Ticino, 30 marzo 2020

“Ho lavorato tutta una vita e il coronavirus me l’ha distrutta”

Ho lavorato tutta una vita, quasi 40 anni. Duro, senza soste e con la collaborazione preziosa di mia moglie. Dopo un inizio difficile, mi sono costruito una piccola azienda che produce camole della cera per la pesca e per la zootecnica. Ma il coronavirus rischia di distruggere tutto quanto ho creato con i sacrifici”.

Renato fatica a trattenere l’emozione quando parla al telefono: il suo stato d’animo è facilmente comprensibile: è quello di una persona al quale è stato sottratto la principale fonte di sussistenza ma anche, e soprattutto, un lavoro che ama. “Sono momenti difficili – dice l’imprenditore di Ligornetto – Quello che stiamo vivendo è un incubo! Ogni giorno ci sono contagi, persone internate e purtroppo anche dei decessi. Il nostro bel Ticino è diventato una landa desolata. Essere ottimisti e sperare che tutto ciò finisca è l’unica cosa che possiamo fare oltre al fatto che dobbiamo rispettare le regole”.

Dopo lo smarrimento iniziale, Renato ha capito che “prima viene la salute e poi tutto il resto”. Anche se il conto presentato dal virus è stato salatissimo. “Rischio di chiudere bottega e ciò mi provoca tensione e nervosismo, anche perché ho sette operai e padri di famiglia che lavorano per me… Intanto tutte le comande che avevo ricevuto sono state sospese ma non solo: quando mi verranno pagate le fatture inviate a coloro ai quali abbiamo fornito le nostre prestazioni? Non azzardo previsioni ma la vedo dura…”.
L’imprenditore
è nato a Losanna ma è trapiantato a Ligornetto da 40 anni. Ha sposato una ticinese e non si è più spostato dal nostro cantone.

Sono l’unico in Svizzera a produrre camole della cera. La nostra è una piccola ditta conosciuta a livello europeo, tanto che lavoriamo anche con l’Italia, la Francia e il Belgio. Il nostro è un lavoro che punta sulla qualità e sul finire dello scorso anno abbiamo investito per acquistare nuovi macchinari tecnologi. Il tutto per far fronte alla concorrenza sleale di chi lavora in nero e viene a fare affari dalla vicina Italia. Eravamo pronti ad una nuova fase produttiva e purtroppo è arrivato il coronavirus che ci ha bloccato le nostre esportazioni verso Italia, Francia e Belgio appunto”.
Il nostro interlocutore è anche preoccupato per la sua salute: “Ho superato i 70 anni e quindi sono confrontato anche con il timore del contagio. Lo stesso dicasi per mia moglie. Vi lascio immaginare il mio stato d’animo”.

E intanto guarda con grande apprensione al futuro. “Mi chiedo cosa farò quanto tutto finirà. La produzione è cessata e con le difficoltà di cui parlavo prima, probabilmente sarò costretto a chiudere definitivamente. Tante ditte saranno obbligate a farlo. Come si potrà riprendere senza avere le necessarie condizioni? Ho sentito gente disperata, che sta peggio di me e teme per ciò che potrebbe accadere… Mi auguro che lo Stato possa darci una mano”.

MDD

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