Sport, 25 ottobre 2021

“Mio padre Sandor un esempio. Ma non vivo nella sua ombra”

Mercedesz Kantor è da tre anni uno dei punti di riferimento del VF Lugano

LUGANO - Mercedesz Kantor, classe 1998 (è nata l’8 settembre a Modena), 182 cm è la schiacciatrice del Volley Femminile Lugano. Considerate le sue notevoli qualità tecniche ha tutto per sfondare. Già all’età di 4 anni si divertiva a gettare la palla contro il muro cercando di imitare suo papà Sandor,
fuoriclasse dalla bacheca strapiena (visti i titoli vinti in Ungheria, Germania, Italia, Giappone ed anche nel Qatar). Da molto tempo la sua famiglia risiede nel Belpaese dove in particolare papà Sandor, dopo aver attaccato le scarpette al chiodo chiudendoappuntolasua brillantee prestigiosa carriera di giocatore (oltre una decina di titoli assoluti e giovanili, premiato anche nell’All Star Team come miglior schiacciatore nel 2000 in Italia), è passato ad allenare varie squadre di grido, raccogliendo anche in questo senso parecchi titoli e riconoscimenti . Mercedesz è stata affascinata dalla classe del padre e si è subito innamorata della pallavolo. Dice: “Si tratta di uno sport che mi regala delle emozioni veramente speciali, uniche. Uno sport in cui lo spirito di gruppo è tutto, dentro e fuori dal campo”.


Si dice sempre che il padre o la madre – i suoi sono entrambi di origine ungherese - spesso e volentieri influiscono sulle decisioni dei figli. Sua madre è stata campionessa di pallamano e papà Sandor quando svettava sotto rete era davvero uno spettacolo nello spettacolo. È stato lui che l’ha ispirata?
Certo, questo sport mi ha subito affascinata e lui, in pratica, è stato il mio primo vero allenatore, insegnandomi i primi rudimenti e facendomi capire anche quale era il giusto atteggiamento da tenere in campo, ossia tanta determinazione e positività. Ho cercato di recepire tutti i suoi messaggi e di tradurli poi sul campo nel miglior modo possibile. Gli devo molto, come a mia madre Kristina per come ha saputo appoggiarmi. Quando a 12 anni ho cominciato veramente a giocare a livello competitivo, ho potuto subito trarne grande beneficio delle lezioni ricevute.


Suo fratello Kevin ha invece optato per il calcio.
Il suo amore per questo sport è stato come la pallavolo per me. Sin da piccolo a scuola praticava tante discipline, ma si è visto che il calcio era fatto per lui e con il passare del tempo è pure diventato un giocatore importante. Nostro padre - che ha avuto anche dei trascorsi calcistici non ha mai cercato di fargli cambiare idea.


Suo padre era un autentico fuoriclasse. In qualche modo non glielo ha mai fatto pesare?
No, nel modo più assoluto. Del resto, io non vivo nell’ombra di mio padre: Certo mi faccio dare ancora oggi dei consigli, spesso ci sentiamo, ma lui non interferisce nella mia attività. Voglio essere quella che sono senza far sentire il peso del nome della famiglia che porto. È vero che ho potuto girare il mondo vedendo ed ammirando papà ma ho capito che per diventare una protagonista dovevo crescere da sola. Vederlo giocare era fantastico, come ho detto ho preso questa strada perché ho deciso di mia spontanea volontà.


In Italia lei è fatta conoscere nelle giovanili, poi ha giocato ad Adria e a Roma. Infine tre anni fa ecco spuntare il Lugano, la Svizzera. Sul tavolo aveva comunque altre proposte. Come mai ha scelto di arrivare sulle rive del Ceresio?
Lugano era la seconda scelta, alla fine ho optato per il Ticino perché convinta che un giorno proprio in questa città avrei trovato gli elementi giusti per progredire. E poi ho anche conosciuto l’amore. Nella mia vita è entrato a far parte il giocatore dei Lugano Tigers Stevanovic.


