tolta il velo in pubblico e averlo sventolato in segno di sfida , come è possibile vedere nel video collegato al seguente link:

https://edition.cnn.com/2018/01/30/middleeast/iran-hijab-protests-vida-mohaved-intl/index.html


Questa campagna di protesta , come riferiva il Corriere del Ticino nell’edizione del 15 aprile scorso , “ha portato allo scoperto quello che diverse attiviste iraniane giudicano come le contraddizioni delle femministe occidentali sulla condizione delle donne musulmane”.

Nello stesso articolo si leggeva che Masih Alinejad, ha criticato la decisione del primo ministro neozelandese Jacinda Ardern di indossare il velo in segno di rispetto verso le donne islamiche dopo l’attacco a due moschee a Christchurch, chiedendo a lei e alle altre donne che si erano coperte il capo come lei di “mostrare solidarietà anche per noi, che siamo picchiate, imprigionate e punite perché combattiamo contro il velo obbligatorio”.

ma le femministe occidentali si battono a favore del velo ( e dell’islamizzazione)

Ma invece di manifestare a favore di queste povere donne , gran parte delle nostre femministe – specialmente quelle di area rossoverde - si batte per garantire dalle nostre parti alle donne musulmane la (presunta) “libertà” di indossare questi veli, che in realtà sono delle bandiere jihadiste utilizzate dagli integralisti a scopo politico per accrescere la visibilità dell’islam nello spazio pubblico e favorire la conquista culturale della nostra società.

In proposito ho chiesto un parere all’italo-egiziano Magdi Cristiano Allam, ex-musulmano e grande esperto di islam, e lui mi ha risposto : “Non è affatto vero che le donne musulmane siano libere di indossare o di non indossare il velo. Coloro che non lo indossano non ottemperano a ciò che Allah prescrive nel Corano. Quando gli islamici vogliono occupare un territorio e sottomettere la popolazione all’islam, la prima cosa che fanno è imporre alle donne di indossare il velo. Di fatto il velo è il simbolo più manifesto della sottomissione all’islam e della presenza di una strategia di islamizzazione. Pertanto difendere il velo islamico e legittimarne l’uso significa favorire l’islamizzazione e in prospettiva la propria sottomissione all’islam”.

E invece le nostre femministe, che di islam e di strategie di islamizzazione non capiscono niente, si ostinano a vedere nel velo islamico un semplice e innocente pezzo di stoffa, paragonabile a quello che portavano le nostre nonne ( ma non per ingiunzione divina e non certo a scopo di conquista) o che portano tuttora le suore.

Ecco due esempi che dimostrano l’ingenuità delle nostre femministe, le quali sono inconsapevolmente diventate le migliori alleate degli scaltri , maschilisti e sessisti imam .

Nel 2015 un gruppo di vallesani e vallesane dell’area progressista si era schierato contro l’iniziativa popolare lanciata dalla locale sezione dell’UDC allo scopo di proibire i copricapi di qualsiasi genere nelle scuole dell’obbligo (iniziativa poi dichiarata irricevibile dal Tribunale federale perché ritenuta lesiva della libertà di religione, benché un analogo divieto entrato in vigore in Francia nel 2004 contro l’ostentazione di simboli e abbigliamenti religiosi nelle scuole , come ad esempio il velo islamico, sia stato ritenuto legittimo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ; senza dimenticare che nel maggio scorso il Parlamento austriaco aveva approvato una legge che vieta di indossare indumenti religiosi che coprano la testa all’interno di tutte le scuole elementari ).

In Ticino furono soprattutto le femministe di sinistra a opporsi all’iniziativa antiburqa lanciata dal sottoscritto nel 2011 e c’è da scommettere che le donne socialiste svizzere saranno in prima fila a combattere l’analoga iniziativa federale che verrà posta in votazione popolare fra alcuni mesi.

Spesso mi chiedo come facciano queste pur intelligenti donne a non capire che, favorendo direttamente o indirettamente la diffusione dell’islam e dei suoi simboli, esse si tirano la zappa sui piedi, perché arrischiano di perdere, e di far perdere alle future generazioni femminili, TUTTE quelle libertà che hanno faticosamente conquistato negli ultimi decenni e TUTTI quei diritti per i quali ora scioperano.

Minona e Vallette : due donne coraggiose che si battono contro l’islam misogino

La risposta a questo mio interrogativo l’ha data Minona , l’animatrice canadese del blog “Brisons le mythe”, e si può riassumere in quattro parole : “IGNORANZA DEI TESTI SACRI” .

In una lettera aperta scritta nel 2014 e rivolta ai musulmani moderati questa signora che si definisce “femminista di sinistra e piuttosto idealista” racconta di aver creduto a lungo che l’islam fosse una religione di pace e amore, perché era troppo pigra per verificare se aveva ragione. Ma dopo aver letto e riletto i testi fondatori di questa religione le sue convinzioni “sono crollate come un castello di carte” e ora ritiene che l’islam sia in realtà un’”ideologia violenta, misogina, segregazionista e totalitaria”.

