Svizzera, 08 ottobre 2020

La CEDU condanna la Svizzera, giornalista non dovrà rivelare l'identità di uno spacciatore di droga

La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato la Svizzera per violazione della libertà di espressione in un caso di stampa. Una giornalista si era rifiutata di rivelare le sue fonti dopo un articolo su un trafficante di droga.

I giudici di Strasburgo hanno constatato che la Svizzera ha violato l'articolo 10 della CEDU riguardante la libertà di espressione. Il ricorrente è un giornalista condannato per aver rifiutato di testimoniare in un'indagine penale. Le autorità le avevano chiesto di rivelare le sue fonti a seguito di un articolo su uno spacciatore di droghe leggere pubblicato nel 2012 sul "Basler Zeitung".

Il Tribunale federale aveva stabilito che la giornalista non poteva invocare il diritto di rifiutare di testimoniare perché il traffico di droghe leggere era un reato e aveva concluso che l'interesse pubblico a perseguire un tale reato è superiore
all'interesse pubblico a proteggere una fonte giornalistica.

Per Strasburgo, l'obbligo per un giornalista di rivelare l'identità della sua fonte è conforme all'articolo 10 solo se vi è un interesse pubblico prevalente a farlo. È in gioco l'importanza della protezione delle fonti per la libertà di stampa in una società democratica.

Nel caso specifico, non è sufficiente che il reato sia classificato in una categoria o in un'altra per giustificare la condanna della giornalista ma occorre invece verificare se è necessario nel caso concreto.

Il Tribunale federale ha fatto riferimento alla ponderazione degli interessi effettuata in generale e in astratto dal legislatore. La sua sentenza non consente quindi di concludere che l'obbligo imposto alla ricorrente nella presente causa risponda ad un interesse pubblico prevalente.

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