Nel volley lei si è sempre divertita. Tanto allenamento ma sempre in modo spensierato. Con qualche variazione sul tema.
Le spiego: alla mattina correvo con il mio cane, un bracco ungherese, al pomeriggio
poi mio padre mi faceva sudare sul campo. A volte ci “beccavamo” ma subito tornava la pace perché sapevo che lui lo faceva per il mio bene.


Il ricordo più bello che conserva è legato a suo padre.
Esatto: quando ho vinto il titolo italiano con il Volley Roma che era guidato proprio da lui. È stato il momento più esaltante ed il suo abbraccio alla fine della partita è stato semplicemente meraviglioso. Vincere il tricolore a Modena, località dove lui ha lasciato ricordi indelebili – ottenendo titoli e riconoscimenti personali -, è stato ancora più bello. Papà non mi favoriva mai, se meritavo di giocare mi gettava in campo, ma alzava anche la voce se le cose non andavano bene. Non faceva sconti a nessuno, quindi nemmeno a me.


Torniamo a Lugano, una piccola realtà, specie se confrontata con Roma.
A prescindere dagli affetti che ho trovato, mi sono subito innamorata di questa città, l’ho trovata ideale. La squadra ed i dirigenti poi mi hanno sempre sostenuta. Ora è come se fosse casa mia.


Tanto che lei oltre che ad essere una giocatrice professionista, allena pure a 23 anni.
È sempre stato il mio sogno guidare i giovani, la società ha creduto nelle mie possibilità e quindi mi ha affidato le Under 11. È un’attività estenuante ma che mi appassiona molto.


E in campionato? La prima squadra sembra in ripresa.
È un team che ha bisogno di crescere e di fare esperienza. In passato ci sono state delle delusioni ma ora con l’allenatore italiano Alberto Salomoni ci troviamo bene e sono dunque convinta che potremo crescere e toglierci delle soddisfazioni in futuro.


Obiettivi con il suo Lugano?
Dopo un inizio difficile ora desidero risalire la china, la nostra squadra vuole progredire, crescere per inserirsi tra le migliori. Lentamente stiamo lavorando ed io cerco di dare il mio contributo. Sono diventata capitana ed anche Top Scorer del Lugano, ma ciò che importa è che la squadra funzioni sempre meglio.


Parliamo di futuro...
Capisco dove vuole arrivare: a Lugano ho voglia di continuare, se i dirigenti ed il presidente Paolo Bernasconi sono contenti di me allora io sarà felicissima di restare. Lugano - e lo dirò più volte - è una citta a misura d’uomo, lo ha capito anche mio padre che sente tutto il mio entusiasmo.


Mi tolga una curiosità, nella sua bacheca risultano due titoli italiani a Roma ma perché il nome “Cà de pazzi”?
Perché noi eravamo innamorate in modo folle della pallavolo, era un modo per far capire a tutti la nostra scelta di vita sportiva, per darci la carica in modo sfrenato.


Non è consueto trovare un professionista che, a soli 23 anni e quindi con tutta una carriera davanti a sè, fa una scelta di vita e non per altre ragioni magari anche economiche.
Mi sono lasciata guidare dall’istinto, ho capito che Lugano poteva essere il punto per decollare in tutti i sensi, per vivere un’esperienza di vita e sportiva davvero uniche. Poi, come detto, è arrivato anche l’amore ed il quadro si è completato in modo meraviglioso.


Il presidente Paolo Bernasconi spende sempre parole di elogio nei suoi confronti.
Lui è un dirigente molto appassionato e fa tanti sacrifici per portare avanti il progetto della pallavolo femminile ceresiana. Grazie anche all’apporto di tutti i suoi collaboratori lo sport della pallavolo, anche e soprattutto a livello giovanile, gira benissimo. Speriamo che vada avanti così, sono fiduciosa.

GIANNI MARCHETTI

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