Secondo Minona è dunque l’ignoranza dei testi dell’islam a conferire credibilità a chi sostiene che non c’è violenza in questa religione. “Non è facile ammettere di essersi sbagliati : il risveglio – ha concluso dimostrando la sua onesta intellettuale - è brutale ma salutare ; vi sono dei militanti di sinistra, delle femministe, dei multiculturalisti e anche dei musulmani che ammettono di aver preso un abbaglio credendo alle belle favole che gli erano state raccontate. Quando si pensa con la propria testa, non si può più mentire a se stessi”.

Il testo integrale di questa lettera è pubblicato nel libro “Le radicalisme dans les mosquées suisses” della giornalista ginevrina Mireille Vallette. Anche lei una volta era una militante di sinistra e prima di scrivere per la Tribune de Genève lavorava nella redazione di un piccolo settimanale di estrema sinistra. Poi cominciò a interessarsi di islam dopo la rivoluzione iraniana del 1979, quando al potere si installò una teocrazia feroce verso i suoi oppositori e le donne.

E più Vallette approfondiva le sue conoscenze sull’islam, più cominciò ad allontanarsi dagli ambienti di sinistra “a causa della loro compiacenza verso le rivendicazioni retrograde di questa religione, particolarmente discriminatoria verso le donne”. Fino a quando pochi anni fa restituì la tessera al Partito socialista e fondò l’”Association Suisse Vigilance Islam” (ASVI), un’associazione da lei attualmente presieduta e che fra i suoi scopi ha principalmente quello di “proteggere la Svizzera dall’islamizzazione” .


Le disuguaglianze giuridiche fra i sessi nell’Islam sono numerose

Va detto che nell’islam non v’è disuguaglianza

fra uomo e donna nei confronti di Allah : il più devoto è considerato il migliore , indipendentemente dal sesso. Così, ad esempio, le pene stabilite nel Corano per punire gli autori di certi “vizi” (come il furto o l’adulterio o la fornicazione) sono le stesse per tutti (5:42-38 /24:2/24:3) , e per i più devoti vi è un premio promesso da Allah (33:35) .

Il problema della disuguaglianza fra i sessi si pone invece nella vita quotidiana, dove le differenze giuridiche sono numerosissime . Ecco alcuni esempi tratti da un articolo dell’islamologo Samir Khalil Samir pubblicato il 2 marzo 2010 sul sito AsiaNews.it :

la testimonianza della donna in tribunale vale la metà di quella di un uomo ;

 

la femmina (figlia, sorella, ecc.) eredità metà del maschio (figlio, fratello, ecc.). Ma nella scuola sciita giafarita, che rappresenta circa 13% dei musulmani, non si fa differenza tra maschio e femmina;

 

la donna non ha il diritto di viaggiare senza permesso del marito, o del padre, o del fratello, o del figlio, insomma di un maschio!

 

l’uomo non ha bisogno del permesso di una donna, fosse anche sua moglie, per viaggiare; alcune scuole giuridiche vietano alla moglie di uscire di casa senza il permesso espresso del marito (anche in Occidente), mentre la reciprocità in merito non è sostenuta da nessuna scuola;

 

il maschio può sposare fino a quattro mogli simultaneamente, se ha la possibilità di mantenerle, mentre la femmina non può sposare più di un uomo;

 

l’uomo può acquistare tutte le concubine che desidera, secondo il Corano, mentre la donna non può acquistare concubini;

 

il marito può ripudiare la moglie, senza neppure un processo in tribunale, mentre la moglie può solo chiedere al marito il favore di essere ripudiata;

 

il musulmano può sposare una cristiana o un’ebrea, anche se rimane tale e non si converte all’islam, mentre la musulmana non può sposare un cristiano o un ebreo che rimane tale, se non si converte all’islam;

i figli appartengono al padre; la madre può solo occuparsene fino all’età di 7 anni;

 

i figli assumono obbligatoriamente la religione del padre, non della madre, anche se lo volessero.

Da notare – ha commentato Samir Khalil Samir nel suo articolo - che questi punti non derivano da una cultura tradizionale o liberale, sono tutti punti giuridici, considerati musulmani e derivano dal Corano o dalla Sunna , ammessi dalla maggioranza dei musulmani. La tradizione maschilista viene ad aggiungere usanze che limitano di più lo spazio della donna e aumentano la disuguaglianza tra i sessi, come per esempio il terribile “crimine d’onore” largamente diffuso nelle società musulmane.


