Svizzera, 19 gennaio 2022

Dieci anni dopo i fatti un ladro ultraviolento viene condannato

Dieci anni dopo i fatti, il brutale pestaggio di una donna durante un banale furto a Ginevra ha portato alla condanna di un colpevole. Uno zingaro rumeno di 46 anni, analfabeta, che per sua stessa ammissione aveva rubato rame e cavalli fin dall'infanzia, è stato condannato a sei anni e mezzo di prigione per furto aggravato. Cinque connazionali, suoi cugini in varia misura, presenti al momento dei fatti e condannati nel 2013 per altri reati, lo avevano tutti indicato come l'autore di questp episodio di violenza.

Il sospetto, arrestato alla frontiera ungherese nel 2020 e poi estradato in Svizzera, se non nasconde nulla della sua vita di rapine nega con insistenza di essere stato l'autore del pestaggio. Non avrebbe mai messo piede in Svizzera e nell'ottobre 2011 si trovava in Romania, insiste. Inoltre, sarebbe contrario lla violenza, a differenza dei suoi cugini. "Sono dei rapinatori, si chiamavano gli svizzeri, parlavano di donne anziane alle quali strappavano i gioielli e compravano auto e case con l'oro". Lo avrebbero accusato per vendetta: "Ero in conflitto con un cugino. Ho detto a un altro uomo che poteva prendere sua moglie e farla prostituire". Questo sarebbe successo intorno
al 2015, sostiene.

Per il suo avvocato, in assenza di qualsiasi prova materiale (nessuna immagine, DNA o impronte digitali, e la denunciante non ha identificato il suo aggressore), questo è "un classico caso di parola contro parola", dove la presunzione di innocenza è stata "violata per troppo tempo". Si dice che i cugini si siano accordati su una versione conveniente, che li scagiona da qualsiasi violenza. "Per i delinquenti professionisti riconoscere i fatti minori e negare quelli più gravi è una manovra intelligente". Motivo per cui ha chiesto l'assoluzione del cliente.

Il procuratore da parte sua ha chiesto 8 anni per rapina aggravata, sottolineando la "crudeltà inaudita" di un uomo che era guidato da "un bisogno sadico di violenza". Lei respinge la teoria della vendetta. La prova? I cugini si sono tutti autoincriminati, hanno dato gli stessi nomi e non hanno parlato spontaneamente. Soprattutto, le loro denunce sono avvenute anni prima del presunto episodio di "furto" e di prostituzione della moglie. Come lei, i giudici li hanno trovati "coerenti e costanti", e quindi credibili.

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