Svizzera, 31 agosto 2021

Estensione del certificato covid, reazioni contrastanti da parte dei cantoni

La possibilità di estendere l'utilizzo del certificato covid ad altri ambiti oltre a quelli attuali ha generato poco entusiasmo tra i cantoni, con l'eccezione a dir poco estrema dei Grigioni, che lo propongono addirittura per accedere a scuole e mezzi pubblici.

Un giro d'orizzonte tra i media ticinesi, romandi e svizzerotedeschi rivela che i cantoni sono generalmente scettici, se non del tutto contrari, ad estendere l'utilizzo del certificato covid e anche quelli che si dicono favorevoli chiedono misure di compensazione, economiche o con la rimozione di altre misure di contenimento anti-covid. A cominciare dal governo ticinese che, per bocca del presidente Manuele Bertoli, si dice sostanzialmente favorevole "se comprovato dai dati" e se sono approvate misure economiche a favore dei settori interessati dal provvedimento. Gioca invece alla provocazione il governo grigionese, probabilmente con l'intento discutibile di terrorizzare la popolazione e spingerla a vaccinarsi, che non solo si dice favorevole alla proposta della Confederazione ma propone, come si legge sul sito ticinonews, di estenderlo addirittura ai mezzi pubblici, il mondo del lavoro e anche per i negozi”. In "compenso", se così si può dire, se venisse adottata la proposta di Coira, l'obbligo di indossare la mascherina nei negozi potrebbe essere tolto.

Molto più misurata invece la reazione proveniente dai cantoni romandi, a cominciare dal canton Vaud secondo cui il certificato potrebbe essere esteso "ma la sua approvazione è soggetta a diverse condizioni", si nella sua risposta inviata a Berna lunedì e riportata da lematin.ch. "Si deve stabilire una capacità massima per le cure intensive e l'estensione del certificato dovrebbe scattare solo quando viene raggiunta o superata". Inoltre, questa estensione non dovrebbe avvenire ovunque allo stesso tempo, ma per settori e in un ordine predefinito. I ristoranti sarebbero gli ultimi della lista. "Questa dovrebbe essere l'ultima ratio, poiché le condizioni di contaminazione non sono paragonabili a luoghi come bar o discoteche", scrive il Consiglio di Stato vodese.

Neuchâtel è "generalmente favorevole", ma solo "per un periodo limitato, per esempio fino alla fine di marzo 2022 al massimo, e qualsiasi estensione dovrebbe essere oggetto di una nuova decisione", ha risposto il cantone.

Il canton Friborgo sembra essere più favorevole. "L'estensione del requisito del certificato sembra inevitabile. L'alternativa sarebbe la chiusura dei locali e il divieto delle attività, che costituirebbe una violazione delle libertà molto più forte dell'obbligo di un certificato", dice il Consiglio di Stato friborghese nella sua risposta.

Anche il Vallese è favorevole, ma precisa che "i criteri di attivazione dovrebbero essere fissati in modo preciso affinché i cantoni possano prevedere in anticipo la sua adozione". Come a Neuchâtel, il Consiglio di Stato ritiene che le misure dovrebbero essere applicate uniformemente in tutta la Svizzera, "per evitare divergenze sterili e controproducenti".

D'altra parte, la misura deve essere accompagnata da allentamenti dopo l'entrata nello stabilimento in cui viene richiesto il certifcato. Friborgo vuole "allentare i vincoli attuali, o addirittura abolirli (obbligo di mascherina, distanze, registrazione dei dati personali)".

Sarebbe anche necessario allentare il controllo della popolazione, anche nei locali notturni. "Se il certificato Covid viene imposto e generalizzato, il tracciamento sistematico non ha più senso in questi stabilimenti", aggiunge il governo friborghese.

Il canton Ginevra da parte sua ha risposto che è favorevole, "ma si riserva di comunicare i dettagli" al Consiglio federale.

Nella Svizzera tedesca, le posizioni dei governi cantonali sono ancora più contrastanti.Zurigo sostiene ampiamente la proposta del Consiglio federale. La situazione di tensione negli ospedali giustifica un'estensione dell'obbligo di certificato, scrive il governo zurighese - "soprattutto perché tale estensione è
chiaramente preferibile a ulteriori misure come le chiusure".