L’”impurità fisiologica” della donna e le strette di mano fra i due sessi


Un aspetto giuridico importante - scrive ancora Samir Khalil Samir - è la questione dell’impurità fisiologica della donna dovuta alle mestruazioni o al parto. Quando la donna ha le mestruazioni è ritualmente impura. Non può fare le cinque preghiere quotidiane, perché la sua preghiera non è valida. Non può toccare un Corano. Non può praticare il digiuno di Ramadan e deve ricuperare i giorni impuri dopo il Ramadan. Per questo motivo un uomo non può toccare una donna a rischio di diventare impuro se lei fosse in stato impuro; può darle la mano solo se ha un guanto o qualcosa di simile per evitare il contatto diretto che trasmette l’impurità.

Questa concezione dell’impurità della donna appartiene alla cultura semitica e si ritrova nel giudaismo come nel cristianesimo antico e in altre religioni e culture. La caratteristica dell’islam è di aver legalizzato questa dimensione culturale ancor oggi (in questo l’islam è vicino al giudaismo ortodosso). Le conseguenze psicologiche e sociologiche per le donne sono gravi”.
 

Ecco dunque spiegato perché i musulmani più integralisti si rifiutano di dare la mano a una donna . Ma vi è anche chi dà un’altra spiegazione, motivata dal fatto che nell’islam è proibito avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio (per questo reato di “fornicazione” il Corano – 24 : 3 - prevede una pena di cento frustate ) . A seguito di questo divieto nell’islam si fa di tutto per evitare qualsiasi tentazione, ad esempio coprendo le donne (ma non gli uomini…) con veli, niqab e burkini , ed evitando qualsiasi contatto fra i due sessi nei luoghi di preghiera, nelle piscine, ai corsi di nuoto scolastici e così via. Anche la semplice stretta di mano, secondo i più integralisti, può dunque contribuire ad accendere la pericolosa scintilla di insani desideri sessuali.

Ricordate le polemiche sorte in Svizzera quando nel 2016 due allievi di una scuola basilese rifiutarono di stringere la mano alla loro maestra per motivi religiosi? Ma vi sono altri casi meno noti al pubblico ticinese. Uno di questi è riportato nel già citato libro di Mireille Vallette ( a pagina 123) , dove si ricorda che nel 2016 la stampa riferì che il portavoce della moschea di Losanna si rifiutava di dare la mano alle donne, giustificando questo suo rifiuto come “un segno di rispetto verso le donne” (!) . Ma siccome questo “gentleman” sedeva in Consiglio comunale nelle file dei Verdi, in questa sua veste – fuori dalla moschea - non si rifiutava (né poteva rifiutarsi) di stringere le mani alle autorità e alle colleghe di sesso opposto. Con la sua abituale ironia Mireille Vallette ne ha concluso che questo devoto musulmano, quando si trasforma in “Verde femminista e progressista”, non esita a mancare di rispetto alle donne dando loro la mano…

Secondo il Corano la moglie è proprietà sessuale dell’uomo, che può anche batterla…

Le disuguaglianze fra uomo e donna hanno un fondamento in alcuni versetti del Corano e in molti “detti” (ossia gli “hadits”) attribuiti a Maometto . Troverete un elenco non esaustivo ma molto significativo di questi “hadits” sessisti cliccando sul seguente link :

http://brisonslemythe.canalblog.com/archives/2012/11/15/31315921.html

Ecco invece un paio di versetti del Corano che dovrebbero far riflettere le nostre femministe .

Il primo versetto (2 : 223) stabilisce che la moglie è proprietà sessuale dell’uomo, il quale ha diritto a possederla come e quando vuole . Il secondo versetto ( 4 : 34) riconosce invece l’autorità dell’uomo sulla donna ed elenca i tre passi che l’uomo deve compiere per riportare all’obbedienza la donna quando ha motivo di temere la sua insubordinazione : dovrà sgridarla, o privarla di rapporti sessuali ( tanto l’uomo dispone di altre spose, più le schiave ) o anche picchiarla (!).

Si può anche capire che 1400 anni fa queste disuguaglianze fra uomo e donna fossero considerate normali. Ma non si può capire che i musulmani si rifiutino di adattare ai tempi e alla cultura di oggi i testi sacri rivelati da Allah nel deserto arabico all’inizio del settimo secolo. E soprattutto non si può tollerare che cerchino di introdurre queste retrograde regole nella nostra società occidentale.


Appello del Guastafeste alle donne svizzere di buona volontà


V’è da augurarsi che le donne svizzere, dopo aver scioperato a difesa dei loro diritti e contro le discriminazioni di cui sono oggetto, comincino finalmente ad approfondire le loro conoscenze in materia di islam e poi, nel loro stesso interesse e in quello di molte donne musulmane giunte in Europa per liberarsi dalla schiavitù dell’islam ( e non per cadere dalla padella alla brace…) e desiderose di integrarsi nella società occidentale, si decidano a battersi contro la strisciante l’islamizzazione della Svizzera, e facciano sentire la loro voce a favore di una vera riforma dell’islam e a favore delle donne discriminate e imprigionate nei Paesi islamici.


Giorgio Ghiringhelli
 





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