Sport, 13 novembre 2023

Australia, il podio della pace. Per Senna l’ultima vittoria

30 anni fa il brasiliano sconfisse Alain Prost ad Adelaide. Poi la riconciliazione...

LUGANO - Il 7 novembre di 30 anni fa il compianto e indimenticabile campione brasiliano Ayrton Senna vinceva la sua ultima corsa del Mondiale di formula 1, campionato nel quale è stato protagonista per un decennio e iridato in tre occasioni (1988, 1990 e 1991). Quel trionfo fu anche la fine di un epoca fra le più belle e disputate del motor sport; quel trionfo fu il capolinea di una rivalità accerrima, dura e polemica fra Ayrton e il suo piu grande rivale, il francese Alain Prost. Qualche mese dopo, 7 per la precisione, il campione nato a Sao Paulo sarebbe morto in un tragico incidente ad Imola. Era il primo maggio del 1994, a San Marino si corre la terza prova del Mondiale: il clima è pesante e colmo di tristezza. Nelle prove libere del venerdì Rubens Barrichello ha cozzato alla variante bassa uscendo quasi miracolosamente illeso dall’incidente ma il sabato la stessa fortuna non assiste Roland Ratzenberger che finisce fuori alla curva Villeneuve e muore sul colpo. Ayrton Senna è profondamente segnato dalla morte del giovane pilota e dopo le prove chiede agli organizzatori di annullare il GP. Ma la FIA decide che il Gran Premio si farà.


È domenica e sul tracciato c’è tanta gente. Già all’inizio si capisce che sarà una brutta giornata: alla partenza si verifica una collisione fra JJ Lehto e Pedro Lamy. I rottami delle due monoposto feriscono alcuni spettatori, entra la safety car e la gara riprende solo al settimo giro, con Senna che scatta davanti al futuro idolo Michael Schumacher (che corre con la Benetton). Alle 14.17 in punto la Williams del brasiliano esce di pista ad altissima velocità al Tamburello e Ayrton viene colpito alla testa, subendo pure lo sfondamento della regione temporale destra che gli provoca gravissime lesioni. Morirà qualche ora dopo in ospedale. 


Ma torniamo in argomento, torniamo a qualche mese prima, al 7 novembre 1993: sul circuito di Adelaide si disputa il Gran Premio d’Australia. Alain Prost è da tempo campione del mondo con la imprendibile Williams, Ayrton Senna con una McLaren declinante gli rende comunque difficile la vita. Fra i due esiste una grandissima rivalità e da molto tempo, dal 1989, non si parlano più per via dei fatti del Gran Premio del Giappone di Suzuka. In seguito e ad ogni occasione, i due non si risparmiano feroci critiche. Il dualismo è dettato sostanzialmente dalla diversità dei due caratteri. Il tempo, però, è galantuomo e aggiusta tutto.


Si arriva dunque a quel 7 novembre del 1993: Prost, che ha dominato la stagione, ha già annunciato il suo ritiro dalle competizioni, a fronte di quattro titoli mondiali. Nei piani della Williams, il suo successore sarà proprio Senna, che si presenta in Australia deciso a vendere cara la pelle. Pur con una Mc Laren inferiore e un motore Ford che non rende come dovrebbe, riesce a far saltare il banco e costringe il francese al secondo posto. Il momento clou della giornata arriva però sul podio: infrangendo il protocollo, il pilota brasiliano invita il rivale a salire sul gradino più alto e gli prende la mano, alzandola al cielo. Un gesto spontaneo e riappacificatore, che Prost apprezza tantissimo, come dirà nelle interviste post gara. Nel giorno del suo ultimo trionfo, Senna conferma tutto il suo spessore umano.


Ayrton Senna non era un uomo perfetto né un eroesenza macchia come lo dipinsero tutti coloro che lo conoscevano o lo avevano ammirato sulle piste del Mondiale di formula 1. Era nato da una famiglia ricca di Sao Paulo e amava parlare di Dio: nella fase finale della sua straordinaria carriera spesso si riferiva all’Onnipotente, come se fosse un privilegiato o un predestinato (a questo proposito: a destra su questo tema si può leggere una frase celebre del pilota). Di certo fu citato a modello di perseveranza e dedizione. Talento puro e assoluto come pochi altri nel difficile e spesso polemico ambiente del Circus, ripeteva che “ la vittoria lo rendeva felice perché dava allegria al suo popolo”.Per i brasiliani era un mito, idolatrato più di Pelè, il miglior giocatore di calcio del secolo scorso; per i diseredati e i poveri, era un esempio da seguire; tutti avrebbero voluto essere come Ayrton: ricco, famoso, amato dalle donne ma soprattutto umano, lui che era pieno di difetti e pregi, di slanci teneri e di arrabbiature antipatiche, determinato, lottatore, concentratissimo sull’unico obiettivo che contava (parole sue): il successo.
Un trascinatore, un vero punto di riferimento. E non solo, appunto, per giovani piloti smaniosi di emularlo, ma per tutta la sua gente, che nei momenti di tristezza della vita, rivolgeva lo sguardo verso il pilota paulista e alle sue incredibili avventure in pista, sulla quale era il padrone assoluto.


Senna applicò la sua filosofia, coraggio e determinazione, in ogni momento della sua esistenza: dentro e fuori i circuiti e proprio per questo motivo la sua dimensione di idolo e campione supera ancora oggi i confini del Brasile, tanto che la sua prematura scomparsa (aveva solo 34 anni) è stata paragonata alle tragedie di grandi protagonisti della storia mondiale: John Kennedy, Martin Luther King e John Lennon.
Il cavaliere motorizzato Ayrton amava dire: “Siamo solo di passaggio, il meglio deve ancora venire…”. Eroe? No, romantico e campione indiscusso. I brasiliani, che non hanno mai smesso di adorarlo, direbbero: “Saudade, Ayrton!”. Che nostalgia, Ayrton.


M.A.

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