Anche i cantoni di San Gallo, Turgovia e i due Appenzelli sono favorevoli all'estensione dell'obbligo di certificato se il numero di ricoveri continua ad aumentare.

Basilea-Città, invece, è a favore di una rapida estensione dell'obbligo: "Le misure devono essere prese prima che le capacità ospedaliere siano esaurite. Come è noto, le misure hanno effetto solo dopo un certo ritardo", dice il governo cantonale. Anche Argovia non vuole più aspettare. Lucerna e Svitto, invece, sottolineano che il requisito del certificato dovrebbe essere introdotto solo se "è veramente necessario". Al momento, questo non è ancora il caso secondo il governo lucernese.

Anche i governi di Nidvaldo e Obvaldo la vedono in questo modo – i due semicantoni ritengono che l'inasprimento dovrebbe essere deciso solo quando c'è già un "sovraccarico dimostrabile" del sistema sanitario. Se l'obbligo dovesse entrare in vigore, i ristoranti sarebbero minacciati da ulteriori perdite di fatturato, sottolinea Nidvaldo. Questi dovrebbero essere compensati dal governo federale". Zugo, pur dicendosi favorevole, chiede anche che il governo federale copra di nuovo i costi dei test se l'obbligo di ottenere un certificato viene esteso.

Contrario invece il cantone di Basilea campagna secondo cui le misure proposte vanno troppo lontano, anche con la minaccia di sovraccaricare il sistema sanitario. "Sarebbe molto problematico se, per esempio, un proprietario di un ristorante dovesse respingere gli ospiti abituali, il gestore di un centro fitness dovesse negare agli abbonati di lunga data l'accesso all'allenamento o un club musicale dovesse escludere alcuni dei suoi membri dalle prove comuni", scrive il governo nel suo comunicato. L'estensione dell'obbligo dovrebbe "avvenire solo quando, a causa di molti contatti di persone potenzialmente non vaccinate, ci si può aspettare un effetto frenante significativo sull'incidenza delle infezioni". Dal punto di vista di Basilea Campagna, questo provvedimento non dovrebbe comunque includere i ristoranti o le palestre perchè non è dimostrato che in questi luoghi avvengono contagi in modo tale da giustificare la misura.

Sciaffusa propone di dare ai ristoranti la scelta se vogliono introdurre la certificazione obbligatoria e quindi essere in grado di avere posti a sedere più stretti, o se vogliono continuare ad operare sotto il regime attuale.

Turgovia vede l'estensione della certificazione obbligatoria come una "opportunità": "Con questa procedura, il rischio di infezione può essere limitato in modo mirato e in condizioni ragionevoli, in modo che una nuova chiusura possa essere evitata in ogni circostanza."

Secondo il governo turgoviese, nessun certificato obbligatorio dovrebbe invece essere applicato alle manifestazioni religiose e ai raduni politici. A questo proposito, il Giura propone come compromesso che l'obbligo di certificato per le celebrazioni religiose si applichi solo a partire da 50 persone. Il governo giurassiano vorrebbe anche che le regole fossero allentate per le istituzioni culturali, in modo che l'obbligo di ottenere un certificato si applichi solo se il numero di partecipanti sia superiore alle 30 persone.

Alcuni cantoni criticano anche l'obbligo proposto di raccogliere i dati di contatto nelle discoteche e nei locali notturni. Friburgo e Turgovia lo rifiutano. Altri cantoni, come il Giura, invece, sottolineano che questo sarebbe molto utile per alleggerire la ricerca di contatti.

Le opinioni differiscono anche sulla possibilità che i datori di lavoro possano richiedere il certificato ai dipendenti. Mentre Appenzello Esterno e San Gallo accolgono questa misura volontaria per i datori di lavoro, Neuchâtel e Turgovia la rifiutano con alcune eccezioni. Il Vallese dice che a suo parere questo è già possibile oggi.

Alcuni cantoni propongono anche misure supplementari. Friborgo, per esempio, esige che il certificato debba essere usato anche nelle università se la situazione lo richiede.

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