di Lorenzo Quadri
Se ne è andato in punta di piedi, dopo quasi un anno di malattia (non si muore solo per il virus…) il “Conte Zio” Attilio Bignasca. La lunga militanza politica (quasi trent’anni) ed i numerosi ruoli istituzionali ricoperti in questi decenni (deputato, capogruppo e presidente del Gran Consiglio, consigliere nazionale, consigliere comunale e capogruppo a Lugano, municipale ad Agno) nei giorni scorsi sono stati rievocati in lungo ed in largo. Il “Conte Zio” - uomo del fare e della concretezza, che non amava le celebrazioni - ne sarebbe probabilmente infastidito.
Parlava poco, il “Conte Zio”, ma quando lo faceva tutti ascoltavano. L a sua autorevolezza era innata e la sua memoria di ferro: ricordava tutto e incredibilmente, malgrado nel suo ufficio in via Monte Boglia (con orrore dell’ordinatissimo fratello Nano) regnasse, almeno all’apparenza, il caos, tra i mucchi di carte sparse recuperava subito e senza difficoltà il documento di cui aveva bisogno.
“Conte Zio” non era peraltro l’unico soprannome che gli era stato affibbiato. Di tanto in tanto, il Nano lo chiamava anche “pompiere”: capitava infatti che il “Conte Zio” fosse chiamato a gettare acqua sul fuoco appiccato dal Nano con qualcuna delle sue geniali provocazioni domenicali. Il suo impegno nel trovare accordi - sempre orientati ai risultati concreti - con le altre forze politiche gli aveva fruttato pure il soprannome di “Richelieu”, anch’esso creato dal Nano.
È noto che il “Conte Zio”, dopo l’improvvisa scomparsa del Nano nel 2013, dovette prendere le redini della Lega. Il ruolo di coordinatore, con l’accresciuta presenza mediatica che esso comporta, permise ad Attilio di mostrare anche il proprio lato istrionico; evidentemente, si divertiva. Ed arrivò